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Gianpaolo BARRA direttore de Il Timone Il Santo Padre ha una responsabilità altissima, unica. Preoccupazioni, fardelli, inquietudini, dispiaceri e problemi, talvolta angosciosi, non gli mancano di certo, albergano nel suo cuore, ne appesantiscono il battito, sono la sua “croce”. Al Papa tocca guidare la Chiesa e indicare, con polso sicuro e mano ferma, la strada che conduce alla vita eterna. Lo ascoltano (dovrebbero ascoltarlo…) e lo seguono (dovrebbero seguirlo…) oltre un miliardo di cattolici, che per salvarsi l’anima non decidono in proprio che cosa credere e che cosa fare, ma accolgono (dovrebbero accogliere…) docilmente le sue direttive. Anche da lui, dipende la loro salvezza. Fermiamoci un istante e chiediamoci: esiste al mondo una responsabilità più gravosa di questa? Quanto peserà questa incombenza nel cuore del Santo Padre, consapevole oltretutto che Dio, dopo avergli dato i mezzi (la “grazia di stato”), lo chiamerà a render conto? Non solo. Un dispiacere per il Papa, e non certo dei minori, nasce dalla constatazione dei tradimenti, della infedeltà, della disobbedienza di tanti figli della Chiesa, che disattendono i suoi insegnamenti. Persino in “alto loco”, certi cardinali e vescovi avversano – alcuni apertamente – la sua volontà. Gli esempi, qui, si sprecano, e per farsene un’idea basta visitare certi siti internet: si troveranno non solo notizie, ma anche immagini e filmati. Una ferita, questa, sempre presente – e sanguinante – nel cuore del Pontefice. Cuore assillato, indubbiamente, anche per la vita dei cattolici. Parlo, è chiaro, di quella “eterna”, primissima preoccupazione per ogni pastore d’anime, figurarsi per il Papa. E poi per la loro esistenza in questa “valle di lacrime” che è il mondo, con tanti cattolici perseguitati, oppressi, sofferenti, emarginati e martirizzati. Continuando: può, il Santo Padre, non dolersi alla vista di tante divisioni, litigi, incomprensioni che dilaniano i cattolici? E, ancor di più: può non rattristarsi di fronte a prelati, sacerdoti e fedeli che professano autentiche eresie (consapevoli o meno, non sta a me giudicare), che non credono più – per esempio – alla presenza reale, alla risurrezione di Cristo, al primato di Pietro, all’efficacia dei sacramenti, all’esistenza dell’inferno? Ci sono anche queste realtà, purtroppo, inutile nasconderselo. E quanta sofferenza causeranno al cuore del Papa? Il quale segue con massima cura anche le sorti dell’umanità intera, chiamata anch’essa a guadagnarsi in primo luogo il Cielo. Poi, giustamente, anche le vicende del mondo, la pace, la giustizia, la lotta alla fame, alla malattia e alle innumerevoli miserie. Non c’è che dire: un fardello insopportabile per ciascuno di noi. Che cosa fare per alleviargli questo peso? Possiamo, innanzitutto, pregare, perché il Signore lo sostenga e protegga; poi, offrire qualche sacrificio, qualche rinuncia (“fioretti”, si diceva una volta), chiedendo a Dio che almeno l’equivalente di tali “sacrifici” sia di sgravio al Santo Padre; infine, possiamo, e dobbiamo, rendergli il più possibile agevole il compito che pesa sulle sue spalle. E se riuscissimo a fargli sapere che può contare ciecamente su di noi, questo potrebbe essere un sollievo. Leggero, certo, ma pur sempre reale.
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