venerdì 31 dicembre 2010

Aggiungi un posto a tavola!

Per augurarvi un buon 2011 vi propongo uno splendido musical,forse il primo italiano,poco educativo cattolicamente parlando,anti-clericale,anti-ecclesiastico,catto-comunista,contro il celibato sacerdotale,eretico,ma detto questo e sapendolo, rimane uno straordinario spettacolo per le famiglie.
L'ho riscoperto quattro cinque anni fa,l'avevo visto da piccolo e mi aveva incantato,trent'anni dopo più o meno,continua ad incantarmi,non dev'essere semplicissimo rivederlo,ma la tecnologia permette,volendo,quasi tutto....
E' un chiaro esempio di genio italiano,di cuore,di bellezza,volendo di un certo cattolicesimo italiano che finisce sempre in un discutibilissimo,ma apprezzabile,volemose ben.
A mio modestissimo parere il personaggio,inarrivabilmente interpretato da Jhonny Dorelli,don Silvestro regge la baracca di tutti gli altri errori,lui salva tutto ed il finale parla chiaro!
Buona visione se riuscite a procurarvelo,ma se lo volete potete tranquillamente trovarlo....


giovedì 30 dicembre 2010

BENEDETTO XVI:udienza generale del 29-12-2010


Santa Caterina da Bologna

Cari fratelli e sorelle,

in una recente catechesi ho parlato di santa Caterina da Siena. Oggi vorrei presentarvi un’altra Santa, meno conosciuta, che porta lo stesso nome: santa Caterina da Bologna, donna di vasta cultura, ma molto umile; dedita alla preghiera, ma sempre pronta a servire; generosa nel sacrificio, ma colma di gioia nell’accogliere con Cristo la croce.

Nasce a Bologna l'8 settembre 1413, primogenita di Benvenuta Mammolini e di Giovanni de’ Vigri, patrizio ferrarese ricco e colto, Dottore in Legge e pubblico Lettore a Padova, dove svolgeva attività diplomatica per Niccolò III d'Este, marchese di Ferrara. Le notizie sull’infanzia e la fanciullezza di Caterina sono scarse e non tutte sicure. Da bambina vive a Bologna, nella casa dei nonni; qui viene educata dai parenti, soprattutto dalla mamma, donna di grande fede. Si trasferisce con lei a Ferrara quando aveva circa dieci anni ed entra alla corte di Niccolò III d’Este come damigella d’onore di Margherita, figlia naturale di Niccolò. Il marchese sta trasformando Ferrara in una splendida città, chiamando artisti e letterati di vari Paesi. Promuove la cultura e, benché conduca una vita privata non esemplare, cura molto il bene spirituale, la condotta morale e l’educazione dei sudditi.

A Ferrara Caterina non risente degli aspetti negativi, che comportava spesso la vita di corte; gode dell'amicizia di Margherita e ne diventa la confidente; arricchisce la sua cultura: studia musica, pittura, danza; impara a poetare, a scrivere composizioni letterarie, a suonare la viola; diventa esperta nell’arte della miniatura e della copiatura; perfeziona lo studio del latino. Nella vita monastica futura valorizzerà molto il patrimonio culturale e artistico acquisito in questi anni. Apprende con facilità, con passione e con tenacia; mostra grande prudenza, singolare modestia, grazia e gentilezza nel comportamento. Una nota, comunque, la contraddistingue in modo assolutamente chiaro: il suo spirito costantemente rivolto alle cose del Cielo. Nel 1427, a soli quattordici anni, anche in seguito ad alcuni eventi familiari, Caterina decide di lasciare la corte, per unirsi a un gruppo di giovani donne provenienti da famiglie gentilizie che facevano vita comune, consacrandosi a Dio. La madre, con fede, acconsente, benché avesse altri progetti su di lei.

Non conosciamo il cammino spirituale di Caterina prima di questa scelta. Parlando in terza persona, ella afferma che è entrata al servizio di Dio “illuminata dalla grazia divina […] con retta coscienza e grande fervore”, sollecita notte e giorno alla santa orazione, impegnandosi a conquistare tutte le virtù che vedeva in altri, “non per invidia, ma per piacere di più a Dio in cui aveva posto tutto il suo amore” (Le sette armi spirituali, VII, 8, Bologna 1998, p. 12). Notevoli sono i suoi progressi spirituali in questa nuova fase della vita, ma grandi e terribili sono pure le prove, le sofferenze interiori, soprattutto le tentazioni del demonio. Attraversa una profonda crisi spirituale fino alle soglie della disperazione (cfr ibid., VII, p. 12-29). Vive nella notte dello spirito, percossa pure dalla tentazione dell’incredulità verso l’Eucaristia. Dopo tanto patire, il Signore la consola: in una visione le dona la chiara conoscenza della presenza reale eucaristica, una conoscenza così luminosa che Caterina non riesce ad esprimere con le parole (cfr ibid., VIII, 2, p. 42-46). Nello stesso periodo una prova dolorosa si abbatte sulla comunità: sorgono tensioni tra chi vuole seguire la spiritualità agostiniana e chi è più orientata verso la spiritualità francescana.

Tra il 1429 e il 1430 la responsabile del gruppo, Lucia Mascheroni, decide di fondare un monastero agostiniano. Caterina, invece, con altre, sceglie di legarsi alla regola di santa Chiara d’Assisi. E’ un dono della Provvidenza, perché la comunità abita nei pressi della chiesa di Santo Spirito annessa al convento dei Frati Minori che hanno aderito al movimento dell'Osservanza. Caterina e le compagne possono così partecipare regolarmente alle celebrazioni liturgiche e ricevere un’adeguata assistenza spirituale. Hanno pure la gioia di ascoltare la predicazione di san Bernardino da Siena (cfr ibid., VII, 62, p. 26). Caterina narra che, nel 1429 - terzo anno dalla sua conversione - va a confessarsi da uno dei Frati Minori da lei stimati, compie una buona Confessione e prega intensamente il Signore di donarle il perdono di tutti i peccati e della pena ad essi connessa. Dio le rivela in visione di averle perdonato tutto. È un’esperienza molto forte della misericordia divina, che la segna per sempre, dandole nuovo slancio nel rispondere con generosità all’immenso amore di Dio (cfr ibid., IX, 2, p. 46-48).

Nel 1431 ha una visione del giudizio finale. La terrificante scena dei dannati la spinge a intensificare preghiere e penitenze per la salvezza dei peccatori. Il demonio continua ad assalirla ed ella si affida in modo sempre più totale al Signore e alla Vergine Maria (cfr. ibid., X, 3, p. 53-54). Negli scritti, Caterina ci lascia alcune note essenziali di questo misterioso combattimento, da cui esce vittoriosa con la grazia di Dio. Lo fa per istruire le sue consorelle e coloro che intendono incamminarsi nella via della perfezione: vuole mettere in guardia dalle tentazioni del demonio, che si nasconde spesso sotto sembianze ingannatrici, per poi insinuare dubbi di fede, incertezze vocazionali, sensualità.

Nel trattato autobiografico e didascalico, Le sette armi spirituali, Caterina offre, al riguardo, insegnamenti di grande saggezza e di profondo discernimento. Parla in terza persona nel riportare le grazie straordinarie che il Signore le dona e in prima persona nel confessare i propri peccati. Dal suo scritto traspare la purezza della sua fede in Dio, la profonda umiltà, la semplicità di cuore, l’ardore missionario, la passione per la salvezza delle anime. Individua sette armi nella lotta contro il male, contro il diavolo: 1. avere cura e sollecitudine nell'operare sempre il bene; 2. credere che da soli non potremo mai fare qualcosa di veramente buono; 3. confidare in Dio e, per amore suo, non temere mai la battaglia contro il male, sia nel mondo, sia in noi stessi; 4. meditare spesso gli eventi e le parole della vita di Gesù, soprattutto la sua passione e morte; 5. ricordarsi che dobbiamo morire; 6. avere fissa nella mente la memoria dei beni del Paradiso; 7. avere familiarità con la Santa Scrittura, portandola sempre nel cuore perché orienti tutti i pensieri e tutte le azioni. Un bel programma di vita spirituale, anche oggi, per ognuno di noi!

In convento, Caterina, nonostante fosse abituata alla corte ferrarese, svolge mansioni di lavandaia, cucitrice, fornaia, ed è addetta alla cura degli animali. Compie tutto, anche i servizi più umili, con amore e con pronta obbedienza, offrendo alle consorelle una testimonianza luminosa. Ella vede, infatti, nella disobbedienza quell’orgoglio spirituale che distrugge ogni altra virtù. Per obbedienza accetta l’ufficio di maestra delle novizie, nonostante si ritenga incapace di svolgere l’incarico, e Dio continua ad animarla con la sua presenza e i suoi doni: è, infatti, una maestra saggia e apprezzata.

In seguito le viene affidato il servizio del parlatorio. Le costa molto interrompere spesso la preghiera per rispondere alle persone che si presentano alla grata del monastero, ma anche questa volta il Signore non manca di visitarla ed esserle vicino. Con lei il monastero è sempre più un luogo di preghiera, di offerta, di silenzio, di fatica e di gioia. Alla morte dell'abbadessa, i superiori pensano subito a lei, ma Caterina li spinge a rivolgersi alle Clarisse di Mantova, più istruite nelle costituzioni e nelle osservanze religiose. Pochi anni dopo, però, nel 1456, al suo monastero è richiesto di creare una nuova fondazione a Bologna. Caterina preferirebbe terminare i suoi giorni a Ferrara, ma il Signore le appare e la esorta a compiere la volontà di Dio andando a Bologna come abbadessa. Si prepara al nuovo impegno con digiuni, discipline e penitenze. Si reca a Bologna con diciotto consorelle. Da superiora è la prima nella preghiera e nel servizio; vive in profonda umiltà e povertà. Allo scadere del triennio di abbadessa è felice di essere sostituita, ma dopo un anno deve riprendere le sue funzioni, perché la nuova eletta è diventata cieca. Sebbene sofferente e con gravi infermità che la tormentano, svolge il suo servizio con generosità e dedizione.

Ancora per un anno esorta le consorelle alla vita evangelica, alla pazienza e alla costanza nelle prove, all’amore fraterno, all'unione con lo Sposo divino, Gesù, per preparare, così, la propria dote per le nozze eterne. Una dote che Caterina vede nel saper condividere le sofferenze di Cristo, affrontando, con serenità, disagi, angustie, disprezzo, incomprensione (cfr Le sette armi spirituali, X, 20, p. 57-58). All’inizio del 1463 le infermità si aggravano; riunisce le consorelle un’ultima volta nel Capitolo, per annunciare loro la sua morte e raccomandare l'osservanza della regola. Verso la fine di febbraio è colta da forti sofferenze che non la lasceranno più, ma è lei a confortare le consorelle nel dolore, assicurandole del suo aiuto anche dal Cielo. Dopo aver ricevuto gli ultimi Sacramenti, consegna al confessore lo scritto Le sette armi spirituali ed entra in agonia; il suo viso si fa bello e luminoso; guarda ancora con amore quante la circondano e spira dolcemente, pronunciando tre volte il nome di Gesù: è il 9 marzo 1463 (cfr I. Bembo, Specchio di illuminazione. Vita di S. Caterina a Bologna, Firenze 2001, cap. III). Caterina sarà canonizzata dal Papa Clemente XI il 22 maggio 1712. La città di Bologna, nella cappella del monastero del Corpus Domini, custodisce il suo corpo incorrotto.

Cari amici, santa Caterina da Bologna, con le sue parole e con la sua vita, è un forte invito a lasciarci guidare sempre da Dio, a compiere quotidianamente la sua volontà, anche se spesso non corrisponde ai nostri progetti, a confidare nella sua Provvidenza che mai ci lascia soli. In questa prospettiva, santa Caterina parla con noi; dalla distanza di tanti secoli, è, tuttavia, molto moderna e parla alla nostra vita. Come noi soffre la tentazione, soffre le tentazioni dell'incredulità, della sensualità, di un combattimento difficile, spirituale. Si sente abbandonata da Dio, si trova nel buio della fede. Ma in tutte queste situazioni tiene sempre la mano del Signore, non Lo lascia, non Lo abbandona. E camminando con la mano nella mano del Signore, va sulla via giusta e trova la via della luce. Così, dice anche a noi: coraggio, anche nella notte della fede, anche in tanti dubbi che ci possono essere, non lasciare la mano del Signore, cammina con la tua mano nella sua mano, credi nella bontà di Dio; così è andare sulla via giusta! E vorrei sottolineare un altro aspetto, quello della sua grande umiltà: è una persona che non vuole essere qualcuno o qualcosa; non vuole apparire; non vuole governare. Vuole servire, fare la volontà di Dio, essere al servizio degli altri. E proprio per questo Caterina era credibile nell’autorità, perché si poteva vedere che per lei l'autorità era esattamente servire gli altri. Chiediamo a Dio, per l’intercessione della nostra Santa il dono di realizzare il progetto che Egli ha su di noi, con coraggio e generosità, perché solo Lui sia la salda roccia su cui si edifica la nostra vita. Grazie.

Le cronache di Narnia-Il viaggio del veliero

Poche precisazioni,trovate un termine più adatto di magia e riferimento chiarissimo a C.S.Lewis:grande scrittore,buon per lui,cristiano (quindi niente magia)e il film diventa"buon per noi" ed è leggibile come una splendida parabola.Per il resto è un capolavoro di genere fantastico adatto a chiunque(ma che ci vadano le famiglie!)sia ancora minimamente "vivo".

Grazie a Dio che possiamo ancora vedere storie del genere,nel 2008 Narnia-Il principe Caspian,lo scorso Natale Christmas Carol e ieri sera Il viaggio del veliero.
Buon 2011!



lunedì 27 dicembre 2010

Liturgia e "protestantesimo" tradizionalista


di Andrea Tornielli



Cari amici, nel rinnovarvi gli auguri di Buon Natale, vi segnalo che sul Giornale di ieri ho pubblicato un’ampia intervista al Prefetto della Congregazione del culto Divino, il cardinale Antonio Canizares Llovera(nel post precedente il testo integrale). Il cardinale – dopo aver denunciato la fretta con cui è stata realizzata la riforma post-conciliare – spiega che cosa stia facendo la Congregazione per dar vita a un nuovo movimento liturgico che faccia recuperare sacralità al rito secondo le indicazioni della Costituzione Sacrosanctum Concilium del Vaticano II. Canizares anticipa alcune iniziative del dicastero, che riguardano la formazione, la catechesi, la predicazione, l’arte e la musica sacra.

Ho letto con interesse alcuni commenti postati su altri blog che già ieri hanno ripreso l’intervista (mi riferisco a paparatzinger blog e al blog messainlatino) e mi permetto di fare qui alcune osservazioni, che riguardano la liturgia ma più in generale anche l’atteggiamento nei confronti del Concilio Vaticano II, anche in merito al dibattito suscitato dal libro Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta (Lindau) recentemente pubblicato dallo storico Roberto de Mattei .

Come premessa dico che non mi piace usare l’aggettivo “tradizionalisti”, così come non mi piace che chi segue l’antico rito (chiamandolo a mio avviso erroneamente “la messa di sempre”, come se io che seguo il rito post-conciliare, andassi a una “messa di mai”) sia definito “modernista”.

Mi stupisce innanzitutto che di fronte ai gesti di Benedetto XVI, volti a far recuperare sacralità al rito cattolico, come pure concessioni importanti quale è stato il Motu proprio Summorum Pontificum, invece che favorire la riconciliazione auspicata dal Pontefice, secondo quell’ermeneutica “della riforma, del rinnovamento nella continuità” (ricordiamolo: non solo “nella continuità” ma anche “della riforma”), si siano consolidati talvolta atteggiamenti di rigidità. Cari amici, io non sopporto la banalizzazione della liturgia, la creatività che riduce il rito a opera delle nostre mani, l’assenza di silenzio, la musica che nulla ha a che fare con la messa, etc. etc.

Ma devo aggiungere: con onestà dobbiamo riconoscere che questa non è la regola dappertutto, anzi. Rispetto a qualche anno o decennio fa, gli abusi sono notevolmente diminuiti, ci sono notevoli differenza tra Paese e Paese. Per questo mi stupisce che, in fondo, si considerino le parole del cardinale Canizares, interprete vero e sincero di Benedetto XVI, come espressione di debolezza, per il fatto che lui – per volere del Papa – sta lavorando per suscitare un nuovo forte movimento liturgico.

Diaciamocela tutta: molti (o alcuni, o pochi, giudicate voi) tradizionalisti non amano l’ermeneutica della continuità di Benedetto XVI, perché, in fondo, ritengono che vada abolito il Concilio. Perché ritengono che vada abolita in toto la riforma litturgica. Arrivano a dire che bisogna che Roma si riconcili con la Tradizione. Ma quale Tradizione? Quella fissata da loro. La Tradizione è sempre stata vivente, e siccome il cristianesimo è costitutivamente un avvenimento che entra nella storia - Dio che si fa carne, muore in croce per i nostri peccati e risorge aprendoci le porte del Paradiso e promettendoci il centuplo quaggiù. La Chiesa si aggiorna, vive le sfide del tempo. Cerca di presentare in modo sempre adeguato le verità di sempre.

Vedete, io temo che certo tradizionalismo possa scivolare proprio nel suo esatto contrario, il protestantesimo. O meglio, il gallicanesimo. Chi dà il diritto a questo o quel tradizionalista di dire: questa è la Tradizione, Roma sta sbagliando? Chi dà l’autorità di decidere? Il tradizionalismo non è il magistero. Chi dà il diritto di buttare a mare, talvolta con irrisione e disprezzo, il Concilio Vaticano II? Forse il ricorso all’autorità dell’arcivescovo Marcel Lefebvre (pace all’anima sua), presentato ora in modo agiografico, come un santo padre della Chiesa?

Chi permette a molti tradizionalisti - sulla base del fatto che il Vaticano II non ha pronunciato nuovi dogmi – di declassare il Concilio come “pastorale” e dunque ininfluente e non da seguire? Il 95 per cento del magistero non è dogmatico, ma ordinario. Il cattolico però è tenuto a seguirlo. E poi – lo dico senza intenti polemici – come si può davvero credere che il Papa legittimamente eletto, al quale Gesù ha assicurato il potere delle Chiavi e la speciale assistenza dello Spirito Santo, insieme a tutti i vescovi che hanno votato quasi all’unanimità i documenti del Vaticano II (Lefebvre compreso), uniti in Concilio, possano aver sbagliato?

Essere con Pietro e con i vescovi in comunione con lui significa essere cattolici. Altrimenti io potrei dire che considero modernista Pio X (quante riforme ha fatto, e se a me non piacessero o le ritenessi inadeguate ai tempi e non in linea con il magistero liturgico di Gregorio XVI o Leone Magno?), e che voglio fermarmi al Vaticano I e a Pio IX. Un altro potrebbe dirmi che non accetta il Vaticano I e il dogma dell’infallibilità papale (che rappresenta un incontestabile sviluppo della Tradizione, e che non è accettato dagli ortodossi). Un altro potrebbe dirmi che l’unico punto fermo è il Concilio di Trento, mentre un altro ancora potrebbe cercare di dimostrarmi che il rito mozarabico celebrato a Toledo non è cattolico…

Questo è il “protestantesimo” tradizionalista, perché se le posizioni di mons. Lefebvre, questo o quel teologo, alcune teorie del laico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (peraltro oggetto, fra i molti che si richiamano al suo pensiero, di diverse interpretazioni) o le opinioni di qualche rispettabilissimo vescovo ultra-conservatore vengono enfatizzate e finiscono per diventare l’unico criterio per giudicare la Sede Apostolica e per affermare, in sostanza, le proprie opinioni sulla Tradizione e la “messa di sempre”, a mio modesto avviso c’è qualcosa che non va. Si tratta infatti di una posizione opposta ma perfettamente speculare a quella di certo progressismo che presenta il Concilio come un elemento di totale rottura con il passato. Una lettura antitetica a quella di Benedetto XVI.

E poi, permettetemi, non è possibile lanciare continui appelli al Papa perché spieghi, chiarisca il Concilio; e poi far finta di non leggere e di non vedere quando lui o la Congregazione per la dottrina della fede, o altri dicasteri della Curia romana lo fanno, offrendo l’ermeneutica corretta rispetto a certe storture dovute non al Concilio e ai suoi testi, ma alle opinioni del post-concilio. E’ accaduto così con il discorso di Benedetto XVI alla Curia romana del 2005 (dove il Papa mirabilmente affrontò il tema della libertà religiosa, ripreso anche nel Messaggio per la Giornata della Pace del gennaio 2011), con la Dominus Iesus sull’unicità salvifica di Cristo, con la chiarificazione sul “subsistit in”.

La Chiesa è più grande delle nostre opinioni, il magistero del Papa va seguito anche quando il Pontefice non parla ex Cathedra, cio ché accade della stragrande maggioranza delle volte. Il cattolico sa che la Chiesa non è l’opera delle nostre mani, sa che siamo stati convocati da Qualcun Altro. Sa che Gesù, l’unica vera roccia su cui poggia la Chiesa, ha stabilito l’autorità del suo Vicario – un poverocristo vicario di Cristo, come disse con parole indimenticabili Giovanni Paolo I – fragile come ogni uomo, ma specialmente assistito dallo Spirito Santo.

Se guardassimo così al Papa, forse useremmo altre parole per definire ciò che fa e che ci chiede. Forse sapremmo metterci in discussione, perché ciò che ci salva non è la nostra idea di Tradizione, ma l’essere uniti a Cristo nella sua Chiesa, sotto la guida del suo Vicarioe ai vescovi in comunione con lui. Per questo, diceva il cardinale Giuseppe Siri, i documenti del Concilio vanno letti in ginocchio.

Permettemi un’ultima parola su mons. Marcel Lefebvre, oggi da alcuni presentato come un santo, un eroe, un combattente la buona battaglia per la verità contro il modernismo dei Pontefici… Non giudico e mi auguro davvero che sia in Paradiso, nonostante la scomunica. Ma un cattolico non può presentarlo come un esempio di santità. Se Lefebvre fosse stato un santo, nel 1988 avrebbe detto al Signore: “Mio Dio, io ho fatto tutto ciò che potevo per salvare l’autentica Tradizione che io ritengo in pericolo, e per combattere quello che credo essere uno spaventoso allontanamento dalla vera liturgia cattolica. Ora mi trovo di fronte a un bivio. Disobbedire al Papa per assicurare continuità alla Fraternità San Pio X, consacrando dei nuovi vescovi, oppure accogliere il suo invito e lasciar perdere…”. Ecco un santo (come Padre Pio, il santo di Pietrelcina) non avrebbe mai disobbedito al Papa, non avrebbe mai rotto l’unità della Chiesa. Avrebbe detto a Dio: “Io confido in Te. Se Tu vuoi che quest’opera continui, adesso devi farti avanti, perché io ho fatto tutto ciò che era umanamente possibile, ma ora non posso disobbedire al Tuo Vicario”.

Nel dirvi di nuovo Buon Natale, vorrei aggiungere a scanso di equivoci (che inevitabilmente ci saranno), che condivido il giudizio di Canizares sulla riforma post-conciliare, che ritengo vada scritta la parola fine agli abusi liturgici come pure al problema dell’assenza di autorità nell’episcopato, una delle cause principali alla mancata correzione degli abusi. Non sto, insomma, dipingendo una realtà rosea, perché rosea non è.

Ma non posso non manifestare qui, ancora una volta, l’assenza di carità e in qualche caso persino il disprezzo che leggo in alcune reazioni. C’è un dibattito manifesta l’esistenza di una guerra tra cristiani che si divorano tra di loro. Mi direte – e finisco davvero – che cos’ me la prendo solo con i cosiddetti “tradizionalisti” e non con i cosiddetti “modernisti” che sono molti di più. Beh, vedete, di fronte all’esempio di Benedetto XVI, ai gesti di riconciliazione che ha messo in atto verso il mondo tradizionalista, ci si sarebbe potuti aspettare che proprio da questo mondo sarebbe venuto il primo e principale sostegno per quel movimento liturgico che il Papa (non il sig. Ratzinger o il “papa” tra virgolette, come talvolta lo vedo definito nei deliramenta sedevacantisti) ritiene essere essenziale per la Chiesa oggi.

Il magistero della Chiesa, disse l’allora arcivescovo di Monaco di Baviera, Joseph Ratzinger, difende la fede dei semplici, di quelli che non scrivono editoriali sui giornali, che non hanno cattedre universitarie, che non pubblicano opere teologiche o libri di successo, che non vanno in Tv. E la fede dei semplici cattolici ha sempre saputo che Ubi Petrus ibi Ecclesia.

domenica 26 dicembre 2010

"Basta con la messa creativa, in chiesa silenzio e preghiera"


venerdì 24 dicembre 2010, 11:17






La liturgia cattolica vive «una certa crisi» e Benedetto XVI vuole dar vita a un nuovo movimento liturgico, che ripor­ti più sacralità e silenzio nella messa, e più attenzione alla bel­lezza nel canto, nella musica e nell'arte sacra.Il cardinale Anto­nio Cañizares Llovera, 65 anni, Prefetto della Congregazione del culto divino, che quando era vescovo in Spagna veniva chia­mato «il piccolo Ratzinger», è l'uomo al quale il Papa ha affida­to questo compito. In questa in­tervista al Giornale , il «mini­stro » della liturgia di Benedetto XVI rivela e spiega programmi e progetti.
Da cardinale, Joseph Ratzin­ger aveva lamentato una cer­ta fretta nella riforma liturgi­ca postconciliare. Qual è il suo giudizio?
«La riforma liturgica è stata re­alizzata con molta fretta. C'era­no ottime intenzioni e il deside­rio di applicare il Vaticano II. Ma c'è stata precipitazione. Non si è dato tempo e spazio suf­ficiente per accogliere e interio­rizzare gli insegnamenti del Concilio, di colpo si è cambiato il modo di celebrare. Ricordo be­ne la mentalità allora diffusa: bi­sognava cambiare, creare qual­cosa di nuovo. Quello che aveva­mo ricevuto, la tradizione, era vi­sta come un ostacolo. La rifor­ma è stata intesa come opera umana, molti pensavano che la Chiesa fosse opera delle nostre mani, invece che di Dio. Il rinno­vamento liturgico è stato visto come una ricerca di laboratorio, frutto dell'immaginazione e del­la creatività, la parola magica di allora».
Da cardinale Ratzinger ave­va auspicato una «riforma della riforma» liturgica, paro­le oggi impronunciabili persi­no in Vaticano. Appare però evidente che Benedetto XVI la desideri. Può parlarcene?
«Non so se si possa, o se con­venga, parlare di "riforma della riforma". Quello che vedo asso­lutamente necessario e urgen­te, secondo ciò che desidera il Papa, è dar vita a un nuovo, chia­ro e vigoroso movimento liturgi­co in tutta la Chiesa. Perché, co­me­spiega Benedetto XVI nel pri­mo volume della sua Opera Om­nia , nel rapporto con la liturgia si decide il destino della fede e della Chiesa. Cristo è presente nella Chiesa attraverso i sacra­menti. Dio è il soggetto della li­turgia, non noi. La liturgia non è un'azione dell'uomo,ma è azio­ne di Dio».
Il Papa più che con le decisio­ni calate dall'alto, parla con l'esempio: come leggere i cambiamenti da lui introdot­ti nelle celebrazioni papali?
«Innanzitutto non deve esser­ci alcun dubbio sulla bontà del rinnovamento liturgico conci­liare, che ha portato grandi be­nefici nella vita della Chiesa, co­me la partecipazione più co­sciente e attiva dei fedeli e la pre­senza arricchita della Sacra Scrittura. Ma oltre a questi e altri benefici, non sono mancate del­le ombre, emerse negli anni suc­cessivi al Vaticano II: la liturgia, questo è un fatto, è stata "ferita" da deformazioni arbitrarie, pro­vocate anche dalla secolarizza­zione che purtroppo colpisce pure all'interno della Chiesa. Di conseguenza, in tante celebra­zioni, non si pone più al centro Dio,ma l'uomo e il suo protago­nismo, la sua azione creativa, il ruolo principale dato all'assem­blea. Il rinnovamento concilia­re è stato inteso come una rottu­ra e non come sviluppo organi­co della tradizione. Dobbiamo ravvivare lo spirito della liturgia e per questo sono significativi i gesti introdotti nelle liturgie del Papa: l'orientamento dell'azio­ne liturgica, la croce al centro dell'altare, la comunione in gi­nocchio, il canto gregoriano, lo spazio per il silenzio, la bellezza nell'arte sacra.È anche necessa­ri­o e urgente promuovere l'ado­razione eucaristica: di fronte al­la presenza reale del Signore non si può che stare in adorazio­ne ».
Quando si parla di un recupe­ro della dimensione del sa­cro c'è sempre chi presenta tutto questo come un sempli­ce ritorno al passato, frutto di nostalgia. Come rispon­de?
«La perdita del senso del sa­cro, del Mistero, di Dio, è una delle perdite più gravi di conse­guenze per un vero umanesi­mo. Chi pensa che ravvivare, re­cuperare e rafforzare lo spirito della liturgia, e la verità della ce­lebrazione, sia un semplice ritor­no a un passato superato, igno­ra la verità delle cose. Porre la li­turgia al centro della vita della Chiesa non è affatto nostalgico, ma al contrario è la garanzia di essere in cammino verso il futu­ro ».
Come giudica lo stato della li­turgia cattolica nel mondo?
«Di fronte al rischio della routi­ne, di fronte ad alcune confusio­ni, alla povertà e alla banalità del canto e della musica sacra, si può dire che vi sia una certa cri­si.
Per questo è urgente un nuo­vo movimento liturgico. Bene­detto XVI indicando l'esempio di san Francesco d'Assisi, molto devoto al Santissimo Sacramen­to, ha spiegato che il vero rifor­matore è qualcuno che obbedi­sce alla fede: non si muove in modo arbitrario e non si arroga alcuna discrezionalità sul rito. Non è il padrone ma il custode del tesoro istituito dal Signore e consegnato a noi. Il Papa chiede dunque alla nostra Congrega­zione di promuovere un rinno­vamento conforme al Vaticano II, in sintonia con la tradizione liturgica della Chiesa, senza di­menticare la norma conciliare che prescrive di non introdurre innovazioni se non quando lo ri­ch­ieda una vera e accertata utili­tà per la Chiesa, con l'avverten­za che le nuove forme, in ogni caso, devono scaturire organica­mente da quelle già esistenti».
Che cosa intendete fare co­me Congregazione?
«Dobbiamo considerare il rin­novamento liturgico secondo l'ermeneutica della continuità nella riforma indicata da Bene­detto XVI per leggere il Concilio.
E per far questo bisogna supera­re la tendenza a "congelare" lo stato attuale della riforma po­stconciliare, in un modo che non rende giustizia allo svilup­po organico della liturgia della Chiesa. Stiamo tentando di por­tare avanti un grande impegno nella formazione di sacerdoti, seminaristi, consacrati e fedeli laici, per favorire la comprensio­ne del ver­o significato delle cele­brazioni della Chiesa.
Ciò richie­de un'adeguata e ampia istruzio­ne, vigilanza e fedeltà nei riti e un'autentica educazione per vi­verli pienamente. Questo impe­gn­o sarà accompagnato dalla re­visione e dall'aggiornamento dei testi introduttivi alle diverse celebrazioni ( prenotanda ). Sia­mo anche coscienti che dare im­pulso a questo movimento non sarà possibile senza un rinnova­mento della pastorale dell'ini­ziazione cristiana».
Una prospettiva che andreb­be applicata anche all'arte e alla musica...
«Il nuovo movimento liturgi­co dovrà far scoprire la bellezza della liturgia. Perciò apriremo una nuova sezione della nostra Congregazione dedicata ad "Ar­te e musica sacra" al servizio del­la liturgia. Ciò ci porterà a offrire quanto prima criteri e orienta­menti per l'arte, il canto e la mu­sica sacri. Come pure pensiamo di offrire prima possibile criteri e orientamenti per la predicazio­ne ».
Nelle chiese spariscono gli in­ginocchiatoi, la messa talvol­ta è ancora uno spazio aperto alla creatività, si tagliano per­sino le parti più sacre del ca­none: come invertire questa tendenza?
«La vigilanza della Chiesa è fondamentale e non deve esse­re considerata come qualcosa di inquisitorio o repressivo, ma un servizio. In ogni caso dobbia­mo rendere tutti coscienti del­l'esigenza, non solo dei diritti dei fedeli, ma anche del "diritto di Dio"».
Esiste anche il rischio oppo­sto, cioè quello di credere che la sacralità della liturgia dipenda dalla ricchezza dei paramenti: una posizione frutto di estetismo che sem­bra ignorare il cuore della li­turgia... «La bellezza è fondamentale, ma è qualcosa di ben diverso da un'estetismo vuoto, formalista e sterile, nel quale invece talvol­ta si cade. Esiste il rischio di cre­dere che la bellezza e la sacralità del liturgia dipendano dalla ric­chezza o dall'antichità dei para­menti. Ci vuole una buona for­mazione e una buona catechesi basata sul Catechismo della Chiesa cattolica, evitando an­che il rischio opposto, quello della banalizzazione, e agendo con decisione ed energia quan­do si ricorre a usanze che hanno avuto il loro senso nel passato ma oggi non ce l'hanno o non aiutano in alcun modo la verità della celebrazione».
Può dare qualche indicazio­ne concreta su che cosa po­trebbe cambiare nella litur­gia?
«Più che pensare a cambia­menti, dobbiamo impegnarci nel ravvivare e promuovere un nuovo movimento liturgico, se­guendo l'insegnamento di Bene­detto XVI, e ravvivare il senso del sacro e del Mistero, metten­do Dio al centro di tutto. Dobbia­mo dare impulso all'adorazio­ne eucaristica, rinnovare e mi­gliorare il canto liturgico, colti­vare il silenzio, dare più spazio alla meditazione. Da questo sca­turiranno i cambiamenti...».

(le evidenziazioni sono mie non dell'autore dell'articolo)


sabato 25 dicembre 2010

Medjugorje,messaggio del 25-12-2010

"Cari figli, oggi io e mio Figlio Gesù desideriamo darvi l’ abbondanza della gioia e della pace affinchè ciascuno di voi sia gioioso portatore e testimone della pace e della gioia nei luoghi dove vivete. Figlioli siate benedizione e siate pace. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

http://www.medjugorje.hr/it/

Buon NATALE,sretan BOZIC,joieaux NOEL,merry CHRISTMAS,feliz NAVIDAD





http://worldtv.com/christianschristmas/

venerdì 24 dicembre 2010

Dedicato ad un amico

Dedicato a Roberto,amico disperso nelle nebbie dei suoi pensieri,nei labirinti di una stanchezza trascinata,rinchiuso nella schiavitù libera di pastiglie di galleggiamento.Dedicato ad un amico grande ,ma troppo piccolo ,che come un piccolo, cerca ,come può ,una luce che è sempre troppo lontana,che sembra avvicinarsi ,nelle promesse di una donna che come è arrivata se n'è andata ,lasciando solo solitudine senza risposte,piove sempre sul bagnato negli occhi di chi si aggrappa all'ennesimo miraggio,all'ennesimo treno fermo su rotaie abbandonate.
Buon Natale amico inatteso, il Regno della gioia attende anche te,Sretan Bozic, prodigio, che le tue origini croate fanno più che supporre essere protetto e inviato a me da Lei,la Gospa ,ennesimo regalo che mi,ci,riporta a Medjugorje.Lei ,se vuoi ,è, sarà, la tua forza,il tuo nuovo mattino....
p.s
Il video è scarso ma nella poesia di Capossela,c'è la precarietà,inarrivabile, di quel Natale di 2000 anni fa,la dolcezza di quell'attesa ,provata e solitaria, di una fredda notte in una grotta con nel cuore la gioia di un figlio che nasce e la difficoltà di "una mangiatoia" per il cuore del mondo....

Padre ,per sempre!

Durante le sue lezioni,regnava il silenzio assoluto,un silenzio carico di attesa,di stupore e commozione.Doveva essere così 2000 anni fà quando andavano ad ascoltare Gesù.Grazie per avermi cresciuto.













giovedì 23 dicembre 2010

Esiste il diavolo?

Il magistero di Mons.Gino Oliosi!
C'ho messo una vita ma alla fine il buon Dio mi ha accordato l'onore,la grazia e l'orgoglio ,di ospitare sul mio blog questo splendido incontro, organizzato dalle Sentinelle del mattino.Sono 80 min. di perle educative rare da trovare tutte in un solo uomo.
Trovate il tempo di vederlo c'è una guerra da combattere!
Buona visione!


2. Esiste il diavolo? from Sentinelle del mattino on Vimeo.



mercoledì 22 dicembre 2010

BENEDETTO XVI:udienza generale del 22-12-2010


Aula Paolo VI



Cari fratelli e sorelle!

Con quest’ultima Udienza prima delle Festività Natalizie, ci avviciniamo, trepidanti e pieni di stupore, al “luogo” dove per noi e per la nostra salvezza tutto ha avuto inizio, dove tutto ha trovato un compimento, là dove si sono incontrate e incrociate le attese del mondo e del cuore umano con la presenza di Dio. Possiamo già ora pregustare la gioia per quella piccola luce che si intravede, che dalla grotta di Betlemme comincia ad irradiarsi sul mondo. Nel cammino dell’Avvento, che la liturgia ci ha invitato a vivere, siamo stati accompagnati ad accogliere con disponibilità e riconoscenza il grande Avvenimento della venuta del Salvatore e a contemplare pieni di meraviglia il suo ingresso nel mondo.

L’attesa gioiosa, caratteristica dei giorni che precedono il Santo Natale, è certamente l’atteggiamento fondamentale del cristiano che desidera vivere con frutto il rinnovato incontro con Colui che viene ad abitare in mezzo a noi: Cristo Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo. Ritroviamo questa disposizione del cuore, e la facciamo nostra, in coloro che per primi accolsero la venuta del Messia: Zaccaria ed Elisabetta, i pastori, il popolo semplice, e specialmente Maria e Giuseppe, i quali in prima persona hanno provato la trepidazione, ma soprattutto la gioia per il mistero di questa nascita. Tutto l’Antico Testamento costituisce un’unica grande promessa, che doveva compiersi con la venuta di un salvatore potente. Ce ne dà testimonianza in particolare il libro del profeta Isaia, il quale ci parla del travaglio della storia e dell’intera creazione per una redenzione destinata a ridonare nuove energie e nuovo orientamento al mondo intero. Così, accanto all’attesa dei personaggi delle Sacre Scritture, trova spazio e significato, attraverso i secoli, anche la nostra attesa, quella che in questi giorni stiamo sperimentando e quella che ci mantiene desti per l’intero cammino della nostra vita. Tutta l’esistenza umana, infatti, è animata da questo profondo sentimento, dal desiderio che quanto di più vero, di più bello e di più grande abbiamo intravisto e intuito con la mente ed il cuore, possa venirci incontro e davanti ai nostri occhi diventi concreto e ci risollevi.

“Ecco viene il Signore onnipotente: sarà chiamato Emmanuele, Dio-con-noi” (Antifona d’ingresso, S. Messa del 21 dicembre). Frequentemente, in questi giorni, ripetiamo queste parole. Nel tempo della liturgia, che riattualizza il Mistero, è ormai alle porte Colui che viene a salvarci dal peccato e dalla morte, Colui che, dopo la disobbedienza di Adamo ed Eva, ci riabbraccia e spalanca per noi l’accesso alla vita vera. Lo spiega sant’Ireneo, nel suo trattato “Contro le eresie”, quando afferma: “Il Figlio stesso di Dio scese «in una carne simile a quella del peccato» (Rm 8,3) per condannare il peccato, e, dopo averlo condannato, escluderlo completamente dal genere umano. Chiamò l’uomo alla somiglianza con se stesso, lo fece imitatore di Dio, lo avviò sulla strada indicata dal Padre perché potesse vedere Dio, e gli diede in dono lo stesso Padre” (III, 20, 2-3).

Ci appaiono alcune idee preferite di sant’Ireneo, che Dio con il Bambino Gesù ci richiama alla somiglianza con se stesso. Vediamo com’è Dio. E così ci ricorda che noi dovremmo essere simili a Dio. E dobbiamo imitarlo. Dio si è donato, Dio si è donato nelle nostre mani. Dobbiamo imitare Dio. E infine l’idea che così possiamo vedere Dio. Un’idea centrale di sant’Ireneo: l’uomo non vede Dio, non può vederlo, e così è nel buio sulla verità, su se stesso. Ma l’uomo che non può vedere Dio, può vedere Gesù. E così vede Dio, così comincia a vedere la verità, così comincia a vivere.

Il Salvatore, dunque, viene per ridurre all’impotenza l’opera del male e tutto ciò che ancora può tenerci lontani da Dio, per restituirci all’antico splendore e alla primitiva paternità. Con la sua venuta tra noi, Dio ci indica e ci assegna anche un compito: proprio quello di essere somiglianti a Lui e di tendere alla vera vita, di arrivare alla visione di Dio nel volto di Cristo. Ancora sant’Ireneo afferma: “Il Verbo di Dio pose la sua abitazione tra gli uomini e si fece Figlio dell’uomo, per abituare l’uomo a percepire Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell’uomo secondo la volontà del Padre. Per questo, Dio ci ha dato come «segno» della nostra salvezza colui che, nato dalla Vergine, è l’Emmanuele” (ibidem). Anche qui c’è un’idea centrale molto bella di sant’Ireneo: dobbiamo abituarci a percepire Dio. Dio è normalmente lontano dalla nostra vita, dalle nostre idee, dal nostro agire. È venuto vicino a noi e dobbiamo abituarci a essere con Dio. E audacemente Ireneo osa dire che anche Dio deve abituarsi a essere con noi e in noi. E che Dio forse dovrebbe accompagnarci a Natale, abituarci a Dio, come Dio si deve abituare a noi, alla nostra povertà e fragilità. La venuta del Signore, perciò, non può avere altro scopo che quello di insegnarci a vedere e ad amare gli avvenimenti, il mondo e tutto ciò che ci circonda, con gli occhi stessi di Dio. Il Verbo fatto bambino ci aiuta a comprendere il modo di agire di Dio, affinché siamo capaci di lasciarci sempre più trasformare dalla sua bontà e dalla sua infinita misericordia.

Nella notte del mondo, lasciamoci ancora sorprendere e illuminare da questo atto di Dio, che è totalmente inaspettato: Dio di fa Bambino. Lasciamoci sorprendere, illuminare dalla Stella che ha inondato di gioia l’universo. Gesù Bambino, giungendo a noi, non ci trovi impreparati, impegnati soltanto a rendere più bella la realtà esteriore. La cura che poniamo per rendere più splendenti le nostre strade e le nostre case ci spinga ancora di più a predisporre il nostro animo ad incontrare Colui che verrà a visitarci, che è la vera bellezza e la vera luce. Purifichiamo quindi la nostra coscienza e la nostra vita da ciò che è contrario a questa venuta: pensieri, parole, atteggiamenti e azioni, spronandoci a compiere il bene e a contribuire a realizzare in questo nostro mondo la pace e la giustizia per ogni uomo e a camminare così incontro al Signore.

Segno caratteristico del tempo natalizio è il presepe. Anche in Piazza San Pietro, secondo la consuetudine, è quasi pronto e idealmente si affaccia su Roma e sul mondo intero, rappresentando la bellezza del Mistero del Dio che si è fatto uomo e ha posto la sua tenda in mezzo a noi (cfr Gv 1,14). Il presepe è espressione della nostra attesa, che Dio si avvicina a noi, che Gesù si avvicina a noi, ma è anche espressione del rendimento di grazie a Colui che ha deciso di condividere la nostra condizione umana, nella povertà e nella semplicità. Mi rallegro perché rimane viva e, anzi, si riscopre la tradizione di preparare il presepe nelle case, nei posti di lavoro, nei luoghi di ritrovo. Questa genuina testimonianza di fede cristiana possa offrire anche oggi per tutti gli uomini di buona volontà una suggestiva icona dell’amore infinito del Padre verso noi tutti. I cuori dei bambini e degli adulti possano ancora sorprendersi di fronte ad essa.

Cari fratelli e sorelle, la Vergine Maria e san Giuseppe ci aiutino a vivere il Mistero del Natale con rinnovata gratitudine al Signore. In mezzo all’attività frenetica dei nostri giorni, questo tempo ci doni un po’ di calma e di gioia e ci faccia toccare con mano la bontà del nostro Dio, che si fa Bambino per salvarci e dare nuovo coraggio e nuova luce al nostro cammino. E’ questo il mio augurio per un santo e felice Natale: lo rivolgo con affetto a voi qui presenti, ai vostri familiari, in particolare ai malati e ai sofferenti, come pure alle vostre comunità e a quanti vi sono cari.

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2010/documents/hf_ben-xvi_aud_20101222_it.html

martedì 21 dicembre 2010

Io amo Milano: Allam presenta una lista islamicamente scorretta



E' il nome della lista con cui Magdi Cristiano Allam appoggerà un secondo incarico di Letizia Moratti. Durante la presentazione critica l'islam e le sue politiche contro dignità della persona e libertà religiosa. Abdel Hamid Shaari, candidato sindaco di Milano Nuova: «Vuol fare l’italiano più italiano degli italiani. E si è battezzato per esserlo ancora di più»

di Caterina Giojelli


Ad animare la competizione per lo scranno più alto di Palazzo Marino alle amministrative del 2011 ci sarà anche lui, Magdi Cristiano Allam, con la lista Io amo Milano. Emanazione “territoriale” del movimento Io amo l’Italia fondato dal giornalista un anno fa, la lista presentata ufficialmente oggi a Milano promette un programma in difesa di valori come la promozione della famiglia naturale e gli incentivi alla maternità, e una dichiarata apertura al dialogo con il centrodestra: «Pdl e Lega, non certo con la sinistra. Né con Idv, finiani o Udc».

Soprattutto non con la lista filoislamica dell'architetto Abdel Hamid Shaari, direttore dell'Istituto di cultura islamica di viale Jenner e fondatore della lista Milano Nuova. «La nostra sarà una lista islamicamente scorretta», ha precisato Magdi Cristiano Allam al Giornale, «chiediamo un riconoscimento delle radici giudaico-cristiane della civiltà laica e liberale dell’Europa e crediamo in valori non negoziabili come la sacralità della vita, la dignità della persona e la libertà di scelta».

Tutte cose contrarie alla filosofia “dell'integrazione” promossa da viale Jenner, il cui ex imam Abu Imad è già stato accusato dalla Procura di Milano di associazione per delinquere finalizzata al terrorismo internazionale: «Nella sentenza si legge del lavaggio del cervello fatto ai terroristi suicidi che sono andati a farsi esplodere in Iraq», aggiunge Magdi Cristiano Allam ricordando come l'islam neghi «sacralità della vita, dignità della persona, parità tra uomo e donna, libertà religiosa. E giudica degno di morte l’islamico che si converta al Cristianesimo».

Secca la replica di Shaari che sempre al Giornale dichiara: «Se la lista Io amo Milano vale qualcosa lo vedremo nell’urna. Lui è omologato, vuol fare l’italiano più italiano degli italiani. E si è battezzato per esserlo ancora di più». Sono tanti, ha ammesso Shaari, gli egiziani cristiani, «ma nessuno battezzato in mondovisione. La differenza fra lui e noi è che lui ha rinunciato alla sua cultura e alle sue origini, noi le portiamo in Italia come arricchimento». A differenza di Shaari, l’eurodeputato non si proporrà però direttamente come candidato sindaco né ha proposto un'alternativa all'attuale primo cittadino: «Incontreremo il sindaco e poi decideremo», ha dichiarato lasciando presagire un appoggio a un secondo mandato di Letizia Moratti.

venerdì 17 dicembre 2010

Alfareros! Baila la vida no es loca.

I miei dominicani preferiti,i cattolicissimi Alfareros,buon ascolto,il secondo video non ha molto da invidiare al miglio Carlos Santana.



mercoledì 15 dicembre 2010

BENEDETTO XVI:udienza generale del 15/12/2010


Santa Veronica Giuliani
Cari fratelli e sorelle,

Oggi vorrei presentare una mistica che non è dell’epoca medievale; si tratta di santa Veronica Giuliani, monaca clarissa cappuccina. Il motivo è che il 27 dicembre prossimo ricorre il 350° anniversario della Sua nascita. Città di Castello, luogo dove visse più a lungo e morì, come pure Mercatello - suo paese natale - e la diocesi di Urbino, vivono con gioia questo evento.

Veronica nasce appunto il 27 dicembre 1660 a Mercatello, nella valle del Metauro, da Francesco Giuliani e Benedetta Mancini; è l’ultima di sette sorelle, delle quali altre tre abbracceranno la vita monastica; le viene dato il nome di Orsola. All’età di sette anni, perde la madre, e il padre si trasferisce a Piacenza come soprintendente alle dogane del ducato di Parma. In questa città, Orsola sente crescere in sé il desiderio di dedicare la vita a Cristo. Il richiamo si fa sempre più pressante, tanto che, a 17 anni, entra nella stretta clausura del monastero delle Clarisse Cappuccine di Città di Castello, dove rimarrà per tutta la vita. Là riceve il nome di Veronica, che significa “vera immagine”, e, in effetti, ella diventerà una vera immagine di Cristo Crocifisso. Un anno dopo emette la solenne professione religiosa: inizia per lei il cammino di configurazione a Cristo attraverso molte penitenze, grandi sofferenze e alcune esperienze mistiche legate alla Passione di Gesù: la coronazione di spine, lo sposalizio mistico, la ferita nel cuore e le stimmate. Nel 1716, a 56 anni, diventa badessa del monastero e verrà riconfermata in tale ruolo fino alla morte, avvenuta nel 1727, dopo una dolorosissima agonia di 33 giorni che culmina in una gioia profonda, tanto che le sue ultime parole furono: “Ho trovato l’Amore, l’Amore si è lasciato vedere! Questa è la causa del mio patire. Ditelo a tutte, ditelo a tutte!” (Summarium Beatificationis, 115-120). Il 9 luglio lascia la dimora terrena per l’incontro con Dio. Ha 67 anni, cinquanta dei quali trascorsi nel monastero di Città di Castello. Viene proclamata Santa il 26 maggio 1839 dal Papa Gregorio XVI.

Veronica Giuliani ha scritto molto: lettere, relazioni autobiografiche, poesie. La fonte principale per ricostruirne il pensiero è, tuttavia, il suo Diario, iniziato nel 1693: ben ventiduemila pagine manoscritte, che coprono un arco di trentaquattro anni di vita claustrale. La scrittura fluisce spontanea e continua, non vi sono cancellature o correzioni, né segni d’interpunzione o distribuzione della materia in capitoli o parti secondo un disegno prestabilito. Veronica non voleva comporre un’opera letteraria; anzi, fu obbligata a mettere per iscritto le sue esperienze dal Padre Girolamo Bastianelli, religioso dei Filippini, in accordo con il Vescovo diocesano Antonio Eustachi.

Santa Veronica ha una spiritualità marcatamente cristologico-sponsale: è l’esperienza di essere amata da Cristo, Sposo fedele e sincero, e di voler corrispondere con un amore sempre più coinvolto e appassionato. In lei tutto è interpretato in chiave d’amore, e questo le infonde una profonda serenità. Ogni cosa è vissuta in unione con Cristo, per amore suo, e con la gioia di poter dimostrare a Lui tutto l’amore di cui è capace una creatura.

Il Cristo a cui Veronica è profondamente unita è quello sofferente della passione, morte e risurrezione; è Gesù nell’atto di offrirsi al Padre per salvarci. Da questa esperienza deriva anche l’amore intenso e sofferente per la Chiesa, nella duplice forma della preghiera e dell’offerta. La Santa vive in quest’ottica: prega, soffre, cerca la “povertà santa”, come “esproprio”, perdita di sé (cfr ibid., III, 523), proprio per essere come Cristo, che ha donato tutto se stesso.

In ogni pagina dei suoi scritti Veronica raccomanda qualcuno al Signore, avvalorando le sue preghiere d’intercessione con l’offerta di se stessa in ogni sofferenza. Il suo cuore si dilata a tutti “i bisogni di Santa Chiesa”, vivendo con ansia il desiderio della salvezza di “tutto l’universo mondo” (ibid., III-IV, passim). Veronica grida: “O peccatori, o peccatrici… tutti e tutte venite al cuore di Gesù; venite alla lavanda del suo preziosissimo sangue… Egli vi aspetta con le braccia aperte per abbracciarvi” (ibid., II, 16-17). Animata da un’ardente carità, dona alle sorelle del monastero attenzione, comprensione, perdono; offre le sue preghiere e i suoi sacrifici per il Papa, il suo vescovo, i sacerdoti e per tutte le persone bisognose, comprese le anime del purgatorio. Riassume la sua missione contemplativa in queste parole: “Noi non possiamo andare predicando per il mondo a convertire anime, ma siamo obbligate a pregare di continuo per tutte quelle anime che stanno in offesa di Dio… particolarmente con le nostre sofferenze, cioè con un principio di vita crocifissa” (ibid., IV, 877). La nostra Santa concepisce questa missione come uno “stare in mezzo” tra gli uomini e Dio, tra i peccatori e Cristo Crocifisso.

Veronica vive in modo profondo la partecipazione all’amore sofferente di Gesù, certa che il “soffrire con gioia” sia la “chiave dell’amore” (cfr ibid., I, 299.417; III, 330.303.871; IV, 192). Ella evidenzia che Gesù patisce per i peccati degli uomini, ma anche per le sofferenze che i suoi servi fedeli avrebbero dovuto sopportare lungo i secoli, nel tempo della Chiesa, proprio per la loro fede solida e coerente. Scrive: “L’eterno Suo Padre Gli fece vedere e sentire in quel punto tutti i patimenti che avevano da patire i suoi eletti, le anime Sue più care, cioè quelle che si sarebbero approfittate del Suo Sangue e di tutti i Suoi patimenti” (ibid., II, 170). Come dice di sé l’apostolo Paolo: “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Veronica arriva a chiedere a Gesù di essere crocifissa con Lui: “In un istante – scrive -, io vidi uscire dalle Sue santissime piaghe cinque raggi risplendenti; e tutti vennero alla volta mia. Ed io vedevo questi raggi divenire come piccole fiamme. In quattro vi erano i chiodi; ed in una vi era la lancia, come d’oro, tutta infuocata: e mi passò il cuore, da banda a banda… e i chiodi passarono le mani e i piedi. Io sentii gran dolore; ma, nello stesso dolore, mi vedevo, mi sentivo tutta trasformata in Dio” (Diario, I, 897).

La Santa è convinta di partecipare già al Regno di Dio, ma contemporaneamente invoca tutti i Santi della Patria beata perché le vengano in aiuto nel cammino terreno della sua donazione, in attesa della beatitudine eterna; è questa la costante aspirazione della sua vita (cfr ibid., II, 909; V, 246). Rispetto alla predicazione dell’epoca, incentrata non raramente sul “salvarsi l’anima” in termini individuali, Veronica mostra un forte senso “solidale”, di comunione con tutti i fratelli e le sorelle in cammino verso il Cielo, e vive, prega, soffre per tutti. Le cose penultime, terrene, invece, pur apprezzate in senso francescano come dono del Creatore, risultano sempre relative, del tutto subordinate al “gusto” di Dio e sotto il segno d’una povertà radicale. Nella communio sanctorum, ella chiarisce la sua donazione ecclesiale, nonché il rapporto tra la Chiesa peregrinante e la Chiesa celeste. “I Santi tutti - scrive - sono colassù mediante i meriti e la passione di Gesù; ma a tutto quello che ha fatto Nostro Signore, essi hanno cooperato, in modo che la loro vita è stata tutta ordinata, regolata dalle medesime opere (sue)” (ibid., III, 203).

Negli scritti di Veronica troviamo molte citazioni bibliche, a volte in modo indiretto, ma sempre puntuale: ella rivela familiarità col Testo sacro, del quale si nutre la sua esperienza spirituale. Va rilevato, inoltre, che i momenti forti dell’esperienza mistica di Veronica non sono mai separati dagli eventi salvifici celebrati nella liturgia, dove ha un posto particolare la proclamazione e l’ascolto della Parola di Dio. La Sacra Scrittura, dunque, illumina, purifica, conferma l’esperienza di Veronica, rendendola ecclesiale. D’altra parte, però, proprio la sua esperienza, ancorata alla Sacra Scrittura con una intensità non comune, guida ad una lettura più profonda e “spirituale” dello stesso Testo, entra nella profondità nascosta del testo. Ella non solo si esprime con le parole della Sacra Scrittura, ma realmente anche vive di queste parole, diventano vita in lei.

Ad esempio, la nostra Santa cita spesso l’espressione dell’apostolo Paolo: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8,31; cfr Diario, I, 714; II, 116.1021; III, 48). In lei, l’assimilazione di questo testo paolino, questa sua fiducia grande e gioia profonda, diventa un fatto compiuto nella sua stessa persona: “L’anima mia – scrive - è stata legata colla divina volontà ed io mi sono stabilita davvero e fermata per sempre nella volontà di Dio. Parevami che mai più avessi da scostarmi da questo volere di Dio e tornai in me con queste precise parole: niente mi potrà separare dalla volontà di Dio, né angustie, né pene, né travagli, né disprezzi, né tentazioni, né creature, né demoni, né oscurità, e nemmeno la medesima morte, perché, in vita e in morte, voglio tutto, e in tutto, il volere di Dio” (Diario, IV, 272). Così siamo anche nella certezza che la morte non è l’ultima parola, siamo fissati nella volontà di Dio e così, realmente, nella vita per sempre.

Veronica si rivela, in particolare, una testimone coraggiosa della bellezza e della potenza dell’Amore divino, che la attira, la pervade, la infuoca. È l’Amore crocifisso che si è impresso nella sua carne, come in quella di san Francesco d’Assisi, con le stimmate di Gesù. “Mia sposa - mi sussurra il Cristo crocifisso - mi sono care le penitenze che fai per coloro che sono in mia disgrazia … Poi, staccando un braccio dalla croce, mi fece cenno che mi accostassi al Suo costato ... E mi trovai tra le braccia del Crocifisso. Quello che provai in quel punto non posso raccontarlo: avrei voluto star sempre nel Suo santissimo costato” (ibid., I, 37). E’ anche un’immagine del suo cammino spirituale, della sua vita interiore: stare nell’abbraccio del Crocifisso e così stare nell’amore di Cristo per gli altri. Anche con la Vergine Maria Veronica vive una relazione di profonda intimità, testimoniata dalle parole che si sente dire un giorno dalla Madonna e che riporta nel suo Diario: “Io ti feci riposare nel mio seno, avesti l’unione con l’anima mia, e da essa fosti come in volo portata davanti a Dio” (IV, 901).

Santa Veronica Giuliani ci invita a far crescere, nella nostra vita cristiana, l’unione con il Signore nell’essere per gli altri, abbandonandoci alla sua volontà con fiducia completa e totale, e l’unione con la Chiesa, Sposa di Cristo; ci invita a partecipare all’amore sofferente di Gesù Crocifisso per la salvezza di tutti i peccatori; ci invita a tenere lo sguardo fisso al Paradiso, meta del nostro cammino terreno, dove vivremo assieme a tanti fratelli e sorelle la gioia della comunione piena con Dio; ci invita a nutrirci quotidianamente della Parola di Dio per riscaldare il nostro cuore e orientare la nostra vita. Le ultime parole della Santa possono considerarsi la sintesi della sua appassionata esperienza mistica: “Ho trovato l’Amore, l’Amore si è lasciato vedere!”. Grazie.


Totus Tuus

Quando Mons.Frisina fa così lo sposerei...,
Lasciamoci educare dalla bellezza,dal silenzio a cui invita il canto,ascoltiamo come tutto si orienta,ci orienta a Lei.
Tota pulchra es Maria.
Grazie al buon Dio che dona queste tracce della Sua presenza e grazie anche all'autore del video che ne è stato strumento.



Siamo un pò tutti educatori,l'accostamento con Frisina è azzardatissimo,mi perdonerete



Sub Tuum Praesidium Confugimus Sancta Dei Genetrix

martedì 14 dicembre 2010

L’INVASIONE “NON VIOLENTA”… MA TENDENZIALE!

La musica ‘da Infedeli’

La musica maledetta può arrivare anche dalle note un po' stonate di un flauto dolce. L’unico rimedio è non ascoltare. La ragazzina ha i tappi alle orecchie. Lo vuole il padre, un imam di Reggello, a pochi chilometri da Firenze. I compagni di scuola suonano e solfeggiano, lei non può ascoltare. Silenzio. Suo padre è stato chiaro. Lo ha detto ai professori e al preside. Quei tappi, quella censura, salveranno l’anima e l’identità della figlia: «La musica è da infedeli, lei non può seguire le vostre lezioni».

Così lui, il padre padrone, ha chiuso la vicenda. O l’ora di musica la fa con le orecchie tappate o la figlia non andrà più a scuola. E allora il compromesso lo hanno dovuto trovare le insegnanti, lui ha dettato le regole […]: quando ci sarà lezione di musica la mamma o il papà andranno a scuola, entreranno in classe e le metteranno i tappi alle orecchie. […] Non importa se c’è una legge che parla di scuola dell’obbligo, non importa se alla bambina piace studiare, essere uguale ai compagni. L’imam continua a ripetere: «La mia religione vieta alle bambine di ascoltare la musica, tanto meno quella degli Infedeli». È per colpa di questa rigidità che l’anno scorso la bambina è stata bocciata. Troppe assenze. Gli insegnanti non hanno neppure potuto darle i voti, l’hanno vista troppe poche volte. La preside ha segnalato le assenze al sindaco, ai carabinieri. […] Intanto il giudice di pace alla notizia dei tappi ha commentato: «Una vittoria per la bambina». E così a Reggello ha vinto la rigidità di un imam che detta le sue regole. «È una sconfitta per la scuola» ha detto la dirigente scolastica. Ma Costantino Ciari, consigliere comunale a Pian di Scò, comune che confina con Reggello non ci sta: «Ma altro che sconfitta della scuola, è la sconfitta dello Stato. E nessuno, davanti a questa assurda scelta si è meravigliato. Hanno accettato in silenzio, per il quieto vivere. E che succede la prossima volta?». […] «Ma poi - continua Ciari - cosa succederà quando la ragazzina nell’ora di italiano dovrà leggere la Divina Commedia e troverà che Dante ha infilato Maometto all’inferno?».

(di Manila Alfano, 8 Dicembre 2010)


Due culture incompatibili. E la nostra si umilia


Per quanto possa sembrare paradossale, grottesco, al limite dell'inverosimile, l'episodio verificatosi a Reggello racchiude in sé, come in una sintesi essenziale, tutti gli elementi della incompatibilità della cultura occidentale, la nostra, con quella musulmana.
Perché cito prima la nostra e non, come si è soliti fare, quella musulmana? Perché sono i nostri politici che, nella loro ottusa ignoranza e superbia, si sono ostinati ad affermare che gli immigrati si «integrano»; che basta essere nati sul territorio italiano per essere «cittadini italiani»; soprattutto hanno imposto una classificazione delle religioni totalmente errata, ossia quella delle religioni come «religioni», mettendole tutte alla pari, incuranti di ciò che storici, etnologi, antropologi, hanno sempre affermato, ossia che ogni religione è una «cultura» e che la distinzione fra religione e cultura è un'acquisizione che riguarda soltanto noi.
Questo significa ovviamente che essere musulmani è vivere una cultura in ogni aspetto della vita e non soltanto nel momento della preghiera e che, di conseguenza, la nostra scuola è quasi del tutto in contrasto con i significati, i costumi, le regole, i precetti musulmani. Se analizziamo i particolari della vicenda di Reggello, ce ne accorgiamo subito. Figlia di un imam, ossia di un uomo particolarmente attento ai precetti, l'alunna cui è stato deciso di «tappare le orecchie» è prima di tutto di sesso femminile. È al sesso femminile che è vietato l'ascolto della musica, aggravato poi dal tipo di musica, quella degli infedeli. […] Ci rendiamo conto di quello che stiamo dicendo? A quale stato di regressione ci siamo ridotti? Un giudice di pace italiano che non ragiona più, che perde la testa di fronte a comportamenti che non è in grado di valutare e che abdica alla civiltà giuridica cui è chiamato per annullarsi di fronte a ciò che non è in grado di capire. Non facciamo orrore a noi stessi?
Guardiamoci bene in faccia: non sono in gioco i musulmani, siamo in gioco noi. Se poi passiamo all'oggetto della disputa, dobbiamo sentirci davvero ridotti al nulla. Non abbiamo sempre affermato che la musica è un linguaggio universale? L'unico linguaggio che elimina le differenze, che può garantire la comprensione e la pace in tutto il mondo? Certo, l'abbiamo gridato con gioia, mandando ovunque le nostre orchestre, convinti che nessuno quanto Claudio Abbado, quanto Riccardo Muti possano testimoniare l'unione fra i popoli. Ma questo è vero per noi, ossia per una civiltà che ha camminato in continuazione verso la libertà […].
È in base a questo continuo cammino verso la libertà che fra il nostro mondo e quello musulmano c'è un abisso incolmabile. Il Corano è fondato sulle credenze di un popolo di pastori nomadi di circa ottomila anni a. C., quello mosaico (i primi cinque libri dell'Antico Testamento); ha mantenuto sempre le stesse norme, gli stessi precetti, gli stessi tabù, da quelli fra i sessi, a quelli del cibo, dello spazio, del tempo, del vestiario e ha mantenuto sempre anche le stesse norme etiche, la stessa legge penale, quella che punisce il corpo, che si serve del corpo. È questo insieme che forma una cultura. Togliamoci dalla mente - ma soprattutto se lo tolgano dalla mente i politici - che i musulmani si possano o si debbano «integrare». Per farlo dovrebbero abbandonare la loro cultura-religione, cosa che non vogliono e non possono fare. La coesistenza porterà, come sta già avvenendo, a tribunali separati, scuole separate, quartieri separati e, per noi, alla peggiore vita possibile.

(di Ida Magli - 8 Dicembre 2010)

lA NOSTRA CULTURA





“Il Cristianesimo ha profondamente modellato questo Continente:
l’Europa non può e non deve rinnegare
le sue radici cristiane”.

Benedetto XVI




L’ideale della Contro-Rivoluzione consiste, dunque, nel restaurare e nel promuovere la cultura e la civiltà cattolica. […] Un’anima in stato di grazia è, in grado maggiore o minore, in possesso di tutte le virtù. Illuminata dalla fede, dispone degli elementi per formarsi l’unica visione vera del mondo. L’elemento fondamentale della cultura cattolica è la visione del mondo elaborata secondo la dottrina della Chiesa. Questa cultura comprende non solo l’istruzione, che è il possesso dei dati d’informazione necessari a una tale elaborazione, ma una analisi e un coordinamento di questi dati secondo la dottrina cattolica. Essa non si limita al campo teologico o filosofico o scientifico, ma abbraccia tutto il sapere umano, si riflette nell’arte e implica l’affermazione di valori che impregnano tutti gli aspetti dell’esistenza.Civiltà cattolica è l’ordinamento di tutte le relazioni umane, di tutte le istituzioni umane, e dello stesso Stato, secondo la dottrina della Chiesa. (Rivoluzione e Contro-Rivoluzione Parte I, Cap. VII, 2 B)

(I grassetti sono nostri)

Plinio Correa de Oliveira

http://www.pliniocorreadeoliveira.it/chi_siamo.htm

"Culattoni raccomandati"


pubblicata da Il Timone Mensile Cattolico il giorno martedì 14 dicembre 2010 alle ore 9.51

Vorrebbero imitare Julian Assange, il super ricercato mondiale che sta facendo tremare i grandi del pianeta per i suoi gossip-file raccattati a intercettare le chiacchiere di ambasciatori e consoli onorari davanti alla macchinetta del caffè. Si fanno chiamare “Iene”, forse perché lo sputtanamento altrui gli provoca attacchi di riso imbecille, ma assomigliano molto più a spelacchiati sciacalli, sempre pronti a denunciare con il ghigno sulle labbra le miserie umane (quelle degli altri) e per questo ricevono lauti compensi. Si spacciano per reporter ma fanno del giornalismo cabaret, usano attori e guitti per le loro inchieste fiction e si affidano alle forme di veline e soubrette in attesa di un posto al Grande Fratello.
Non siamo su Wikileaks ma più modestamente su Italia 1, la tv più trendy e spettinata dell’impero berlusconiano, voluta e tollerata così dal Cavaliere perché tanto la vedono in pochi. Ma sono quelli che mai andrebbero a posare il loro telecomando sulle gag di Emilio Fede o le ispirate benedizioni di Gerry Scotti, il paciarotto che tutte le nonne d’Italia vorrebbero come nipote. L’audience di Mediaset, si sa, è come l’arco costituzionale e quello di Italia Uno sarà forse scarso ma sufficiente a spingere un poveraccio di prete, a fine carriera e con vizietto inconfessabile, a buttarsi sotto il treno per la vergogna e il crepacuore.
Don Sergio Recanati aveva 51 anni: alcuni mesi fa era finito nel mirino della trasmissione tv “Le Iene” con l'accusa di aver molestato due ragazzi fingendo di fornire loro un supporto spirituale. In più servizi con telecamera nascosta le Iene lo avevano ripreso nei suoi tentativi di approcci e l’hanno mandato in onda.
E pure al cimitero, ucciso dalla gogna mediatica, quello inventata ben prima della comparsa delle Iene ma che oggi ha in quei pirlotti vestititi di nero come i Blues Brothers e nei blitz ricciani degli “inviati” di Striscia la Notizia l’espressione più compiuta e aggressiva. Questi non vanno a caccia di notizie, le creano, le inventano e le provocano. La loro realtà è la messa in scena: ai finti maghi e indovini mandano un finto cliente angosciato per l’amore perduto, al guaritore farlocco spediscono l’attore che si finge malato, a chi promette miracoli mandano clienti camuffandoli da tonti del villaggio.
Insomma: personaggi improbabili ma bravissimi nel loro lavoro di istigatori a delinquere. Così, avuto notizia di un prete con tendenze gay, le Iene hanno fatto scattare la trappola: hanno inviato una giovane comparsa a fare da esca nella tana del lupo, a risvegliare e stimolare nel sacerdote di Caravaggio le sue inconfessabili passioni. Fingendosi minorenne e omosessuale, il ragazzo si è presentato al prete per confidargli le sue preferenze sessuali. Dal video mandato in onda, si capisce che il sacerdote abbraccia il ragazzo e tenta di baciarlo.
Certo, il suo viso veniva oscurato e pure la voce camuffata, ma nel filmato c’erano indizi chiarissimi che portavano al riconoscimento del disgraziato prete: il gesticolare caratteristico, il modo di atteggiarsi e, soprattutto, l’inquadratura del santuario di Caravaggio dove il sacerdote aveva il suo ufficio. Dopo questo episodio, S. R. era stato sospeso dalle sue funzioni e inviato in una comunità di cura dove stava seguendo un percorso di recupero psicologico e spirituale. Finito sulla massicciata del diretto per Venezia.
Qualcuno dice che trasmissioni come “Le Iene” sono esempi di giornalismo. Anzi, di più: giornalismo di inchiesta. Adescare un prete, abbozzare alle sue toccatine, anzi, incoraggiarle, riprendere la scena di nascosto e mandarla in onda: tutta questa pagliacciata cos’ha a che vedere con l’informazione? Quale lo scopo dello scoop? Documentare che la Chiesa è zeppa di sacerdoti orchi, pedofili e pederasti? La prossima volta perché non ci mandano la Marcuzzi in topless in un convento di cappuccini a mettere alla prova la moralità dei frati? Oppure, la bella Ilary Blasi potrebbe andare fare la danza dei sette veli di Salomè nella grande moschea di Roma, nelle ore di punta del venerdì quando la concentrazione di iman e islamici barbuti è al suo massimo.
Certo, queste Iene della mutua si guardano bene dallo spedire il loro muscoloso attore a fare moine e ammiccamenti in un circolo dell’Arcigay. La mattina dopo sarebbero sommersi di proteste, contro di loro si scatenerebbe tutta la lobby omosex fino alle interrogazioni in Parlamento. Ma no, troppo rischioso per queste Iene spelacchiate scatenare l’ira dei gay organizzati o sfidare le scimitarre di Allah. Meglio andare a sfruculiare i bassi istinti di un pretazzo che tanto il Vaticano mica lancerà una fatwa contro il trio Medusa, Gimmy Ghione o Capitan Ventosa.
La Chiesa conta un fico secco, dunque nel suo recinto c’è libertà di fuoco. Cialtroni per ruolo e molestatori (loro sì) di professione, quando azzannano una preda non la lasciano più: la puntano, l’assaltano, la inseguono, la tormentano sperando che questa, presa dall’esasperazione, sbrocchi e dia in escandescenze davanti alle telecamere. Meriterebbero di venire allontanati con un bel calcio in culo, ma il più delle volte i torturati si sottomettono volentieri al supplizio, i politici poi paiono godere in special modo.
Non tutti infatti hanno il coraggio che ebbe l’allora sottosegretario ai Beni culturali, Vittorio Sgarbi, quando querelò i conduttori delle Iene per averlo definito “un drogato”, “parlamentare assenteista che ruba lo stipendio”. Sgarbi chiese quasi 52 milioni di euro come risarcimento per il danno d’immagine subito. In un'altra occasione, il focoso critico arrivò a spaccare in testa il Tapiro di polistirolo al noioso Staffelli e a respingere l’ennesimo assalto delle Iene al grido di: “Culattoni raccomandati”.
Beh, il povero prete di Caravaggio non ha chiesto indennizzi milionari né ha scagliato il suo crocefisso sul finto gay: si è buttato in silenzio dal ponte della ferrovia nelle campagne di Caravaggio, schiacciato dalla vergogna e dall’insopportabile fragilità. Ovvio, le Iene non si aspettavano questo epilogo né lo desideravano, ma sarà bene che riflettano, come ha ammonito il vescovo di Cremona ai funerali di don Sergio, a quali estremi può portare l’incosciente caccia al mostro, il prendersi gioco “di tutto e di tutti senza pensare alla loro sofferenza”.
Usare della vita degli altri per alzare l’audience televisivo è roba da aguzzini, da kapò e criminali mediatici. Confondere il giornalismo con il far west e la messa alla gogna dei più deboli è invece da codardi, da giustizieri e sceriffi senza stella che vogliono arrestare mezzo mondo solo per far divertire l’altra metà.


Luigi Santambrogio
ilsussidiario.it

domenica 12 dicembre 2010

Dio? E' morto!



Si è evidentemente trattato di un caso di diagnosi affrettata,più probabilmente s'era trattato di un mancamento ,da quelle parti il caldo può fare brutti scherzi e l'incauto e frettoloso "osservatore" ,aveva redatto un referto inadeguato(Dio è morto) ,forse anche Fazioso.E' anche possibile che il soggetto: Dio(del resto capire dove comincia Dio e dove Gesù non è così semplice),si fosse semplicemente assopito.Suo figlio deve pur aver preso da qualcuno se è stato in grado di addormentarsi su una barca,nel mezzo di una tempesta.I discepoli ,in questo ,hanno semplicemente seguito,troppo alla lettera ,l'esempio del Maestro addormentandosi ,per ben tre volte ,nell'orto degli ulivi.Quindi, assodato che morto morto non è ,vi dico che a me sembra vivissimo e con giustificate manie di protagonismo.Ecco il perchè,i fatti:ieri sera a Cremona c'è stata la mensile Luce nella notte,era la mia prima dopo un 4 Novembre che difficilmente dimenticherò.E' stata quella ,una data che avrebbe potuto provocare danni pazzeschi ,invece il buon Dio ha voluto assistermi o dovuto,visto le numerose e pressanti richieste che gli sono arrivate.Parlando con un'amica(termine forse riduttivo)nei giorni seguenti il felice esito della mia vicenda ,ci siamo confidati una comune obiezione che avevamo avuto e cioè che non necessariamente si dovesse attribuire al buon Dio, attraverso l'intercessione di Maria e di un esercito di Ssanti,la liberatoria conclusione di un lungo calvario, ma che semplicemente la soluzione stesse nelle cose,50 e 50,di qua o di là.Ebbene ieri sera o meglio circa quattro ore fa,Lui ha parlato,Deus mi dixit!Sono arrivato alla chiesa e sono entrato,come quasi sempre san Dante,il mio Vescovo era già là,ho pregato un po',poco e male come mi riesce molto bene ultimamente,poi qualche amico è venuto a salutarmi,uno in particolare Max (quello della Divina Volontà)mi ha chiesto per tre volte se volevo andare dal Santissimo,più che una domanda è stata una serie di :"se vai dimmelo che ti ci porto io".Io francamente non ne avevo voglia,poi c'era coda,non mi andava proprio.Dopo quasi un'ora qualcosa s'è smosso,sono andato a cercare il "molestatore" e mi sono fatto accompagnare.Quello che ci siamo detti e abbiamo detto a Gesù è affar nostro,ma voglio raccontarvi la sorpresa splendida che ho ricevuto,al termine della preghierapoco prima di salutare Gesù Eucaristia,Max è partito con l'Ave Maria,in croato,io e lui davanti al Santissimo abbiamo detto l'Ave Maria in croato,a me è esploso il cuore,per me quella preghiera, in particolare ,è solo in quella lingua,come si fa a Medjugorje,è così dalla prima volta che ci sono andato Maggio 2006.Bellissimo Max!Stragrazie!Ho pescato il bigliettino e sono andato a sedermi nei banchi,il mio regalo l'avevo già avuto,più per abitudine che per curiosità ho aperto il foglietto,era la Sua firma sulla mia vicenda personale: "Nell'angoscia ho gridato al Signore,mi ha risposto,il Signore,e mi ha tratto in salvo."(Salmo 117)
Ho faticato a trattenere le lacrime,di fronte all'evidenza ancora il mio razionalismo voleva il sopravvento,ma la mia risposta è la resa,avrò ancora obiezioni,resistenze,ribellioni,ma Lui ha voluto firmare la mia salvezza,Deus mi dixit e la mia risposta è il mio poverissimo e scalcagnato Totus Tuus!
Deus mi dixit!

p.s.
Dopo essere andato da Max ,per fargli leggere le parole di Dio per me,non ho potuto non andare da Dante,san Dante e condividere anche con lui il mio stupore e ,uscendo,da padre Marco,scosso ma felice e sorpreso ,come un bambino.

Dio sta veramente bene,io sono abbastanza scosso,ma:Deus mi dixit!

In manus Tuas Domini!

mercoledì 8 dicembre 2010

Mi babbonatalizzo con sobrietà,moderazione e utilità

Stasera prima di salutare il mio santo vescovo Dante,ed era già quasi mezzanotte,gli ho detto che avevo intenzione di scrivere un post sui regali di Natale,qualche indicazione per non buttare soldi e diventare un po' più grandi,lui mi ha detto:"si,digli che i regali siano sobri,moderati e soprattutto utili".M'è parso d'intravvederci,una preoccupazione, condivisa col Papa(ancora non lo conosco,ma chissà..),per la situazione economica generale del momento e allora da figlio di così grandi padri,senza pretesa di esaurire l'argomento provo ad affrontare la sfida in modo cattolico,per completini sexy,settimane bianche etc.troverete certamente indicazioni altrove.


Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica =9,5€

Regalo molto utile,soprattutto per i cattolici o cattoliconi,per i catto-comunisti,per gli spiritualoni,l'autore è la Chiesa Cattolica,il curatore l'attuale Papa,il contenuto deriva dal Magistero della Chiesa cattolica.Un Esempio:è da un po' di tempo che Benedetto XVI chiede alle varie autorità locali e trans-nazionali d'intervenire con ogni mezzo in difesa delle minoranze cristiane perseguitate,lo fece già Giovanni Paolo II ai tempi di Srebrenica,allora per mettere fine ai massacri di civili nei Balcani.Sia l'attuale che il precedente non hanno invocato l'intervento delle clarisse,certamente l'hanno fatto e lo fanno sempre,chiedono ha chi ne ha la forza d'intervenire.Opinione mia?Leggete i punti 2263-2267.




Memorie e digressioni di un italiano cardinale=25 €
Un importante testimone del nostro tempo si racconta, con ironia e franchezza: Giacomo Biffi sceglie "al guazzabuglio dei giorni trascorsi" i fatti, le parole, le persone "meritevoli di essere salvati dalla dimenticanza". Emerge così dal passato il vivido ricordo della casa natale, della scuola, della sua formazione umana e cristiana; quindi la preparazione all'ordinazione presbiteriale, i trent'anni al servizio della Chiesa di Milano, per giungere infine al periodo trascorso alla guida della Chiesa di Bologna.


Attacco a Ratzinger= 18 €
Solo a scorrere le prime pagine dei giornali e le rassegne stampa internazionali ci si accorge di come sia in atto un attacco alla Chiesa, al papato e, in particolare, alla figura dell'attuale Pontefice. Un attacco dimostrato dal pregiudizio negativo, pronto a scattare su qualsiasi cosa il Papa dica o faccia, pronto a enfatizzare e creare "casi internazionali": le polemiche suscitate dal discorso di Ratisbona; il caso clamoroso delle dimissioni dell'arcivescovo di Varsavia Wielgus, che aveva collaborato con i servizi segreti comunisti; le critiche mosse alla pubblicazione del documento che liberalizza l'uso della messa antica; la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, coincisa con la diffusione dell'intervista negazionista di uno di loro; la crisi diplomatica per le dichiarazioni sul preservativo durante il viaggio in Africa; il dilagare dello scandalo degli abusi sui minori. C'è una strategia orchestrata dietro questo attacco? O piuttosto un'assenza di regia e di strategia comunicativa? E questo attacco ha origine solo fuori della Chiesa o nasce anche all'interno degli ambienti ecclesiali? Due vaticanisti svolgono un'inchiesta a tutto campo, che documenta tutto ciò che è avvenuto, facendo parlare i protagonisti e gli osservatori più qualificati, raccogliendo carte e testimonianze, che aiutano a ricostruire quanto accaduto nei sacri palazzi, e più in generale nella Chiesa, durante le crisi di questi primi cinque anni di pontificato.


Luce del mondo= 19.5 €
Un libro intervista di fondamentale importanza per comprendere il rapporto tra Chiesa, fede e società contemporanea. "L'essere cristiano è esso stesso qualcosa di vivo, di moderno, che attraversa, formandola e plasmandola, tutta la mia modernità, e che quindi in un certo senso veramente la abbraccia. Qui è necessaria una grande lotta spirituale, come ho voluto mostrare con la recente istituzione di un "Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione". È importante che cerchiamo di vivere e di pensare il Cristianesimo in modo tale che assuma la modernità buona e giusta, e quindi al contempo si allontani e si distingua da quella che sta diventando una contro-religione" (Benedetto XVI).


Adozione a distanza=400 € più o meno.

Qua mi ci gioco io,potreste scegliere tra mille organizzazioni,ma io vi chiedo ,se potete puntate verso Medjugorje,verso Majcino Selo,sarà un'ottima cosa per loro,ma anche per voi,poterli andare a trovare là dove la Madonna appare da quasi trent'anni.Io lì ho una ragazzina di 15 anni adottata a distanza quattro anni fa,lei e suo fratello di 13 anni sono i "fratelli maggiori" dei miei figli,sono uno splendido dono di Maria.Ogni volta che andiamo a Medjugorje cerchiamo di passare con loro almeno mezza giornata,fa bene a noi stare con loro,sono proprio belli come il sole,sono figli della Gospa del resto.



Potete aiutare i bambini anche con una DONAZIONE. E’ necessario assicurare ai bambini normali condizioni di vita e questo significa non far mancare loro l’elettricità, l’acqua, il riscaldamento... tutte queste spese si coprono con le vostre offerte che potete versare sul conto-corrente:

UniCredit Bank d.d.
s.w.i.f.t.: UNCRBA 22
IBAN: BA393380604802781703
Account No.: 5020120/48-06-027817
Indirizzo: Ustanova za predškolski odgoj i skrb "Majčino selo", 88266 Bijakovići – Međugorje, Bosna i Hercegovina

Potete aiutare i bambini nel “Villaggio della Madre” anche decidendo di diventare il padrino o madrina di uno di loro. Questo significa innanzitutto desiderare di instaurare con questo bimbo un rapporto d’amicizia e fiducia, e pian-piano iniziare a prendersi cura del suo futuro. Se siete interessati a compiere questa “adozione a distanza” inviateci una mail o una lettera all'indirizzo sottostante. Noi vi inoltreremo le informazioni sul bambino che ha bisogno di essere adottato.

Indirizzo: «MAJČINO SELO»
88266 Bijakovići – Međugorje, Bosna i Hercegovina

nostro e-mail: vita@tel.net.ba
http://www.mothersvillage.org/index.php


Abbonamento a "Il Timone"= 40 €


E' norma di buona educazione presentarsi, visto che entriamo nel cuore dei lettori chiedendo loro di leggere, apprezzare e abbonarsi a "il Timone", mensile di formazione e informazione apologetica popolare.
La nostra carta di identità si risolve tutta in una parola, in una pregnante, decisiva qualifica: cattolici. Cattolici senza aggettivi, cattolici e basta. Uomini ai quali è stata donata la Fede, innamorati di Dio e membra vive della Chiesa, figli della Vergine Madre, fedeli al Santo Padre e ai suoi insegnamenti. Ma anche conquistatori di uomini e donne alla causa del Vangelo e della Chiesa, difensori della Fede e della cultura che ne deriva, apostoli della Nuova Evangelizzazione.
"il Timone" nasce per irrobustire la Fede dei lettori, infondere nei cuori la fierezza di essere cattolici, fornire argomenti per esporre le ragioni dei cattolici. Si propone come strumento da utilizzare per la Nuova Evangelizzazione, alla quale ci richiama, con passione e costanza, il Santo Padre.
E' una rivista di apologetica elementare. Di apologetica: per illustrare le ragioni di chi crede e parare gli attacchi di chi contesta la verità cattolica, disprezza la morale e denigra la storia della Chiesa. Elementare: destinata a tutti, giovani e adulti, uomini e donne, lavoratori e studenti, sacerdoti e laici.
Intorno a “il Timone” si è radunata una squadra di formidabili apologeti. Tra questi citiamo i vescovi Biffi, Negri e Grillo; gli studiosi e giornalisti Messori, Cammilleri, Introvigne, Corti, Tornielli, Pellicciari, Fanzaga, Gheddo, e molti altri.

http://www.iltimone.org/index.php?option=com_content&view=article&id=54&Itemid=11


Carta prepagata(Esselunga) = 10-25-50-100€



Sono molte le persone in difficoltà economica di questi tempi e se siete in rapporto con loro molto confidenziale anche un regalo in contanti può essere,anche se poco elegante,molto apprezzato,la forma più discreta è la carta prepagata a scalare.Io propongo l'Esselunga per una questione di prezzi e perché almeno sotto Natale non manderei gente a fare la spesa dai trinariciuti mangiabambini ,comunisti della coop ,sempre che il destinatario del regalo non abiti,sotto o sopra o di fianco al sunnominato supermercato,io non ci andrei nemmeno se ci abitassi dentro comunque...

Evidentemente anche altre catene hanno le stesse carte, che possono alleggerire, almeno in parte, alcune difficoltà.


Brooklyn Tabernacle Choir =dvd 15 € - cd 4 €...

Se proprio leggere vi fa paura,c'è un'altro ottimo modo di elevare lo spirito ed è attraverso la bellezza,in questo caso di voci magnifiche che interpretano canti spesso straordinari.
In italia dubito si possa trovare qualcosa loro,si deve ricorrere al loro sito ufficiale ,sapendo però che difficilmente per Natale il regalo sarà consegnato,arrivando lo stesso direttamente dagli Stati Uniti.Ve ne offro un'assaggio:





https://www.brooklyntabernacle.org/storehome.aspx


Padre Marcelo Rossi,dvd doppio = 20€ http://www.sonymusic.com.br/Artista.aspx?codigo=85570

Lo stesso criterio seppur in ambito diverso mi spinge a suggerirvi,il mio preferito,il più grande di tutti:san Padre Marcelo Rossi!Il mega concerto che ha tenuto nel circuito automobilistico di Interlagos è spettacolo per gli occhi,per il cuore per tutto.C'è lo stesso problema nel reperire in tempo utile il dvd del concerto,ma vale la pena ancora,forse,correre il rischio.








Donazione Nuovi Orizzonti = liberamente avete ricevuto,liberamente date


La Comunità Nuovi Orizzonti si pone l’obiettivo di intervenire in tutti gli ambiti del disagio sociale: per questo realizza azioni di solidarietà a sostegno di chi vive situazioni di grave difficoltà; svolge la sua attività avendo presenti tutte le realtà di emarginazione sociale, in modo particolare del mondo giovanile; per esso propone specifici interventi innovativi e un proprio programma di ricostruzione integrale della persona che unisce la dimensione psicologica a quella spirituale e umana.
Inoltre propone i valori della solidarietà, della condivisione, della cooperazione e della spiritualità come elementi essenziali per una piena realizzazione della persona.

Per sostenere i progetti di Nuovi Orizzonti:

Versamento su c/c bancario intestato a:
Ass. Nuovi Orizzonti
Unicredit Banca di Roma - Filiale di Piglio
IBAN IT49E0300274520000400404638
Swift BROMITR1472

Ass. Nuovi Orizzonti Onlus
Unicredit Banca di Roma - Filiale di Piglio
IBAN IT98F0300274520000400406641
Swift BROMITR1472
(offerte deducibili dal reddito)

Versamento su c/c postale n. 59604009 intestato a:
Ass. Nuovi Orizzonti Onlus
IBAN IT53W0760114800000059604009
Swift BPPIITRRXXX
(offerte deducibili dal reddito)


Donazione "La casa dei risvegli" = Liberamente avete ricevuto liberamente date


il buon Antonio Socci invita a sostenere questa associazione:" ...Per questo, in attesa di Natale, vorrei chiedere a voi, cari amici, di aderire alla sottoscrizione aperta dall’associazione “Gli amici di Luca onlus” per acquistare uno “stimolatore cerebrale” che potrà dare importanti risultati su pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza.La condizione penosa e terribile di molte persone che stanno uscendo dal coma è infatti quella di trovarsi come imprigionati nel proprio corpo di cui non riescono più a comandare i muscoli, i movimenti, le funzioni.Lo strumento che vogliamo donare alla “Casa dei risvegli” può fornire un aiuto straordinario a liberare questi ragazzi, facendo loro recuperare l’uso del proprio stesso corpo. E’ quindi una possibilità meravigliosa e per loro, una grande speranza !!!"

Questo è il link per sostenerli: http://www.amicidiluca.it/


Viaggio a Medjugorje = 30€ di media al giorno,pensione
completa+spese di viaggio




Perchè proprio Medjugorje? Perchè credo difficilmente si possa trovare al mondo un posto più straordinario di quello,più in grado di trasformare in meglio la vita delle persone.Perchè là la Madonna appare da quasi trent'anni,la Chiesa lo riconoscerà a suo tempo e se non dovesse riconoscerlo vorrà dire che avremo tutti scherzato,che per una strana allucinazione collettiva un paesino è diventato uno dei posti più attraenti e fraterni del mondo e sarà andata bene comunque.Perchè Medjugorje?Anche perchè le facce che s'incontrano là sono radiose,felici,amiche come da nessun altra parte.Perchè Nuovi Orizzonti e Comunità Cenacolo là ottengono le guarigioni più difficili,perchè Patrick e Nancy e tutti gli amici del castello lì trovi solo lì,perchè suor Emmanuel,suor Gabriella dell'Oasi della pace,Marina,il Podbrdo,il Krizevac,i rosari,l'adorazione,le preghiere di guarigione e liberazione,perchè lì se vuoi confessarti devi fare la fila almeno per un'ora o confidare in un sacerdote nei pressi della chiesa a tarda ora.Perchè vai lì,alloggi in pensione e scopri che l'albergatore(Boris) è una splendida creatura frutto della Comunità Cenacolo e per quanto possibile nel tempo diventa un amico,un fratello,un riferimento.Perchè lì se alloggi in casa di chi ti ospita poi succede che la padrona di casa diventa nonna Stana e sembra di stare in famiglia e i suoi nipotini ,pur parlando solo croato diventano amici fraterni dei tuoi figli.Insomma più di così c'è,immagino,solo Disneyland ma vi costa molto di più e non c'è la Madonna.


Chiedete al vostro sacerdote:per la terza volta, Liberamente avete ricevuto,liberamente date

Il vostro parroco,spesso è più povero di quanto pensiate,chiedetegli di cosa ha bisogno o se lui non ha bisogno saprà certamente indicarvi situazioni che hanno bisogno di aiuto e che in modo anonimo o diretto potrete sostenere.



Se proprio dovete fare regali mondani o avete ancora soldi da spendere,fatelo con classe,sta per uscire o è appena uscito in edicola,il nuovo Gentleman Oro,tradizionalmente ottima fonte d'isirazione,almeno per chi può permetterselo.

Dimenticavo...Buon Natale!(Quello con Gesù bambino)