martedì 25 giugno 2013

Medjugorje,messaggio del 25/06/2012

Cari figli! Con la gioia nel cuore vi amo tutti e vi invito ad avvicinarvi al mio cuore Immacolato affinchè Io possa avvicinarvi ancora di più al mio Figlio Gesù perché Lui vi dia la sua pace e il suo amore che sono il nutrimento per ciascuno di voi. Apritevi, figlioli, alla preghiera, apritevi al mio amore. Io sono vostra Madre e non posso lasciarvi soli nel vagare e nel peccato. Figlioli, siete invitati ad essere i miei figli, i miei amati figli perché possa presentarvi tutti al mio Figlio. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

San don Negri !

Le due sconfitte dei cattolici italiani
   
di Luigi Negri*20-06-2013
Cardinali
C’è una sensazione che avverto fortissima in questo periodo, che peraltro coincide con i miei primi cento giorni nella diocesi di Ferrara-Comacchio.

Da una parte c’è una incredibile attesa di una vera autorevolezza cristiana; attesa anche dai laici, perché non sono pochi coloro che, nello sconcerto attuale di una società evidentemente così empia, sentono il bisogno di una prossimità, il bisogno di essere accolti nelle istanze profonde della vita. E’ quella sensibilità che monsignor Giussani chiamava “il cammino al vero”, “la ricerca del volto umano”.

L’esigenza di questo cammino al vero è fortissima. E il rinnovarsi di una esigenza di verità e di bellezza, di bene e di giustizia supera quotidianamente, anche se in modo molto debole, questo grigiore del consumismo, del relativismo etico, dell’opinionalismo, di questo massmediaticamente corretto che inquina la vita della nostra società, dalle famiglie fino alle realtà sociali più impegnate o più impegnative.
C’è quindi una grande disponibilità del mondo, dell’uomo verso Cristo, verso la Chiesa.

Dall’altra parte però quello che mi colpisce dolorosamente, quasi fisicamente, è l’incapacità di essere all’altezza di questa domanda: non della Chiesa come istituzione ma della cristianità intesa come esperienza viva di Chiesa nel mondo.

Mi trovo spesso a pensare ai 37 anni contrassegnati dal grande Magistero, della grande testimonianza di Giovanni Paolo II, da questo straordinario riposizionamento della Chiesa di fronte al cuore dell’uomo, che ha riaperto il dialogo tra Cristo e il cuore dell’uomo. A questi 37 anni di un Magistero straordinario e di una capacità di dialogo con gli uomini ben prima e ben oltre visioni ideologiche e religiose; e agli anni non meno intensi e suggestivi, appassionati, di Benedetto XVI, nel suo infaticabile riproporre il cristianesimo come evento di compimento della ragione, dell’umanità; con quell’implacabile, dolcissimo insegnamento sul recupero della ragione, intesa in senso largo, compiuto, come apertura al mistero e non come affermazione delle propria capacità di organizzare scientificamente le conoscenze.

Ebbene, dopo tutto questo è come se la cristianità italiana sia quasi inebetita. Inebetita.
Così ora si profilano due sconfitte lancinanti per questa cristianità, a cui non avrei mai pensato di dover assistere, e che riempiono la mia vita di vergogna, perché è per affermare la verità della Chiesa e della sua missione contro queste tentazioni, che ho dedicato la mia vita di cristiano, di prete, adesso di vescovo, di ricercatore.

La prima sconfitta è incredibile ma si è ormai compiuta. Dopo che con Giovanni Paolo II, in perfetta linea con la tradizione magisteriale della Chiesa, si era affermata la fede come condizione di una autentica conoscenza della realtà, della storia e della società; dopo che si era compreso che la fede diventa cultura, per cui - come ha detto tantissime volte – “se la fede non diviene cultura non è stata realmente accolta, pienamente vissuta, umanamente ripensata”; dopo tutto questo sta ridiventando maggioranza quel dualismo fede e cultura per cui la cultura rappresenta una realtà autonoma dalla fede. Così che con la cultura nella migliore delle ipotesi si può accennare a qualche momento di “dialogo” o di “cortile”, espressioni che una adeguata razionalità e una adeguata consapevolezza di fede fanno fatica a definire nella loro obiettività.

Allora la fede si aggiunge alla cultura, ne rappresenta una introduzione di carattere spirituale, ne corregge o ne correggerebbe le conseguenze negative sul piano etico, aspetto questo assolutamente evidente quando si parla del rapporto fede-economia o fede-politica.

Che fine ha fatto la grande e spettacolare enciclica Caritas in Veritate, che invece affermava la pertinenza della fede nei confronti delle stesse strutture, delle stesse dinamiche economiche? Ogni tanto la si vede citare, ma giusto il titolo. Anche i cosiddetti economisti cristiani hanno ripiegato su questa posizione, sono tornati velocemente a quella eticità dell’economia, che nell’apparente semplicità dice tutto perché non dice niente. L’economista cristiano e poi il politico cristiano in questa visione dovrebbero così temperare i rigori del capitalismo selvaggio.

La fede invece forma la realtà; “la fede abilita noi credenti a interpretare, meglio di qualsiasi altro, le istanze più profonde  dell’essere umano e ad indicarne con serena e tranquilla sicurezza le vie e i mezzi di un pieno appagamento”, diceva Giovanni Paolo II l’8 dicembre 1978 a docenti e studenti dell’Università Cattolica, tra cui c’ero anch’io, e lo posso dire con un orgoglio che non si è mai andato stemperando. E ho percepito la straordinaria novità di quell’incontro, troppo velocemente archiviato anche nell’ambito dell’Università Cattolica cui pure era stato riferito in maniera privilegiata e preferenziale.

Non meno penosa dell’insorgere del dualismo fede-cultura, è l’altra grande sconfitta: l’insignificanza della presenza cattolica nell’agone sociale e politico. Oggi il voto dei cattolici è assolutamente insignificante nel panorama della vita italiana, come ebbe a dire giustamente il mio amico Alfredo Mantovano in un suo lucido intervento qualche mese fa.

Chi sono i cattolici che militano nella varietà di espressioni socio-politiche che esistono? Gente che personalmente la domenica mattina andrà a messa, ci si augura; che è a posto dal punto di vista di una certa devozione alla vita morale, a meno che non si tratti di vita matrimoniale perché lì allora si aprono centinaia e centinaia di eccezioni, più o meno clamorose o più o meno nascoste ma assolutamente maggioritarie anche tra i cattolici in politica. Gente che personalmente e individualmente può avere anche una certa pratica di pietà.

Ma ciò che caratterizza l’intervento di chi appartiene alla fede, la forma dell’intervento è la Dottrina Sociale della Chiesa. E il cuore della Dottrina Sociale della Chiesa sono i princìpi non negoziabili. Questi dettano le analisi di carattere socio-politico, e questi indicano anche le linee di un’azione che almeno dal punto di vista della cultura dovrebbero avere una certa unità. Dovrebbe esserci una certa unità dei cattolici in politica che poi può preludere a differenze dettate da valutazioni particolari e speriamo non soltanto da interessi particolari.
Le ultime elezioni invece sono state la sagra dell’individualismo e dell’opinionalismo. I cattolici hanno votato per tutti e a vantaggio di tutti, senza chiedersi se questo loro voto avrebbe poi significato eleggere delle presenze che avrebbero tutelato non gli interessi della Chiesa, ma gli interessi della ragione e della fede, cioè dell’umanità.

Tutto era avviato, la Provvidenza aveva avviato tutto perché ci fosse un risorgere della presenza cristiana, come presenza di popolo, come presenza culturale, sociale, politica. Che ne è ora della grande sfida della nuova evangelizzazione che abbiamo raccolto dal primo insegnamento di Giovanni Paolo II?

Tornano i dualismi che si collegano ad alcuni nomi nefasti per la cristianità italiana, passati o presenti, che il pudore e la carità di patria mi impedisce di citare.

Forse i magisteri paralleli stanno compiendo l’ultima e non meno grave delle loro vittorie. Ma la vittoria dell’individualismo culturale e della frammentazione della presenza politica dei cattolici, senza la custodia e la promozione dei princìpi non negoziabili, non è soltanto la sconfitta dei cristiani, come diceva Marcello Pera nella prefazione al mio volumetto “Per un umanesimo del Terzo Millennio”: “Qui se si perde, si perde tutti; se si vince si vince tutti”.

Per adesso, salvo che la Provvidenza riscompigli le carte, possiamo veramente dire che stiamo perdendo tutti.
* Arcivescovo di Ferrara e Comacchio,
- A monsignor Negri il premio Cultura Cattolica.

mercoledì 12 giugno 2013

Le perle de "La nuova Bussola Quotidiana"

Quando i cattolici si danno la zappa sui piedi
 
di Rino Cammilleri24-05-2013
Martinelli     
                                           
Il flop inaudito nelle sale del film di Renzo Martinelli su Marco d’Aviano e l’assedio di Vienna del 1683 farà passare la voglia a qualunque regista, anche il meglio intenzionato, di occuparsi di storia cattolica. Chi lo farà, dovrà per forza sollevare polemiche se vuole pubblicità. Dunque, dovrà mettere in scena lavori in cui i cattolici e la Chiesa fanno la parte dei cattivi, sperando che il Vaticano almeno protesti. Film onesti come 11 settembre 1683 o Cristiada non trovano alcun appoggio in casa cattolica.
Il popolo-bue cattolico semplicemente non sa nemmeno che esistono, e li fa fallire al botteghino. Complotti, retroscena, congiure antipapiste? No: insipienza e ignoranza. Dei cattolici. Infatti, non lo sanno ormai neanche i preti chi era Marco d’Aviano.
Quando fu beatificato questo cappuccino che salvò l’Europa, a un convegno nei suoi luoghi fui l’unico a ricordarne il ruolo politico, mentre i religiosi, teologi, preti e prelati presenti si dilungavano esclusivamente sulla di lui spiritualità, timorosi che parlare di storia avrebbe potuto urtare i «fratelli» musulmani. Silenzio, dunque.
Il beato Alberione fondò i Paolini proprio per la buona battaglia sulla stampa e nel cinema, mettendo addirittura mano personalmente al primo film a colori italiano, Mater Dei. E ancora nei primi anni Sessanta non c’era film che avesse speranza di riuscita se avesse trascurato il potente circuito delle sale parrocchiali.
Oggi, le pochissime parrocchie che hanno un cinema ci proiettano tutt’al più il cosiddetto film d’essai, che «fa discutere» e «suscita il dibattito», e pazienza se il devoto spettatore dovrà sorbirsi la solita scena erotica del tutto superflua, ma che i registi mettono lo stesso per la gioia della troupe. Così, l’aspirante regista cattolico è avvisato: faccia solo film su Francesco e Chiara (evitando giudiziosamente i miracoli), almeno andranno direttamente in dvd e qualche convento li comprerà.
Credete che negli altri settori vada meglio? Pensate alla fine che ha fatto un banchiere da messa quotidiana come Ettore Gotti Tedeschi, cacciato a pedate dallo Ior per beghe vaticane e al quale, come a segnale convenuto, tutte le porte ecclesiali si sono chiuse in faccia.
Ma torniamo alla cultura in senso più proprio. Sui media, i giornalisti cattolici si dividono in due categorie: quelli che lavorano per testate clericali e quelli che sono riusciti a farsi assumere in testate laiche. I primi non possono certo osare di contraddire chi paga loro lo stipendio, perciò sono fedelissimi alla «linea», qualunque essa sia. I secondi, si stimano fortunati ad avere un posto ambito, e solo a quello pensano (sì, certo, ci sono le eccezioni, ma sono in tutto due o al massimo tre), tenendo sempre presente il proverbio giapponese: «Al chiodo che sporge si picchia in testa».
Naturalmente, ad aiutare i fratelli nella fede a far carriera non ci pensano nemmeno, sia perché considerano precaria la loro, sia perché non sono certo massoni: questi ultimi, sì, che si spalleggiano l’un l’altro per infilare «fratelli» dovunque. Esiste anche, com’è noto, un «soccorso rosso», ma non uno «bianco» (eccezion fatta per i dossettiani, i quali non a caso occupano posti e cattedre che più prestigioso non si può, ma hanno nella Costituzione il loro Corano e sono «adulti», infatti militano nella sinistra laicista).
Sul versante dei libri la situazione è anche, se possibile, peggiore. La narrativa cattolica semplicemente non esiste, e non esiste perché nemmeno i cattolici la comprerebbero.
Esiste la saggistica, è vero, ma è una saggistica – mi si passi il termine – madonnara, oppure si tratta dell’ennesima riflessione-omelia di qualche prelato (il campione delle vendite italiane è ancora il defunto cardinale Martini). Parlo, naturalmente, dei libri che in classifica almeno ci vanno, anche se magari ci restano poco. Il resto, tutto il resto, è già tanto se copre le spese di edizione.
Voi mi direte, giustamente, che anch’io mi occupo ormai di Madonne. Il fatto è che gli editori non vogliono altro. E hanno ragione: se fate un giro nelle librerie «cattoliche» vedrete pile enormi di libri del cardinale Martini o sul nuovo Papa. Perché? Perché i cattolici comprano quelli, non altro. Dunque, l’editore investe su ciò che il mercato chiede.
Presentando in giro il mio libro su Medjugorje mi sono accorto che, nelle sale traboccanti, la gente voleva sentir parlare solo di miracoli del sole, guarigioni, conversioni clamorose. E basta. Il resto, semplicemente non interessa. Folle enormi vanno in Bosnia, vi si convertono, digiunano, pregano, ci portano i parenti e gli amici. Molti si trasformano in porta-gente a tempo pieno. Lodevolissimo. Ma che succede quando tutta questa gente scende dal Podbrdo? Dà luogo, lentamente, a una ricostruzione cristiana del mondo? No. Prega, digiuna, torna e ritorna a Medjugorje. Tutt’al più dà soldi e braccia all’ennesima casa di accoglienza per i drop-out della società contemporanea. Per il resto, ecco: adunate di preghiera, interminabili, con canti, rosari, messe, testimonianze.
Esattamente quel che i Padroni del Mondo vogliono dai cristiani: state in sacrestia a pregare, occupatevi dei «poveri» e non disturbate il Manovratore. E i cristiani, inquadrati dai loro pastori, eseguono. È vero, è un momentaccio per la Chiesa. Ma oggi, in Occidente, l’aggressione è culturale e amministrativa. Nell’Ottocento l’aggressione era, oltre che culturale e amministrativa, pure a mano armata e con tanto di cannoni a Porta Pia. Eppure, i cattolici di quel secolo reagivano non solo con la preghiera e i pellegrinaggi: fondavano banche, giornali, riviste, si costituivano in lobby per condizionare la politica. E senza trascurare i poveri e i drop-out.
Qual è la differenza tra allora e oggi? La differenza sta nel fatto che allora avevano alle spalle una Chiesa gerarchica compatta e fermissima nella dottrina, una Chiesa che non esitava un istante a espellere quei suoi membri che seminavano confusione. Naturalmente, l’espulso diventava un «martire del libero pensiero» e veniva portato sugli scudi dalla stampa laicista. Così come oggi. Ma il popolo cattolico era informato, e ufficialmente, che quello lì era passato al nemico.
Oggi la Chiesa gerarchica preferisce la misericordia, si dice, anche se permane l’impressione (per carità, solo un’impressione…) del “due pesi e due misure”.
Ma torniamo al nostro discorso sulla cultura cattolica. E al film di Martinelli. Nessuno si è preso la briga di far sapere (non dico di apologizzare, solo di far sapere) che esisteva un film che parlava bene della storia cristiana e della Chiesa. Perciò, scordatevi pure Cristiada, quantunque tratti un tema (papale) attualissimo: la libertà religiosa.
Se io fossi un regista, allora, ragionerei così: l’assedio di Vienna in costume costa una paccata di miliardi e non lo vede nessuno, un film con la Littizzetto costa pochissimo e incassa una paccata di miliardi. Perciò, scordatevi, cari cattolici, i film che parlano bene di voi e dei fatti vostri. Al massimo farò una fiction su papa Bergoglio, che è tanto simpatico e porta le scarpe nere. Su Ratzinger no, perché le portava rosse ed era troppo colto.
Una realtà benemerita che dovrebbe fare da cinghia di trasmissione verso la «base» sono i circoli culturali parrocchiali. I libri e gli autori cattolici che non trovano spazio sui grandi media spetta ad essi farli conoscere alla gente comune. Purtroppo (e parlo per lunga esperienza) c’è da farsi cadere la braccia. Infatti, tra le priorità della parrocchia la cultura o è l’ultima in lista o non c’è proprio.
Se ha bisogno dell’idraulico o dell’elettricista, sa bene che questi artigiani hanno un cachet e lo scuce senza fiatare. Così per l’avvocato o il medico o il muratore o l’ingegnere o il meccanico. Ma l’operatore culturale (chiamiamolo così) deve essere grato dell’invito e poi operare per puro «spirito di servizio».
Ci sono parrocchie provviste di chiese dotate di organi a canne colossali, per suonare i quali un tempo si stipendiavano organisti diplomati. Oggi gli organi tacciono, perché ci sono tanti ragazzini con la chitarra che suonano gratis e, anzi, volentieri.
Il risultato è che la musica liturgica è semplicemente sparita (e hanno voglia i papi attuali di insistere sulla «bellezza»…).
Morale: la cultura cattolica è morta per suicidio e bisogna farsene una ragione. I figli di questo mondo, come dice il Vangelo, sono stati più scaltri, e i figli di Maria sono stati pavidi e fessi. I primi sono sempre astuti come serpenti, i secondi ingenui come colombe. I primi hanno fatto bene il loro lavoro, i secondi no, perché Cristo aveva raccomandato a loro di essere sia astuti che candidi. Dunque, meritano quel che hanno, cioè niente.
Prenotiamoci, dunque, un posto nel prossimo pullman per Medjugorje. E facciamoci salire quei pochi che hanno ancora voglia di combattere, perché rischiano la fine dei soldati giapponesi nella jungla di Iwo Jima.

domenica 9 giugno 2013

Ad-Dio zietta cara



Tu non sei fuggita,grazie a Dio tu non hai potuto fuggire,hai portato fino in fondo la tua croce,ora riceverai il tuo premio.Tu che hai terminato il tuo supplizio intercedi ed accompagna chi è rimasto con un incolmabile vuoto nel cuore ed un eterno velo di lacrime negli occhi.


La Misericordia,il lupo ed il leone



La misericordia di Dio a volte,a dire il vero spesso,mi regala segni della Sua presenza e del suo amore irremovibile,il brano con cui ho aperto il post e di cui vi invito a cercare il testo e tradurlo,è spettacolare(io con l'inglese non me la cavo benissimo) è uno di questi segni.

Qualche giorno fa sono andato finalmente a trovare un'amica,non ero mai stato a casa sua,non è cattolica,almeno non nel senso reale del termine ed ero un po' curioso ed un po' contrastato all'idea di entrare in quella casa,uscendo mi guardavo intorno:statuette africane,quadri degli indiani d'America e proprio sopra la porta d'ingresso un bell'amuleto a "protezione" della casa.Francamente non mi piaceva sto "guardiano" come m'ha detto chiamarsi quel coso,tanti anni fa anch'io ne avrei voluto uno così,mi sono sempre piaciuti i film western e stavo sempre o quasi dalla parte degli indiani,ma adesso mi faceva un'impressione sinistra.Pensavo a cosa avrebbe detto padre Amorth di quella casa anche se un crocifisso c'era ed il parroco passa a benedire la casa se non ricordo male. L'amica salutandomi si raccomanda :"vai piano e sta attento che l'hai provocato ed è pericoloso farlo".Ripenso per un attimo al "guardiano" e per un secondo vacillo ,ma mi viene proprio immediato pensare a quella foto ,vista su Fb ,con la pecora su cui incombe il lupo che è sovrastato dal Leone e ribatto al volo che con me c'è il buon Dio è il "guardiano" che deve stare attento a come si muove non io.La prudenza prima di tutto e nessuna presunzione ma ogni cosa al suo posto:17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».(Mc 16,17-18)