mercoledì 12 maggio 2010

Cosa vuol dire pregare?




Pregare è principalmente accogliere una presenza, accogliere la Presenza.
Accogliere significa due cose: fare spazio; dedicare tempo.

Nella nostra borsa troviamo di tutto: lo spazzolino, lo shampoo, uno specchio, un grembiule, l’agendina, il cellulare, il lettore CD, ecc.. Sono segni di ciò che occupa le nostre giornate, di ciò che occupa lo spazio della nostra mente e del nostro cuore. Noi siamo occupati, a volte assediati da queste cose. Occupati e spesso preoccupati da tutte queste cose: non solo le viviamo, ma le viviamo con ansia, con ansia da prestazione.
Guardiamo un attimo il nostro orologio e facciamo mente locale. Il calcolo è abbastanza semplice:
· in media trascorriamo 7/8 ore a dormire (tra sonno notturno e pisolini vari): 1/3 della giornata se ne va nel sonno…
· 8 ore le passiamo al lavoro: ancora 1/3 della giornata che se ne va…
· nelle restanti 8 pensiamo a lavarci, cucinare, mangiare, sistemare la casa, rilassarci un po’, guardare la TV, ascoltare la Radio, ecc.
Domanda: QUANTO TEMPO RIMANE PER IL SIGNORE ? Luca 10,41: Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno…”
Pregare è accogliere la Presenza del Signore. È farGli spazio e dedicarGli del tempo.
Ad una mistica ungherese Gesù diceva: “Tra me e te non ci sia neppure un capello.” Immaginiamo la scena: io e Gesù seduti su una panchina di un parco, e tra me e Lui un fracco di cose: come possiamo abbracciarci?
Pregare è stare alla Presenza del Signore. E restarci. Perché spesso ci viene voglia di scappare (e il diavolo non ci aiuta in questo). E infatti scappiamo: con la testa (pensieri, immagini, ecc.); con il cuore (freddi, arrabbiati, stanchi, dubbiosi, sfiduciati, ecc.); con il corpo (anche la nostra posizione corporea la dice lunga su come stiamo vivendo e come vogliamo vivere la preghiera!).
Ma cosa vuol dire stare alla Presenza del Signore?
1. Guardare ed essere guardati: la preghiera è essenzialmente un guardare ed un essere guardati; fissare gli occhi su Gesù ed aprirsi progressivamente alla consapevolezza di essere veramente guardati da Lui. A questo proposito c’è un bellissimo aneddoto. Il Curato d’Ars, incuriosito da un contadino che ogni giorno sostava in fondo alla Chiesa senza fare o dire nulla, gli ha domandato: “Cosa fai durante tutto questo tempo?”. E il contadino, con molto candore, gli ha risposto: “Niente. Io Lo guardo e Lui mi guarda”. S. Teresa d’Avila scrive: “Ora, dopo aver visto la sublime bellezza del Signore, non trovai più nessuno che al Suo confronto mi apparisse così piacevole da occupare ancora la mia mente.” E qui dà un suggerimento per quando siamo tentati o ci sentiamo oppressi da qualche preoccupazione: “Mi bastava gettare mentalmente lo sguardo sull’immagine che di Lui portavo scolpita nell’anima, per sentirmi pienamente libera e sciolta da ogni impaccio.” Proviamoci anche noi: guardiamo Gesù negli occhi!2. Adorare. Cosa vuol dire? Riconoscere che Dio è Dio, che Lui solo è il Signore. Un tipico gesto d’adorazione degli Israeliti, compiuto dallo stesso Gesù molte volte, era la prostrazione. Salmo 44 (45), 12: “Egli è il tuo Signore: prostrati a lui.” Prostrarsi significa abbassarsi. La prostrazione è il gesto del povero di fronte al ricco, del debole di fronte al forte, del condannato di fronte al giudice, del suddito di fronte al re. La prostrazione implica tre movimenti: piegare le ginocchia; chinare il capo verso terra (appoggiarlo tra le ginocchia); aprire le braccia, protendendo il palmo vuoto (disarmato) delle mani. La prostrazione è il gesto della resa, incondizionata.
3. Riposare. Dopo esserci prostrati è Lui che ci innalza, è Lui che prende l’iniziativa e che ci fa sedere alla Sua destra. Nel Vangelo di Giovanni si dice una cosa stupenda: come Gesù appoggia il Suo capo sul seno del Padre (dice proprio seno, non petto), così Giovanni, il discepolo amato, poggiava il capo sul petto di Gesù, cioè c’era un’intimità fortissima fra i due. Questo privilegio permette a Giovanni di raccogliere le confidenze di Gesù e di partecipare del dolore del Maestro: infatti riceve il nome del traditore. E questa intimità fra Gesù e il discepolo amato è abilmente sfruttata da Pietro che manda avanti a Giovanni per conoscere il nome del traditore. Come non vedere in questo il ministero dell’intercessore? Riposare sul petto di Gesù per raccogliere le Sue confidenze e portare al Maestro le domande dei fratelli.
Domandiamoci: perché esistono i mistici? Perché, non potendosi sfogare con i Suoi consacrati (tutti i battezzati!), Gesù sceglie un’anima su cui riversare tutto il Suo amore: la elegge per farne un segno del Suo amore folle! E badate che il Signore dice: “Quello che io ho fatto con Maria SS., con S. Giuseppe, con S. Francesco, con S. Domenico, con S. Caterina, con S. Faustina, ecc., lo voglio e lo posso fare anche con te… Non porre limiti al mio amore!”. E cosa accade nell’intimità dell’abbraccio tra l’anima e il Signore? Si ascolta il respiro dell’altro, si coglie il battito del suo cuore, cioè lo si percepisce vivo, presente, lì per noi. Questo avviene nella preghiera, questo avviene nell’adorazione: se ci abbandoniamo a questa intimità con il Signore, noi riusciamo a percepire la Sua presenza, il Suo essere vivo, accanto a noi, lì per noi.




Matteo.

2 commenti:

Max ha detto...

Amen, Amen, Amen!! Grante Teo, che il Signore ti bendica per questa tua ricchezza d'animo.
Mi soffermo a precisare solo una cosa. Matteo dice che abbiamo 8 ore per dormire la notte. E quindi perchè sprecare questo tempo quando anch'esso può essere "donato" al Signore ? Volete sapere come... eccovi la risposta: "Contiuando il mio solito stato, mi abbandonavo tutta nel Santo VOlere del mio Gesù, e sentendo bisogno di riposarmi dicevo tra me "anche il mio sonno nella Tua Volontà; non altro voglio che prendere il vero riposo nella braccia del tuo Volere." e Gesù: "Figlia, stendi su tutte le creature il tuo riposo come manto da coprirle tutte, perchè solo nel mio Volere c'è vero riposo, e siccome avvolge tutto, riposando nella Mia Volontà, ti stenderai su tutti per impetrare a tutti il vero riposo. Quanto è bello vedere una Nostra creatura riposare nelle braccia della Nostra Volontà! Ma per trovare vero riposo, è necessario che metta via tutti i suoi atti, le sue parole, il suo amore, i suoi desideri ecc., nel Nostro Volere, affinchè come prendano posto in Esso, così recevano il riposo ed Io mi riposo in loro. Tutte le opere allora danno riposo quando si compiono, ma se non compiute, danno sempre un pensiero, un da fare che rende inquieto il vero riposo." (Luisa Piccarreta, "Libro del Cielo", vol. 14, 11 settembre 1922)
Quindi cari miei alla sera per chi vuole: "Gesù ti amo con la Tua Volontà, vieni Divina Volontà a riposare nel mio riposo, vieni con la Tua Umanità, Divinità, Divina Volontà"... e Santa Notte a tutti :-) A presto !. Max

Paolo ha detto...

Devo almeno in parte dissentire,anzi ho una forte "dissenteria",il don Gius che non era un tipo molto volatile, ha sempre insegnato questo:san Paolo raccomandava ai primi cristiani: «Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore» (Rm 14,7-8). E ancora: «Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio» (1Cor 10,31). E infine: «Sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui» (1Ts 5,10). Sia che mangiate sia che beviate, sia che dormiate sia che vegliate, sia che viviate sia che moriate... È la sintesi di tutta l’espressività umana, investita e trasformata dalla fede vissuta in una comunione, inizio del mondo nuovo che si realizzerà definitivamente nell’ultimo dei giorni, quello in cui Cristo sarà “tutto in tutti”.
Da oggi al giorno della gloria finale di Cristo c’è tutto il tempo della storia, che è il grande alveo della missione: non un programma, un progetto o un calcolo, perché, come ha scritto Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte, «non una formula ci salverà, ma una Persona e la certezza che essa ci infonde». Vale a dire, la missionarietà cristiana è la testimonianza «da persona a persona», come disse un giorno il cardinale Ratzinger, del cambiamento che Cristo ha già realizzato in me che ne do notizia sul luogo di lavoro, a scuola, in casa, rendendo partecipe il fratello uomo della verità incarnata che è Gesù di Nazareth.
E questa passione missionaria giunge a desiderare di dare vita a forme sociali o di rendersi incidente nella società in modo tale che l’avvenimento cristiano sia presente nel mondo. È il concetto di “opera”, opus Dei, che la tradizione della Chiesa ha visto ingigantire nel tempo fino a diventare fattore di civiltà: pensiamo al tanto vituperato Medioevo (un’epoca in cui la fede era il determinante di tutto, mentalità e azione, ciò che dava unità a tutto il popolo).
Se le ore di sonno o di lavoro sono diverse da quelle dedicate alla preghiera,il don Gius come Josemaría Escrivá de Balaguer,come san Giuseppe e tantissimi altri,si ribaltano nella tomba.