Il Wall Street Journal parla ormai apertamente di «cristianofobia islamica». Il prestigioso organo di stampa americano prende spunto da un rapporto aggiornato sulla libertà religiosa, pubblicato dall'associazione non profit «Open Doors USA», che nel suo annuale World Watch List passa in rassegna le nazioni dove più violente sono le persecuzioni contro i cristiani. Ebbene, tra i cinquanta paesi della lista, ben trentacinque sono musulmani. Tra i dieci paesi in capo all'elenco, otto sono musulmani (e precisamente Iran, Arabia Saudita, Somalia, Maldive, Afghanistan, Yemen, Mauritania, Uzbekistan), mentre due (Corea del Nord e Laos) sono governati da regimi comunisti.
Al primo posto tra i paesi persecutori dei cristiani vi è un relitto dell'epoca veterocomunista, vale a dire la Corea del Nord. «In questo paese - scrive Giulio Meotti su Il Foglio del 12 gennaio - ogni manifestazione religiosa è considerata "insurrezione antisocialista" ed è permesso soltanto il culto di Kim Jong-Il. Il regime ha sempre tentato di ostacolare la presenza religiosa, in particolare di buddisti e cristiani, e impone ai fedeli la registrazione in organizzazioni controllate dal partito. Sono frequenti le persecuzioni violente nei confronti dei fedeli e di coloro che praticano l'attività missionaria. Da quando si è instaurato il regime comunista nel 1953, sono scomparsi circa trecentomila cristiani e non ci sono più sacerdoti e suore, forse uccisi durante le persecuzioni. Attualmente sono circa ottantamila quelli che nei campi di lavoro sono sottoposti a fame, torture e morte». Va detto che un analogo regime comunista, quello del Laos (al potere dal 1975), ha dichiarato espressamente di voler eliminare i cristiani, perché considera il cristianesimo una violazione dei costumi laotiani e una «religione straniera imperialista» (sic!) appoggiata da interessi politici occidentali e americani. I cristiani sono quindi considerati sovversivi e nemici dello stato.
Dopo l'infausto regime nord-coreano, nella lista dei persecutori figurano i regimi islamici, a partire dall'Iran e dall'Arabia Saudita. Nel rapporto di «Open Doors», l'Iran risulta essere uno Stato che arresta e tortura persone a causa della fede. Va ricordato che i cristiani in Iran sono 360 mila su una popolazione di 65 milioni di abitanti; i cattolici sono 25 mila. Nel 2009 Teheran ha fatto arrestare 95 cristiani e l'anno precedente una coppia di missionari era stata torturata a morte. Chi viene rilasciato viene controllato e continuamente minacciato. Nel 2009 le autorità iraniane hanno chiuso diverse chiese cristiane, soprattutto per evitare il rischio di nuove conversioni di musulmani al cristianesimo. In questo paese l'apostasia è punita con la pena di morte. Stessa sorte per chi abbandona l'islam nello Yemen. Per non parlare dell'Arabia Saudita, dove è vietato ufficialmente ogni culto non islamico. «La polizia religiosa - scrive ancora Meotti - si occupa di monitorare la pratica di altre religioni e ha poteri enormi. Così si registrano arresti sommari e torture di fedeli cristiani in carcere. Spesso la polizia religiosa detiene cristiani che vengono liberati solo dopo aver firmato un documento in cui abiurano la loro fede. I lavoratori non musulmani sono soggetti all'arresto, alla deportazione e alla prigione, se vengono sorpresi nell'esercizio di qualsiasi pratica religiosa, oppure se vengono accusati di detenere materiale religioso e di proselitismo». Nella Somalia islamica le cose vanno di anno in anno peggiorando: i cristiani vengono tenuti sotto stretto controllo dal governo e dalla milizia islamica. Nel 2009 sono state undici le persone uccise a causa della fede; molte altre sono state costrette a fuggire, altre ancora sono state torturate e sottoposte a veri e propri lavaggi del cervello.
Le persecuzioni contro i cristiani sono la regola anche in paesi che non ti aspetti: alle Maldive, ad esempio, rifugio dorato di tanti vacanzieri, i cristiani possono praticare la fede solo in segreto, altrimenti finiscono in prigione o convertiti a forza all'islam. Situazioni che ormai costituiscono la norma della maggior parte dei paesi islamici, anche di quelli dove un tempo le persecuzioni contro i cristiani erano attenuate e che ora invece si rivelano sempre più permeabili ad una crescente radicalizzazione dell'odio e del fanatismo. E' il caso della Malaysia, dove molti luoghi di culto non islamico vengono demoliti, il forum interreligioso è stato più volte interrotto e c'è una diatriba sul diritto dei non musulmani ad essere giudicati da una Corte civile. E' il caso dell'Egitto, dove a Natale hanno sofferto persecuzioni ed omicidi i cristiani copti, e dove il tessuto sociale freme di ostilità contro i cristiani. E' il caso della Mauritania, dove chi si professa cristiano in pubblico è perseguito penalmente. E' il caso del Libano, dove i cristiani maroniti sono stati recentemente minacciati da Nasrallah (capo della milizia fondamentalista di Hezbollah) con queste parole: «Ricordatevi che neanche tutta la potenza militare americana riesce a proteggere i cristiani dell'Iraq». E situazioni di aggressioni, vessazioni, persecuzioni anti-cristiane si registrano pervasivamente in altri paesi islamici, a partire dal Sudan, dal Pakistan, dall'Iraq. Ha scritto Roberto Fontolan su Il Sussidiario: «Non tutti i regimi musulmani ce l'hanno con i cristiani, ma anche dove viene assicurata ufficialmente una certa libertà religiosa, ci pensano le mentalità diffuse nella società a ostacolarne la pratica. E quando le due realtà (società e regime) si coniugano nella "geometrica potenza" di uno Stato-sharia, ecco la persecuzione legittimata e protetta. Per i cristiani dell'Oriente, Vicino ed Estremo, vivere nel mondo musulmano si fa sempre più difficile».
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