lunedì 24 gennaio 2011

I rapporti tra Dio e l'anima


Cari Amici, dopo tutte queste vacanze rieccomi a voi nel mio angolino su questo blog di Paolo. Nelle varie letture intraprese di recente che approfondiscono il tema della Divina Volontà, mi è capitato di leggere i quaderni di Maria Valtorta (chi segue Radio Maria la conoscerà!) che, rispetto alla Luisa Piccarreta (la quale di certo non sarà gelosa :-) ), è più contemporanea. In specie mi piace l'idea di proporvi un brano dai Quaderni del 1943; a differenza dell'Opera “Libro del Cielo” della L. Piccarreta, qui Gesù spazia oltre alla Sua Amabile Volontà, però in questo brano, con infinita dolcezza, ci fa capire alcune cose molto utili circa il nostro benessere e circa il distacco dalle cose “che san di terra” per occuparci delle cose che “san di cielo”. Ovviamente non posso non notare un certo stile espositivo che è il Suo quindi, senza anticipare giudizi che non competono a me, personalmente riconosco Lui nelle parole che leggerete. Buona lettura.
(dai quaderni di Maria Valtorta, 13 ottobre 1943, sera)
Gesù dice:
“ Parlo a te per tutti, per spiegare gli amorosi rapporti fra Dio e l'anima.
Non per vano modo di dire sono chiamato “sposo” delle anime vostre. Vi ho sposate con rito di dolore e vi ho dato per dote il mio sangue, poiché siete così povere, da voi stesse, che sareste state un disdoro per la dimora del Re. Nel regno del Padre Mio non entrano coloro che sono denudati da ogni veste. Io vi ho tessuto la veste nuziale e l'ho tinta di porpora divina per renderla ancora più bella agli occhi del Padre Mio; Io vi ho incoronati del mio serto, perchè chi regna porta corona, e vi ho dato il mio scettro. Veramente ciò avrei voluto darlo a tutte le anime, ma infinite hanno spregiato il mio dono. Hanno preferito le veti, le corone e gli scettri della Terra, la cui durata è così relativa e la cui efficacia così nulla rispetto alle leggi dello Spirito.
Onori, ricchezze, glorie Io non le maledico. Dico solo che non sono fine a sé stesse, ma sono mezzi per conquistare il vero fine: la vita eterna. Bisogna usarne, se la vostra missione di uomini ve le affida, con cuore e mente pieni di Dio, facendo di queste ricchezze ingiuste non ragione di rovina, ma di vittoria. Essere poveri di spirito, guadagnare il Cielo con le ricchezze ingiuste (vedi Matteo 5,3; Luca 16,9): ecco due frasi che capite poco. Poveri di spirito vuol dire non avere attaccamento a ciò che è terreno; vuol dire essere liberi e sciolti da ciò che è veste pomposa, come umili pellegrini che vanno verso la meta godendo degli aiuti che la Provvidenza elargisce. Ma non godendone con superbia e avarizia, ma sebbene come uccelli dell'aria, che beccano contenti i granelli che il loro Creatore sparge per i loro piccoli corpi e poi cantano di gratitudine, grati come sono della piumosa veste che li ripara, e di più non cercano, e non si rammaricano con ira se un giorno il cibo è scarso e l'acqua del cielo bagna nidi e penne, ma sperano pazienti in Chi non li può abbandonare. Poveri di spirito vuol dire vivere dove Dio vi ha posti, ma con l'animo staccato dalle cose della Terra ed unicamente preoccupato di conquistare il cielo (…).
Guadagnare il Cielo con le ricchezze ingiuste vuol dire esercitare carità di ogni forma nelle glorie della Terra. Matteo, il pubblicano, ha saputa fare delle ricchezze ingiuste, scala per penetrare in Cielo. Maria, la peccatrice, ha saputo, rinunciando agli artifizi con cui rendeva più seducente la sua carne e usandoli per i poveri di Cristo, cominciando da Cristo stesso, santificare quelle ricchezze di peccato. Nei secoli cristiani molti di numero, pochi rispetto alla massa, hanno saputo fare delle ricchezze e del potere la loro arma di santità. Sono quelli che hanno capito Me. Ma sono così pochi!
La Mia veste, la veste che vi dono, è quella che Io ho bagnato col Mio Sangue durante l'agonia spirituale, morale e fisica, che va dal Getsemani al Golgota. La Mia corona è quella di spine ed il Mio scettro è la croce. Ma chi vuole questi monili di Cristo ? Solo i veri amatori Miei. E quelli li disposo con rito di alta carità. Quando sarà finito il tempo della Terra, per ogni mio singolo amatore Io verrò, fulgido, ad introdurli nella gloria. Verrà, Maria, verrò. Per ora è il tempo del reciproco desiderio. Perchè quanto possa essere presso a te, anche sensibilmente, sono sempre come amante che gira intorno alle muraglie che gli impediscono di penetrare dall'amata. Il tuo spirito si affaccia da ogni spiraglio per vedere Me e getta il suo grido d'amore. Ma la carne lo tiene prigioniero. Se anche Io, forzando la carne entro, poiché sono il padrone del Miracolo, sono sempre contatti fugaci e relativi. Non posso prenderti con Me. Ucciderei la tua carne, ed essa ha ancora un oggi ed un domani di utilità per causa mia. Ancora tutto non è compiuto del tuo lavoro, ed Io solo so quando fermerò per te l'ora terrena che scorre.
Ma allora verrò, Oh! come, anima Mia che desideri uscire dalla Terra ostile, come ti sembrerà bello il Cielo! E come, confrontandoli con i presenti, ti parranno accesi gli abbracci dell'Amore!
Tu dici che è cessata per te l'ansia per le vicissitudini che potevano, in questi tempi di sventura, turbare gli ultimi giorni della mamma tua, e che ciò mette nel tuo soffrire di orfana una vena di pace. Ma pensa quando potrai dire a te stessa che è cessata per te ogni ansia ed ogni pericolo e nulla più potrà separarti dal tuo Signore! Ama con un superamento di forze, poiché Io ti ho amata e ti amo con un superamento di misura.
La mia Carità ti ha lavata e vestita per non vedere la tua nudità su cui erano molte ombre di polvere umana. Tutto la mia Carità ha disposto per il tuo bene immortale. Agli occhi del mondo può apparire che la mia mano si sia aggravata su te. Ma il mondo è uno stolto che non sa vedere le verità soprannaturali. Tu sei sempre stata amata da un amore di predilezione da Me. Come giardiniere che ha creato un nuovo fiore da un ruvido arbusto sino allora privo di corolle e ne è geloso come di un tesoro, Io ho vegliato e veglio su di te. Mi hai detto che sono di una prepotenza gelosa. E' ciò che faccio coi prediletti che serbo a Me soltanto. E se ho fatto il deserto intorno a te, è perchè ho voluto metterti nella condizione di non avere altro luogo di attrazione che non sia il Cielo. Là, nell'altra vita, è tutto ciò che amasti con tanta forza umana. Ora più niente hai sulla Terra e sei come un uccello imprigionato che, attraverso le sbarre della gabbia, guarda il cielo dove i suoi compagni sono liberi e felici, e sta presso la porticciola in attesa che venga socchiusa per prendere il volo.
Verrò, sta certa. Anche la nostalgia presente serve ad ornare il tuo diadema. Sii costante e paziente. Come un bimbo che sa la mamma vicina, riposa senz'ansie sull'amore del tuo Gesù. Egli non ti perde di vista, non ti lascia, non ti dimentica. Ha più ansia di te di pronunciare la parola che libera lo spirito e lo introduce nel Regno. Dopo tanto gelo, dopo tanto spogliamento, dopo tanto pianto, verrò per darti il Mio Sole, per rivestirti di fiori eterni, per asciugare ogni tuo pianto.
Tu che hai avuto una visione della luce che empie i Cieli, pensa cosa sarò entrare in essa, presa per mano dal tuo Re. Se uno spiraglio socchiuso appena su quel Regno di Luce e appena intravisto permane in te come un ricordo che ti empie di letizia, pensa cosa sarà quando la Luce sarà il tuo possesso. Allora, e non più con le limitazioni di ora, Io vivrò in te e tu in Me, e come la sposa del Cantico, potrai dire che il tuo Gesù è tuo e tu di Lui.
Per ora chiamami con ogni tuo affetto, Se son presso non conta. Amo sentirmi chiamare e più sono chiamato e più presto vengo, perchè non so resistere alla voce dell'amore (…).”

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