mercoledì 21 luglio 2010

UN SACERDOTE RACCONTA ...


Avevo sentito parlare molte volte di Suor Giustina dagli amici di Padova e mi era nato nel cuore un desiderio grande di conoscerla. Devo ringraziare F. che me ne diede finalmente la possibilità accompagnandomi a Bassano.

Mi trovai dinanzi una suorina tutta raccartocciata su una sedia, che cercava di rizzare il capo per sorridermi. Cominciò a parlarmi con voce indistinta e con evidente sforzo. Solo grazie alla "traduzione" di Suor Pia e di F. il messaggio giunse fino a me, conciso quanto imprevisto ed imperativo:
"Non dia mai la Comunione nelle mani. Gesù non vuole!"

Era uscito da poco il decreto della Chiesa che permetteva di ricevere la Comunione nelle mani, ufficializzando un abuso che dilagava da anni. Personalmente non lo avevo accolto bene, per una istintiva ripugnanza, ma avevo deciso - per evitare odiose polemiche proprio su quello che è il Sacramento dell'unità, di rispettare la scelta dei fedeli.

Le parole di Suor Giustina mi presero perciò contropiede: "Ma come faccio? - le obiettai - Ormai i Vescovi italiani, anche se per un solo voto, hanno approvato la nuova normativa ....".

Suor Giustina mi guardò con un'espressione di angoscia e di smarrimento; ... angoscia nel vedere non accolto il desiderio di Gesù, .... smarrimento nel trovarsi dinanzi un sacerdote che rifiutava l'invito che lei, la piccola suora, aveva osato rivolgergli.

Si raggomitolò ancora di più sulla sedia e non disse più nulla, solo mi rivolse uno sguardo lungo e profondo, che ormai è stabile corredo del mio cuore.

In quello sguardo vidi il dolore di Maria ai piedi della croce che, nel Suo tacito strazio, implorava i figli a non infierire su Gesù che agonizzava per loro.

In quello sguardo lessi la sofferenza del Padre che vedeva bistrattato l'infinito dono del Figlio.

In quello sguardo intuii la personalità forte di quella creaturina umanamente tanto insignificante; il suo infinito amore per Gesù, la sua umiltà sconfinata, la sua dignità regale pur nella apparente impotenza.

Uno sguardo che entrava dentro, che rimproverava, che supplicava, che esortava, che chiedeva aiuto, che comandava ....

Non ricordo null'altro di quel primo incontro, non so se disse altre cose. Compresi però benissimo che, a me, non aveva null'altro da dire. Ma sono duro ad intendere.

Il giorno seguente, a Padova andai a celebrare al Santo. Quando distribuii la Comunione mi accorsi che una donna non aveva messo la Particola in bocca e, invece di tornare ai banchi, si dirigeva verso l'uscita.

Le corsi dietro con la pisside in mano e la raggiunsi a metà navata: "Signora - le dissi molto decisamente - perchè non ha consumato l'Ostia dinanzi al Sacerdote, come è prescritto? Dove L'ha messa?"

"E' quì - rispose la donna aprendo le mani - Lei me l'ha data, ora è mia!".
E, con un sorriso di un falso candore che sconfinava con l'impudenza, mi mostrò la Particola nel concavo delle sue mani.

Rividi l'espressione sofferta di Suor Giustina. Mi sentii esplodere dentro una rabbia sorda.

Rividi l'Ostia trovata sul comodino di un malato in una clinica di Lugano, e mi risuonarono nella mente le sue parole: "Adesso non mi va, La prendo più tardi ...."

Rividi il giovane che, in una Chiesa sempre di Lugano - poichè non davo a nessuno la Comunione nelle mani, non essendo questo uso ancora ufficializzato - fece un passetto indietro mentre gli porgevo l'Ostia e, approfittando della mia perplessità, mi strappò la Particola dalle mani e la tenne elevata per un bel po' dinanzi al mio volto, in atteggiamento di trionfo. Poi se la portò lentamente alla bocca, ghignando soddisfatto.

Rividi quel parroco che, in occasione del 1^ venerdì, aveva convocato in sacrestia alcuni fedeli che avevano dei parenti malati, ai quali portava solitamente la Comunione; diede loro una bustina, di quelle piccole per biglietti da visita, dicendo con disinvoltura: "Qui c'è Gesù; oggi lo porterete voi stessi ai vostri cari".

Questi episodi mi erano sembrati sporadici casi al limite dell'assurdo. Ma a pensarci bene, a mente fredda, questi "assurdi" sono una naturale conseguenza del "dare Gesù nelle mani".

Sappiamo infatti dal dizionario che "dare nelle mani" equivale a dare in potere, in balia di qualcuno" (Palazzi), lasciandogli quindi piena e libera gestione su quanto egli ha ormai nelle mani. Che si tratti di denaro, di una persona, di un oggetto o di Gesù Eucarestia, la sostanzia di quel "dare nelle mani" non cambia. Soprattutto a livello psicologico.

Non ho MAI PIU' DATO e MAI PIU' DARO' la Comunione nelle mani.

Appena mi fu possibile tornai a vederla: "Suor Giustina - le dissi - non dò più Gesù nelle mani!"

Questa volta mi rivolse uno sguardo che sprizzava gioia. Uno sguardo che era un'intesa. Capii che il suo cuore era ormai aperto, e che ora potevo contare su di lei per qualunque cosa.

E tornavo da lei per avere direttive, per chiederle se potevo imbarcarmi in avventure più grandi delle mie possibilità.

Mi ascoltava attenta e poi esclamava: "Aiuto io, aiuto io, aiuto io ..." E davo il via. "Aiuto io", come ormai la chiamavo, avrebbe provveduto.

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