Ma scusi, monsignore, lei giustifica la bestemmia del Cavaliere?
Berlusconi infila una bestemmia in una storiella contro la Bindi e leggo che lei lo difende, monsignore,perché va «contestualizzata». Mi sorprende...
Giuseppe B.,Brescia
Giuseppe B.,Brescia
Risponde monsignor Fisichella
La bestemmia è il peccato che si riferisce al secondo comandamento: Non pronunciare il nome di Dio invano. Il catechismo la definisce un «proferire contro Dio - interiormente o esteriormente - parole di odio, di rimprovero, di sfida, nel parlare male di Dio, nel mancare di rispetto verso di Lui e nell’abusare del Suo nome». La proibizione si estende alle espressioni contro la Chiesa, i Santi e le cose sacre. Siamo tenuti tutti, credenti e no, a rispettare sempre il santo nome di Dio e le persone che credono in Lui.
Diverse dalla bestemmia sono le imprecazioni in cui, senza intenzione di bestemmiare, è però inserito il nome di Dio. Perché la bestemmia sia peccato, è necessario vi sia anche il deliberato consenso di voler offendere Dio e la piena avvertenza di quanto si sta facendo. Così, mentre il contenuto è sempre grave, non sempre la persona che bestemmia pecca. Ciò non significa indulgere, ma comprendere appunto il contesto in cui si bestemmia. Eludere questa condizione equivale a essere giudici spietati, privi di ogni vera comprensione e misericordia, sempre necessari davanti al peccatore.
Detto questo, Berlusconi si assuma le sue responsabilità per le sue barzellette, e renda conto non solo ai suoi elettori, ma a tutti. Ripeto quanto già detto in una dichiarazione: le persone pubbliche debbono avere un’attenzione del tutto particolare nel loro esprimersi, anche in privato: ne va della credibilità delle istituzioni che rappresentano.
Ma in un momento così critico per tutti ci si aspetta anche un po’ di serietà di fronte ai veri problemi, non la rincorsa strumentale allo scandalismo di un giorno.
Un anno fa ero alla manifestazione La Milanesiana. C’era pure il regista Marco Bellocchio, che aveva scelto di proiettare brani di un suo film (L’ora di religione), che si conclude con un bestemmione. Feci presente il mio disagio. Il «maestro» rispose che era un capolavoro, apprezzato anche dai gesuiti! «Bene!», dissi. «Proiettate pure il capolavoro, ma senza di me». E me ne andai.
Rosy Bindi, senza conoscere il mio giudizio sulla barzelletta di Berlusconi e come agisco in queste situazioni, mi ha criticato in modo maldestro, giudicandomi un relativista che deroga al secondo comandamento per difendere i potenti! Non le rispondo per serietà. Certo, avendo buona memoria, mi sorgono tre domande: è peggio dire un’insulsa barzelletta condita da un’imprecazione, o presentare una legge contro la famiglia e pro nozze gay? Salvare la vita di Eluana o preferire l’eutanasia? Migliorare la legge sull’aborto o favorire la RU 486? Da vescovo sono turbato se vedo le pecorelle smarrirsi nei meandri dell’interesse politico, ignorando l’abc della morale cattolica.
Lettera di un lettore al settimanale "Oggi", 6 ottobre 2010
Diverse dalla bestemmia sono le imprecazioni in cui, senza intenzione di bestemmiare, è però inserito il nome di Dio. Perché la bestemmia sia peccato, è necessario vi sia anche il deliberato consenso di voler offendere Dio e la piena avvertenza di quanto si sta facendo. Così, mentre il contenuto è sempre grave, non sempre la persona che bestemmia pecca. Ciò non significa indulgere, ma comprendere appunto il contesto in cui si bestemmia. Eludere questa condizione equivale a essere giudici spietati, privi di ogni vera comprensione e misericordia, sempre necessari davanti al peccatore.
Detto questo, Berlusconi si assuma le sue responsabilità per le sue barzellette, e renda conto non solo ai suoi elettori, ma a tutti. Ripeto quanto già detto in una dichiarazione: le persone pubbliche debbono avere un’attenzione del tutto particolare nel loro esprimersi, anche in privato: ne va della credibilità delle istituzioni che rappresentano.
Ma in un momento così critico per tutti ci si aspetta anche un po’ di serietà di fronte ai veri problemi, non la rincorsa strumentale allo scandalismo di un giorno.
Un anno fa ero alla manifestazione La Milanesiana. C’era pure il regista Marco Bellocchio, che aveva scelto di proiettare brani di un suo film (L’ora di religione), che si conclude con un bestemmione. Feci presente il mio disagio. Il «maestro» rispose che era un capolavoro, apprezzato anche dai gesuiti! «Bene!», dissi. «Proiettate pure il capolavoro, ma senza di me». E me ne andai.
Rosy Bindi, senza conoscere il mio giudizio sulla barzelletta di Berlusconi e come agisco in queste situazioni, mi ha criticato in modo maldestro, giudicandomi un relativista che deroga al secondo comandamento per difendere i potenti! Non le rispondo per serietà. Certo, avendo buona memoria, mi sorgono tre domande: è peggio dire un’insulsa barzelletta condita da un’imprecazione, o presentare una legge contro la famiglia e pro nozze gay? Salvare la vita di Eluana o preferire l’eutanasia? Migliorare la legge sull’aborto o favorire la RU 486? Da vescovo sono turbato se vedo le pecorelle smarrirsi nei meandri dell’interesse politico, ignorando l’abc della morale cattolica.
Lettera di un lettore al settimanale "Oggi", 6 ottobre 2010
Nessun commento:
Posta un commento