Rilancio lo scritto di padre Edoardo Scognamiglio riportato sul foglietto per la Messa: La nostra Pasqua domenicale,mi sembra preciso.
Io credo, sinceramente, che noi tutti, oggi,
mettiamo a repentaglio la nostra fede soprattutto
per due motivi o
atteggiamenti.
Il primo consiste nel
fatto che abbiamo trascurato
o messo completamente
da parte
la dimensione escatologica
della fede: non
attendiamo più nessuno,
non ci prepariamo
ad alcuna manifestazione del Signore
risorto. Celebriamo l’Eucaristia e gli altri
sacramenti come se tutto fosse già avvenuto.
In verità, la forza del cristianesimo nascente
è stata proprio l’attesa della parusìa o manifestazione
gloriosa del Signore risorto. Siamo
sempre più portati a immaginare Gesù nella
sua umiltà e povertà, dimenticando invece
che egli si rivelerà al mondo come giudice e
signore della storia. La nostra fede ha bisogno
di slancio, di speranza, di recuperare
quella sana inquietudine o tensione che permetteva
ai primi cristiani di portare l’annuncio
coraggioso e convincente del Signore che
viene: Maranathà! Viviamo in una sorta di
Chiesa addormentata, addomesticata, che
ha messo le sue radici nella storia, e ha
dimenticato il suo carattere provvisorio. Se la
tensione escatologica non irrora i canali della
fede, allora la nostra esistenza di credenti
risulta sempre quieta, smorta, insignificante!
Il secondo motivo o atteggiamento riguarda il
carattere privato della fede: abbiamo scordato,
invece, la rilevanza pubblica, sociale o collettiva
– direi ecclesiale – del nostro credere.
La fede deve contagiare gli altri, va testimoniata:
non si può ridurre a un sentire, a un’emozione
del momento. Non c’è niente da
sentire: chi crede non sente, bensì si mette in
ascolto del Signore e prova a raccontare la sua
esperienza di fede agli altri. Se la fede resta
segregata nell’intimo dei nostri cuori non
cambierà certo la storia, né sarà rilevante per
la nostra società (Edoardo Scognamiglio).
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