Basta buonismo ,basta ipocrisia!
Disonora il padre
Un allenatore decide di cambiare un giocatore. Il giocatore sostituito esce dal
campo e irride, insulta platealmente l’allenatore. L’allenatore perde la
pazienza e aggredisce il giocatore. La scena viene ripresa dalle
telecamere, viene mandata in onda ripetutamemente. Mentre una batteria di
opinionisti si indigna. Mentre una batteria di ex calciatori che adesso fanno
gli opinionisti si indigna. Mentre il conduttore si indigna. Mentre il
presidente, indignato e riunito con lo staff, decide di esonerare l’allenatore.
Mentre tutti applaudono il coraggio di una decisione “dovuta”, “inevutabile”,
“corretta”, “dolorosa”. L’allenatore è un
veterano della panca. In bilico. Lui e la panca. Pressato e stressato
perché il suo ruolo è un po’ quello lì, esposto alla teppa della curva, alla
superficialità della stampa locale e nazionale, agli umori del presidente, ai
capricci dei calciatori che sono continui e cronici. “E’ andato
in tilt”. “E’ stato un blackout”. “Ha perso al testa”. Infatti, paga.
Non c’è niente di coraggioso in tutta questa vicenda. Salvo il coraggio di
perderla ‘sta pazienza, di fronte ad un arrogantello di anni venti o
quasi, abituato a fare il galletto in campo, con le ragazze, a bortdo
del suo suv, bello nel tatuaggio numero cinquantuno. Non c’è nulla di
coraggioso perché manca sempre quel fattore lì, il fattore palle, nel giudicare
chi i calci e i gomiti, gli sputi e gli insulti usa come metodo, come
prassi. In campo, a bordocampo, fuori dal campo. Ragazzini tirati su a
vizi, trattati come piccoli bambini che fanno i capricci anche quando poi viene
fuori che il capriccio comprende ingannare un arbitro, procurarsi un rigore
finto, provocare un avversario, scendere a patti con la malavita che muove gli
ultrà.
Il coraggio servirebbe. E’ servito all’allenatore per uscire
da uno schema fasullo, per svelarlo uscendo. Due sberle. Ma sì. Servono,
sono utili certe volte. Oppure sono l’effetto di una insofferenza
colma. I due schiaffi dell’allenatore, ovviamente, prevedibilmente esonerato,
sono una risposta a un modo e a un mondo che di qualche schiaffo avrebbe
bisogno eccome. Eh? Ma come? Giustifichiamo la violenza? Macché. E poi
quale? Quella lì, così svelata? Quella praticata minuto per minuto come il tutto
il calcio? No, niente coraggio in questo teatro, salvo quello là, quello del
Mister che lo trova perdendo tutto il resto, per dare una lezione, finalmente, a
chi di lezioni nulla sa e di tante ne avrebbe bisogno. A cominciare
dall’apprendimento di un principio antico e importante. Non disonorare
il padre. Non è un comandamento. E’ una forma prima di rispetto che
-coraggiosamente- andrebbe ribadita per ottenere un rispetto autentico e più
largo, persino indispensabile. Il resto, comprese le opinioni scontate,
retoriche e pavide, compreso l’esonero necessario, comprese le immagini
trasmesse all’infinito per una masturbazione collettiva, è tutta fuffa, roba per
poveri di spirito e di cuore
di Giorgio Terruzzi
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