14Nov 08
La vita di Eluana
Cari amici, ieri la Corte di Cassazione, respingendo il ricorso della Procura di Milano, ha sancito per sentenza che una donna di 37 anni, Eluana Englaro, in stato vegetativo da anni dopo un grave incidente, deve morire. Non verranno sospese delle cure: Eluana non è attaccata a un respiratore o ad altri macchinari necessari per la sua sopravvivenza. Semplicemente si smetterà di fornirle l’acqua e gli alimenti che le permettono di vivere. La mattina Eluana apre gli occhi e la sera li chiude, respira da sola e borbotta. Ora sono i giudici a stabilire ciò che la scienza non è in grado di fare, definendo “irreversibile” il suo stato e autorizzando il padre Beppino Englaro a interrompere idratazione e alimentazione, per farla morire com’era accaduto a Terri Schiavo negli Stati Uniti. Bisogna avere rispetto e manifestare vicinanza umana al dramma della famiglia di Eluana. Così come bisogna essere vicini alle duemila famiglie che si trovano nella stessa condizione e pur avendo le loro vite sconvolte continuano a lottare e a soffrire rimanendo vicine ai loro cari che sopravvivono in stato vegetativo. Ma non si può tacere il fatto, a mio avviso gravissimo, che questa delicata e fondamentale materia sia oggi affidata ai giudici e alle loro sentenze, giudici diventati padroni della vita e della morte delle persone. Alimentare e dissetare non può essere considerato “accanimento terapeutico”. E’ giusto che il Parlamento intervenga, con una legge ampiamente condivis, come ha affermato ieri il vescovo Fisichella e la presidenza della Cei (questo è l’articolo che ho scritto oggi in proposito). Una legge che possa evitare il Far West e l’introduzione dell’eutanasia e della pena di morte a colpi di sentenze. Vi invito a leggere l’editoriale del direttore Mario Giordano che compare sulla prima pagina del Giornale di oggi.
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