domenica 21 giugno 2009

Perchè continuo a usare il verbo: guardare?



Mi aveva molto colpito un articolo di tanti anni fà sul verbo GUARDARE nei Vangeli,finalmente l'ho ritrovato ,ne riporto i brani che m'interessano di più,con l'invito a leggere tutto l'articolo cliccando sul link:è bellissimo e semplice.


Padre Ignace de la Potterie, consultore dell'ex Sant'Uffizio e conosciuto come esperto del Vangelo di Giovanni: «Nel Vangelo di san Giovanni» premette il gesuita dell'Istituto biblico «il "vedere" ha un'importanza fondamentale. E specialmente tutto il capitolo 20, quello delle apparizioni del Risorto, l'evangelista insiste sul "vedere" come primo passo indispensabile per arrivare a credere. In poche righe troviamo 13 volte questo verbo. All'inizio c'è un vedere sensibile che poi conduce alla contemplazione, nella profondità del visibile, si tocca il Mistero. C'è dunque uno sviluppo del "vedere", è Gesù stesso che insegna ai suoi a guardare, è il suo metodo pedagogico».Il "vedere" fisico, per tutto il Vangelo, è la via d'accesso al Mistero. Questa pedagogia del vedere diventa esplicita -è Gesù stesso che la spiega- nel capitolo 20. E pochi finora sembrano averlo capito.Dunque cosa è possibile scoprire...Ignace De la Potterie: Il punto di partenza è ciò che si vede con questi nostri occhi di carne: si comincia dai segni, come il sepolcro vuoto o il giardiniere, un uomo reale in cui s'imbatte Maria Maddalena, che poi riconosce in lui Gesù... E' una progressione. Anche del verbo vedere: prima il verbo greco "bleso", che vuol dire scorgere, notare qualcosa. Poi "theorein" che troviamo per la Maddalena e vuol dire guardare attentamente, osservare. Poi il verbo "horan", al perfetto greco che esprime la forma perfetta del verbo vedere e che io tradurrei qui «ora vedo perfettamente, contemplo il senso profondo di ciò che vedo». Dunque dall'accorgersi di qualcosa alla contemplazione del Mistero di Dio nella realtà visibile, questa è la dinamica della prima fede cristiana, secondo i Vangeli.E' una "storia" raccontata attraverso gli occhi degli apostoli.Ignace De la Potterie: Certo. L'evangelista però cerca di descrivere, nei primi testimoni della resurrezione, l'approfondimento progressivo del loro sguardo su Gesù. Il semplice "blepein" (accorgersi) dell'inizio, diventa uno sguardo attento, scrutatore (theorein), ma la pienezza della fede pasquale è espressa solo dal verbo al perfetto (heôraka ton Kyrion). «Ho visto il Signore» come annuncia la Maddalena ai discepoli.Ignace De la Potterie: I discepoli sono pieni di gioia «alla vista del Signore». Diranno a Tommaso: «Abbiamo visto il Signore». Lo avevano riconosciuto prima che aprisse bocca, perché avevano accettato la testimonianza della Maddalena. E' molto importante saper accettare una cosa su testimonianza. Ciò che Tommaso non fa. Lui diffida della testimonianza dei suoi amici. Gesù voleva educare il loro sguardo così: la prima tappa è il vedere fisico, i segni, quindi il vedere su testimonianza, infine vedere e contemplare con lo sguardo trasformato dallo Spirito che permette di cogliere il senso delle cose, tutta la profondità della realtà.Arriviamo così al famoso versetto 29: «Beati coloro che crederanno senza aver visto». Gesù stesso sembra opporsi al bisogno dell'uomo di vedere. Sembra chiedere una fede cieca.Ignace De la Potterie: No. Quel verbo non è al futuro, come viene interpretato. Sia nel testo greco che nella Vulgata latina il verbo è all'aoristo (tempo passato): «Tu hai creduto perché hai visto» dice Gesù a Tommaso «beati coloro che anche senza aver visto (me direttamente) hanno creduto». Anche Tommaso avrebbe già dovuto fidarsi della testimonianza degli altri, i quali avevano già creduto sulla testimonianza della Maddalena. C'è un cammino da fare per ciascuno.Non è quindi la richiesta di una fede cieca...Ignace De la Potterie: Esatto. E' la beatitudine promessa a chi comincia a credere a partire dai segni e dà credito alla testimonianza.Ignace De la Potterie: Indirettamente sì. Se si traduce al futuro quel verbo, allora Bultmann può interpretare la frase di Gesù «come una critica radicale dei "segni" e delle apparizioni pasquali e come una apologia della fede privata di ogni appoggio esteriore» (D. Mollat). E' esattamente il contrario. Ciò che viene rimproverato a Tommaso, non è di aver "visto" Gesù, poiché Gesù stesso ha voluto manifestarsi a lui. Il rimprovero cade sul fatto che Tommaso ha rifiutato, all'inizio, di dare credito all'annuncio dei discepoli. E ha voluto porre e definire lui stesso le condizioni della fede. Tuttavia Gesù accede al suo desiderio e si lascia toccare, ma lo invita formalmente a superare quella posizione equivoca e pericolosa in cui si era posto.....Invece Gesù sembra voler insegnare a Tommaso a "guardare" con l'intelligenza di Giovanni al sepolcro.Ignace De la Potterie: Esatto. Infatti c'è un parallelismo strutturale fra i due episodi e Gesù dice «Beati coloro che non hanno visto» (me) però «hanno cominciato a credere» vedendo i segni. Si tratta di Giovanni (e Pietro) quando ha trovato il sepolcro vuoto (20,8).Dunque Gesù sottolinea l'importanza di "accorgersi" dei segni e dare credito ragionevole alle testimonianze?Ignace De la Potterie:> Questa è la sua pedagogia. Lo stesso Agostino insegna questo cammino: dal vedere fisico a contemplare il mistero. E per il Concilio di Calcedonia Gesù è vero uomo e vero Dio. Allora il vedere fisico è decisivo, perché anche le testimonianze sono fondate su un fatto storico visto.Così all'origine della fede ci sono dei segni reali di cui «accorgersi» e delle testimonianze. Già sant'Atanasio invitava il suo interlocutore a credere alla resurrezione di Cristo «in base a ciò che accade davanti ai suoi occhi... in base a ciò che vedete».Ignace De la Potterie: Con Atanasio tutti i Padri della Chiesa. La fede cristiana è un cammino dello sguardo e -direi- lo è anche l'esegesi. Specialmente il 20° capitolo di san Giovanni mi sembra invitare all'antica e bellissima pratica cristiana della contemplazione delle scene dei Vangeli. Ignazio di Loyola, all'inizio dei tempi moderni, ha posto questa "applicatio sensuum" nei suoi esercizi spirituali: ci invita a guardare, contemplare, vedere, toccare...

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