martedì 31 agosto 2010

Lozio,don Giussani,Medjugorje,Chiara!


L'ispirazione di ieri sera è svanita,vediamo se riesco,comunque,a raccontarvi la settimana appena trascorsa a Lozio in modo accettabile.
Lozio (Casa della Sapienza) è uno splendido posto,almeno come potenzialità,di ritiro.Ha la caratteristica,questo luogo, che nel giro di pochissimo tempo si crea un clima di fraternità tra i presenti che è sorprendente.Stavolta soffiava anche un certo spirito di divisione a dire il vero,che non ha impedito però che tanti prodigi si compissero.Quando parlo di prodigi non mi riferisco mai ad eventi scenografici o esteriormente spettacolari(non per questo ne sono contrario a priori),ma a cose"secondarie" che senza la luce dello Spirito Santo scivolerebbero via senza aver dato frutto.
Ometterò volutamente, per prudenza, nomi e fatti più "delicati",privati o "pruriginosi",chi seriamente vorrà informarsi nel dettaglio cercherà fonti più adeguate rispetto a queste righe.
Guidava il ritiro un vulcanico passionista,"regalo" per me non gratuito di Lozio,quando c'è lui mi ritrovo sempre in mezzo a situazioni particolari e non semplicissime,a lui si rivolgono molti malati nello spirito e le sue preghiere o celebrazioni non sono quasi mia indolori.I sette giorni trascorsi sono stati lunghi e pesanti, in qualche modo anche belli,sicuramente ricchi ed educativi.Che ci crediate o meno io non amo essere al centro della scena e amo stare da solo,il blog e le webtv non sono per pubblicizzare me stesso,ho passato una settimana sempre con qualcuno,spesso la compagnia era molto ravvicinata e sotto gli occhi di tutti.Il ritmo delle giornate era intenso:h.8.45 lodi,h.9.30 preghiera carismatica con regolari proteste dell'inquilino del piano di sotto,h.10.15/30 catechesi,h.11.30 deserto,12.30 pappa,h.15 coroncina e rosario,h.16.30 preghiera carismatica(secondo round),h.17.15 catechesi,h.18.15 deserto o gruppi,h.19.30 pappa,h.21/21.30 Messa(particolarmente ricca e intensa ammesso e non concesso che la Messa comune sia povera).Per come potevo mi sono messo al servizio dei malati nello spirito che in certi momenti sono impegnativi,fisicamente,emotivamente e anche,non so voi, ma per la mia piccola e superficiale fede.Mi sono chiesto spesso chi me lo facesse fare di partecipare,coinvolgermi,prima ancora,chi me lo fa fare di andare a Lozio .La risposta non ce l'ho o almeno non è ancora definita ma credo sia racchiusa nel titolo del post.Sono stato per 20 anni di Comunione e Liberazione,per come ho potuto ho cercato d'imparare da quello straordinario dono alla Chiesa che è stato don Giussani,da lui,dai suoi libri e dagli splendidi amici che nel tempo ho avuto accanto,nel Maggio 2006 dal 21 al 25 sono stato per la prima volta a Medjugorje con un pullman di persone sconosciute e lontane dalla mia formazione e sensibilità,la presenza di Maria in quel posto è così oggettiva e forte che ha ribaltato la mia vita,ho imparato a stare e a stimare,quando era il caso,gente almeno apparentemente strana e strano per strano lì ho visto per la prima volta la scritta Nuovi Orizzonti,in qualche modo sapevo che non lo era ma pensavo potesse essere un'agenzia di viaggi.Tornato a casa,dopo pochissimi giorni, a Sassuolo Marja Pavlovic(veggente) fa una testimonianza,Medjugorje mi manca già e vado a sentirla,insieme a lei una certa Chiara Amirante sconosciuta(fondatrice di Nuovi Orizzonti).Io sono abituato alle lezioni universitarie di don Giussani(milanese)Chiara è di Roma,a volte parla in romanesco,non sta mai ferma per qualche istante mi sembra una poveretta poi esplode la "bomba",è un gigante una splendida creatura,santa Chiara le sue parole scavano l'anima ed è impossibile resisterle.Qual'è il fine particolare di Nuovi Orizzonti?Lo trascrivo:portare l'amore a chi non ha conosciuto l'amore,portare la luce a chi vive nelle tenebre,portare la vita a chi è nella morte,portare unità là dove c'è divisione,portare il paradiso della comunione con Dio a chi vive nell'inferno del peccato.Compitino semplice vero?Questo è il percorso che mi ha portato a Lozio,in qualche modo, forse, una chiamata.Non potrei stare con gente che spesso è più "protestante" che altro senza l'impostazione concreta e ragionata e ragionevole che mi ha dato il don Giuss,giuro che non potrei essere amico di gente che in certi momenti è allucinante, se Chiara non mi avesse toccato il cuore, mostrandomi che io posso rinascere dalla mia morte e come me tanti fratelli e sorelle, se qualcuno gli sta accanto, amandoli, nei loro,mai come in questo caso,inferi.

p.s.
Vi racconto cosa m'è successo ieri sera,non sono un misticone ma a questa cosa ho dato importanza,m'ha colpito.
Stavamo per venir via da Gardaland,era tardi e faceva freddo,camminando verso la macchina pensavo che ancora non avevo raccontato niente di Lozio,come di cose precedenti e mi rimproveravo di farmi vincere dalla fatica che spesso mi schiaccia.Improvvisamente m'è venuta in mente la sequenza del titolo e cosa scrivere.Tornando a casa dicevo a chi era con me della paura che avevo di fare questo post,l'ispirazione era bellissima e scrivendo l'avrei rovinata.La risposta verbale che mi è stata data è stata lucidissima e per rafforzarla è arrivata una sequenza di canti/canzoni, tra i 1900 contenuti nel mio navigatore, indiscutibile:Ruah(RnS),Vieni Santo Spirito(Francesca Picollo),Walk by faith(Jeremy Camp),Je jubile et je ris(Exo).Dovevo proprio scrivere,il risultato è comunque inadeguato....









domenica 29 agosto 2010

Bagnasco:"Nuovi politici cristiani"


"Ma devono esserlo nei fatti"


Affondo del presidente della Cei contro l'attuale classe politica vicina al Vaticano. "Una nuova classe politica, cristiana nei fatti non nelle parole, è un richiamo da sempre - ha detto il cardinale Bagnasco a margine del 520/mo anniversario dall'apparizione della Madonna della Guardia -. Fa parte della fede di ogni credente essere in modo intelligente coerente con la propria fede e presente nelle diverse responsabilità sociali, civili e politiche".
"E' indubbio - ha indicato il cardinale Angelo Bagnasco - che anche il mondo politico abbia bisogno sempre di presenze qualificate e coerenti; sia quelle che ci sono in questo momento, come quelle di ieri e come quelle di domani. Presenze qualificate affinché la storia proceda".
Temo però che i cattolici o sedicenti tali siano troppo "puri" per obbedire,troppo "santi" per coinvolgersi con la realtà intera.Temo che i "cattolici" siano troppo...troppo poco.

sabato 21 agosto 2010

Abbondanza di consapevolezza:educare uomini e donne

Iniziano domani due settimane,in una,straordinarie,la più "mondana" è il Meeting di Rimini,un evento unico e militante, dove è possibile fare esperienza concreta e universale di cos'è un popolo e di cos'è un popolo straordinario come quello cristiano.A Sommaprada di Lozio(BS)l'evento è più ristretto,più personale forse, ma altrettanto potente come capacità di educazione,qua è possibile fare esperienza della potenza,reale,presente e operante di Gesù attraverso le catechesi,i canti,le celebrazioni,le preghiere di guarigione e liberazione .E' forse un po' più per tutti il Meeting,più difficile per certi versi la settimana carismatica a Lozio.A tutti l'invito a partecipare al Meeting di Rimini,magari anche in giornata,a qualcuno l'invito a venirci a trovare a Lozio.Sotto i video metterò i link dove trovare le informazioni necessarie.



http://www.meetingrimini.org/



venerdì 20 agosto 2010

Antonio-Guerriero di Dio



Splendido film guardatelo,se invece preferite Avatar pazienza ognuno fa le sue scelte e le sue scelte dicono di lui....

FAMIGLIA CRISTIANA – DISFATTISMO A SENSO UNICO


di Paolo Deotto






Avvisiamo il popolo italiano in vacanza che la campagna elettorale è incominciata. Non si sa ancora se ci saranno le elezioni anticipate, ma qualcuno, per non sbagliare, ha già iniziato la propaganda politica, e l’ha iniziata nel tono classico dell’italiano conformista: lamentele generiche, accuse generiche, nessuna proposta concreta, e catastrofismo a prezzo di realizzo.

Ora, se fossero solo chiacchierate da bar potremmo anche disinteressarcene, ma poiché sono gli amici di Famiglia Cristiana che ancora una volta partono alla carica, e poiché la loro rivista è ampiamente diffusa, ci troviamo, come dire, tirati per i capelli.

E veniamo al dunque.

Nell’editoriale del nuovo numero, da oggi in edicola (e nelle Parrocchie…), e che potete leggere cliccando qui , riprendendo l’appello più che condivisibile del cardinale Bagnasco, che ha richiamato (né è la prima volta che lo fa) alla necessità di ritrovare la moralità necessaria per svolgere un’attività politica che miri al bene comune, e ha incitato le giovani leve cattoliche a impegnarsi in politica, Famiglia Cristiana ci fornisce un quadretto della Nazione catastrofico, dove i politici badano solo al proprio tornaconto e litigano su tutto, non vengono affrontati i problemi della gente (gente che è peraltro “narcotizzata dalle televisioni”), non esistono programmi seri a medio lungo termine e dove, dulcis in fundo, “si propone un federalismo che sa di secessione, senza anima e senza solidarietà”.

Sono, lo ripetiamo, chiacchiere, come tutti i discorsi di generico lamento generale, che non approdano a nulla, se non a diffondere sfiducia in tutto e in tutti. Ma sono discorsi che vengono dalla testata più diffusa in Italia, e quindi si impone un minimo di chiarezza.

Anzitutto, non è corretto usare le parole del cardinale Bagnasco, che sono un richiamo alla moralità valido per tutti (e quindi “generiche”, perché l’immoralità colpisce tutti gli strati della società) a proprio uso e consumo. Ecco che invece i nostri amici di Famiglia Cristiana ne fanno subito il trampolino per sparare a zero contro il federalismo che, chissà perché, “sa di secessione” ed è “senza anima e senza solidarietà”.

Ora, a prescindere dal fatto che il federalismo trova il suo fondamento proprio nella Costituzione (si legga il Titolo V, artt. 114 e seguenti), questa forma di ordinamento statuale ha origini cattoliche. Se gli amici di Famiglia Cristiana vogliono prendersi la pena di leggere gli scritti di Vincenzo Gioberti, o, per restare al passato più recente, di Don Luigi Sturzo, magari se ne accorgeranno. Il federalismo non è lo sgretolamento dello Stato (peraltro unificato con i sistemi che sappiamo…), ma è il riconoscimento delle peculiarità culturali, storiche, tradizionali, delle molteplici diverse realtà che compongono l’Italia, unite peraltro da secoli dalla comune lingua e soprattutto dalla comune Fede cattolica.

Forse qualcuno non rammenta che il centralismo trova le sue origini nella concezione dello Stato giacobina e napoleonica, che fa del cittadino un suddito, perché pretende di realizzare un’unità generale che non esiste, schiacciando, ove necessario, le tradizioni e le culture locali. E non si rammenta nemmeno la durissima base anticlericale dello “Stato unitario” del 1861, nato col notorio, e pubblicamente vantato, appoggio della Massoneria.

Ma se poi vogliamo definire il federalismo “senza solidarietà”, dobbiamo intenderci sul significato delle parole. I tempi delle Casse dello Stato inesauribili sono passati, e l’autonomia delle Regioni mette a nudo proprio il diverso modo di intendere la Pubblica Amministrazione.

Qualcuno dovrebbe ben spiegarci perché in Calabria siano necessarie migliaia di guardie forestali, mentre la Lombardia ne ha qualche centinaio. E sarebbe bello capire anche perché la Sanità a Nord funziona, e bene, mentre i conti sanitari delle Regioni del Sud, e i loro servizi, fanno rabbrividire. Non sono che i primi esempi che vengono alla mente, né si tratta di razzismo, ma di dati di fatto, inconfutabili e inconfutati. Se la “solidarietà” vuol dire continuare in una politica di allegra gestione delle finanze pubbliche, col Tesoro che ripiana i debiti delle Regioni più spendaccione, allora la solidarietà è una iattura, perché porta al disastro tutto il Paese. Forse gli esempi di Grecia e Spagna (Nazioni, non a caso, a guida sinistra…) non sono bastati.

Forse qualcuno ha nostalgia della politica economica a cavallo tra gli anni settanta e gli anni ottanta del trascorso secolo, quando la spesa pubblica si finanziava con emissioni a gogò di titoli pubblici con interessi pazzeschi, che facevano a loro volta da volano per un’inflazione pazzesca (ricordate i CCT con tassi del 22% e oltre?).

Se “senza solidarietà” vuol dire che ognuno deve assumersi le sue responsabilità, allora ben venga la mancanza di solidarietà. Ma, parlando seriamente, la solidarietà è dovuta verso i bisognosi, i poveri, coloro che sono colpiti dalla sorte, non verso chi pretende di ripianare “a piè di lista” le proprie spese per politiche demagogiche.

Ma se Famiglia Cristiana spara contro i leghisti, sparando contro il federalismo, non manca la bordata generale contro il Governo. Ordunque, questo Governo non ha finora fatto nulla e non ha programmi. Benissimo. Senza entrare in polemiche dettate da ideologie, guardiamo però, con onestà, ad alcuni dati di fatto.

La politica economica di Tremonti ci ha consentito di patire molto meno di altre Nazioni l’ondata di recessione. Certo, c’è una cinghia da stringere, ma non credo che si possa addebitare a Berlusconi una truffa finanziaria planetaria, portata avanti da anni soprattutto dai “liberal” americani, e che ora tutto il mondo sta pagando.

Il Governo ha saputo gestire le emergenze in modo esemplare. Adesso è diventato un atto di fede tra le sinistre dire che “All’Aquila non si è fatto nulla”. Ai cittadini colpiti dal sisma sono state date case (case, non container) a tempo di record. La ricostruzione del centro storico tarda, anche per un piccolo particolare: i fondi sono già stanziati, ma in un anno il comune dell’Aquila non ha ancora formulato il piano di ricostruzione. Del resto, il sindaco dell’Aquila, poverino, ha troppo da fare, deve girare l’Italia per protestare…

Oltre un anno fa le sinistre strillavano contro la “militarizzazione” delle città, ma col tempo si è visto che l’appoggio dei soldati alle Forze di Polizia è apprezzato, e anche efficace. Vivo a Milano, non sulla Luna, e ne so qualcosa. Né mi pare che la libertà abbia subito restrizioni…

La lotta alla mafia e alle altre associazioni criminali non ha mai registrato così tanti risultati. Ma questo non va detto, non va riconosciuto, forse perché l’invasato Di Pietro ulula che questo è un governo di mafiosi, e allora non si può far notare l’assurdo di un governo di mafiosi che sta dando fieri colpi alle mafie.

E potremmo andare avanti per un pezzo con esempi di vario tipo, non per dire che il governo Berlusconi sia quanto di meglio ci sia al mondo, ma semplicemente per leggere con un minimo di onestà e correttezza la cronaca di tutti i giorni. Questo governo sta lavorando, e fa il possibile.

Certo, c’è la peculiarità, tutta italiana, di un Governo, e del suo Presidente, che devono impegnare metà del loro tempo per occuparsi di inchieste contro il Presidente stesso, contro i ministri, i sottosegretari, eccetera, che non hanno riscontro in alcuna parte del mondo. Naturalmente, come tutti sanno, la Magistratura è indipendente, e agisce solo a tutela della legge. C’è la peculiarità di un’opposizione isterica, di un presidente della Camera che si occupa di scissioni, pugnalate alla schiena e altre piacevolezze. Eccetera

Governare in queste condizioni non deve essere facile. Le politiche a medio e lungo termine andrebbero svolte in un clima un po’ più vivibile. Ma da sedici anni sulle sinistre e affini grava una sola ossessione, che di recente Bersani ha esplicitato con la massima chiarezza: bisogna eliminare Berlusconi! Poi? Non si sa. Se questo è avere a cuore il bene del Paese…

Ci siamo limitati a sottolineare alcuni dati di fatto, perché non siamo nel “migliore dei mondi possibile”, ma di sicuro non siamo nemmeno un Paese alla deriva, con un Governo inesistente. Il Governo c’è, agisce e, cerchiamo di non dimenticarlo, trova la sua legittimità nel voto popolare, nel consenso che proviene da quel popolo che è, quando fa comodo ricordarsene, sovrano. E se questo Governo si ritroverà senza maggioranza, potremo ringraziare i rimestatori nostalgici dei bei tempi in cui un Governo in Italia aveva vita media di mesi 11 (dicasi “undici”). Potremo ringraziare personaggi come un Fini che, fregandosene degli impegni elettorali, pugnala alle spalle gli alleati del giorno prima.


Ma c’è una cosa da notare, molto importante, ultima solo in ordine di elencazione. Siamo, non scordiamocene mai, cattolici, e tali sono (non sta certo a noi giudicarne la purezza), gli amici di Famiglia Cristiana. Ebbene, sono proprio questi ultimi che, nell’editoriale di cui stiamo trattando, manifestano un certo qual fastidio contro quel ministro, Giovanardi, che pochi giorni fa ebbe a dire che questa maggioranza difende i “valori irrinunciabili e le opere di religione”.

Orbene, non vogliamo certo dire che questo sia un esempio di “governo cattolico”, ma quanto ha detto Giovanardi va perlomeno inteso in termini di confronto con quanto ha già cercato di fare il precedente governo Prodi e con quanto tuttora sostengono le sinistre.

A quanti hanno poca memoria vorremmo ricordare il tentativo di introdurre prima i “Dico”, poi i “Pacs”, ossia le anticamere per il matrimonio tra omosessuali. Vorremmo ricordare la ministra per la Salute, signora Livia Turco, che voleva elevare il quantitativo di droga “per uso personale”. Vorremmo ricordare una ex maggioranza che annoverava tra le sue file un signor Vladimiro Guadagno, sofferente di una patologia ampiamente studiata in psichiatria, che spinge al travestitismo. Nulla da dire, figuriamoci, ma magari si potrebbero cercare emblemi un po’ più degni. Vorremmo ricordare una sinistra che alle recenti elezioni regionali presentò come candidata per il Lazio la signora Emma Bonino, una delle principali responsabili dei (per ora) circa cinque milioni di bambini uccisi col crimine abominevole dell’aborto. Vorremmo ricordare le posizioni della sinistra sull’eutanasia e su quella che si usa chiamare “bioetica”.

Tutti questi argomenti lasciano indifferenti gli amici di Famiglia Cristiana, che aspirano ai più alti valori della Costituzione?

A noi non lasciano indifferenti, anzi, sono assolutamente fondamentali per fare, con coscienza, qualsiasi scelta politica. Arrivo a dire, orrore orrore, che tra dieci deputati ladri e un deputato abortista, scelgo tranquillamente i primi dieci. Certo, farebbero molto meglio a non rubare ma, se ben ricordo, ammazzare è molto peggio.

E potremmo andare avanti a lungo, col rischio di diventare noiosi. C’è solo una cosa che mi pare sia di sicuro lecito sollecitare. Famiglia Cristiana svolge da tempo un accanito appoggio alle sinistre, e ne ha tutto il diritto. È una Rivista che vuole occuparsi di politica e fa le sue scelte, né saremo noi a criticare il nome che si sono dati. In fondo, per decenni le repubbliche che vivevano sotto il terrore comunista si definivano “democratiche”.

Però c’è una cosa che appunto mi pare lecito sollecitare. Famiglia Cristiana è una delle tante riviste schierate politicamente. Abbia allora, la sua direzione, l’onestà e la correttezza di non vendere più il periodico nelle Parrocchie. Nota bene: non stiamo dicendo che i Parroci non debbano mettere Famiglia Cristiana tra la “buona stampa”. Questa è responsabilità loro. Ma ci sembra che sarebbe onesto e leale che Famiglia Cristiana smettesse di contrabbandarsi nelle Parrocchie come “voce” dei cristiani” e, essendo una testata con precise scelte politiche, si accontentasse dei canali di informazione di tutti: edicole, abbonamenti, Internet.

Chiediamo troppo?

http://riscossacristianaaggiornamentinews.blogspot.com/2010/08/famiglia-cristiana-disfattismo-senso.html

Ultimo tra gli ultimi, ma loro sono i primi.



Stasera m'è capitato questo video,niente di straordinario,ma quando l'ho visto immediatamente il mio cuore ha esultato,ho deciso quindi di regalarvelo,il video non il mio cuore altrimenti, io poi muoio e ne ho già abbastanza di casini senza anche dover morire.Io non so se dal video voi riuscite ad intravvederci la grandezza di sta gente,io non posso farci molto,vi dico solo non sono un branco di matti anche se lo possono sembrare,andateli a cercare e capirete.Nuovi Orizzonti...Allelu..ja!!Allelu..ja!!!Allelu..ja!!!!

http://www.nuoviorizzonti.org/

giovedì 19 agosto 2010

Siamo tutti fratelli (?)....massoni


I dieci comandamenti massonici per la lotta contro la Roma cattolica (1976)

1. La roccia di Pietro dev'essere spaccata. Vi sono circa 2500 Vescovi nella Chiesa [nel 1976,NdR]: dobbiamo quindi spezzarla in 2500 pezzi! Dobbiamo togliere potere al Papa e ai Vescovi, utilizzando il sistema delle decisioni maggioritarie di diversi Collegi democratici, in seno ai quali metteremo i nostri affiliati. Li giustificheremo in nome di un "cristianesimo adulto".



2.Trasformare la coscienza del fanciullo: il rapporto tra padre e figlio deve diventare un rapporto di cameratismo.



3. Eliminazione di qualsiasi tradizione.



4. Screditare i Vangeli, mettere in dubbio le verità della fede.





5. Riforma liturgica: sopprimere la lingua latina obbligatoria, per creare la confusione di Babilonia nelle diverse liturgie.



6. Rimuovere il senso di colpa e la coscienza del peccato.



7. Privare le chiese della "Presenza reale", cambiare l'altare in "tavola", rimuovere le immagini sacre.



8. Trasformare la "professione di fede" in una concezione esistenziale della fede.



9. Escludere la Madre di Gesù dalla vita ecclesiastica.



10. Abbreviare il tempo dedicato alla preghiera, per dar più spazio al cristianesimo attivo.


Se c'avete fatto caso le "care" creature hanno centrato quasi tutti gli obiettivi,con l'aiuto evidentemente di molti cattolichini a tutti i livelli.Aiutare il boia a stringere bene la corda è cristiano o stupido?....

mercoledì 18 agosto 2010

San Francesco..........Cossiga!


Dedichiamo questo post alla memoria di Francesco Cossiga, ex Presidente della Repubblica, ieri deceduto.(...)Desideriamo sottolineare la sostanziale conformità di vedute con l'ex Presidente sulla Chiesa e sui suoi uomini, come risulta, tra l'altro, dall'intervista rilasciata a suo tempo al sito Petrus che riportiamo:

di Bruno Volpe



CITTA’ DEL VATICANO - Il ‘picconatore’ per eccellenza ne ha per tutti. Questa volta è il turno del Cardinale Carlo Maria Martini, del suo successore sulla Cattedra di Sant’Ambrogio, Dionigi Tettamanzi, dei Gesuiti e dei progressisti. Come dire, gli anni passeranno pure, ma il Senatore a Vita Francesco Cossiga, già Presidente della Repubblica, continua a non guardare - orgogliosamente - in faccia a nessuno.

- Presidente, il Cardinale Martini non sembra piacerLe affatto…
“Per carità, è indubbiamente un fior di galantuomo e un insigne biblista, ma - e lo dico con amarezza - di teologia capisce ben poco, eppure non perde occasione per mettere in discussione ciò che fa o dice il Papa teologo”.

- Continui, prego…
“Guardi, Martini e la teologia vivono su pianeti diversi. Lo dimostra la prefazione scritta dal Cardinale all’ultimo libro del cosiddetto teologo laico Vito Mancuso”.

- Scommettiamo che non Le piace neanche il libro di Mancuso…
“E’ un libro che può piacere solo ai cattolici adulti, ma essendo io infante e in comunione con la Chiesa, non lo condivido”.

- Non vorrà mica dire che Martini non è in comunione con la Chiesa?
“Mi limiterò a dire che Martini ha giurato fedeltà al Papa eppure, sino ad oggi, ha quasi sempre preso posizioni contrastanti con la Chiesa. Liberissimo di farlo: se Santa Romana Chiesa e la Congregazione per la Dottrina della Fede non hanno preso posizione, significa che lui ha ragione ed io torto. Naturalmente, la mia è una provocazione…“.

- Presidente, quale consiglio darebbe a Martini?
“Alla sua età dica basta, taccia e si ritiri a vita privata: ha già dato, ormai non è più la sua epoca. Ma purtroppo, veda, è in buona compagnia: prenda il Cardinale Lehmann della Conferenza episcopale tedesca o l’attuale Arcivescovo ‘buonista’ di Milano, il Cardinale Tettamanzi. Tra poco farà ballare nel Duomo anche le donne nude! Non c’è che dire, Tettamanzi è degno erede del suo predecessore!”.

- Vuole dare un consiglio anche a Tettamanzi?
“Certo. Rispetti il Motu Proprio del Papa sul rito tridentino invece di far il ‘bastian contrario’. E le danze tribali le organizzi in Africa, non nel Duomo di Milano”.

- Senatore Cossiga, torniamo a Martini. Sappiamo di un curioso retroscena…
“Faccio mea culpa: purtroppo, all’epoca, in quanto Presidente della Repubblica [rectius: del Consiglio dei Ministri], contribuii anch’io a farlo nominare Arcivescovo di Milano”.

- Come sarebbe a dire?
“Con il vecchio Concordato ci voleva la mia controfirma per rendere valida la sua nomina ed io ho dovuto firmare. Avrei dovuto diffidare di lui, è un gesuita”.

- Essere Gesuita è un peccato grave?
“Martini ha la mentalità tipica del progressista, che fa tanto snob. Eppure i Gesuiti sono il braccio armato della Chiesa. Curiosamente prima erano reazionari, poi hanno cavalcato la tigre del progressismo sfrenato, si sono persino rifatti alla teologia della liberazione. La cosa più grave è che non vengono mai richiamati all’ordine dalla Santa Sede. Un mistero…”.

- Veniamo al Concilio Vaticano II…
“Caro Volpe, io non sono contro il Concilio, ma censuro l’ermeneutica rivoluzionaria e progressista che ne è seguita e che sembra di moda sbandierare ancora oggi sotto le insegne del cosiddetto ‘cattobuonismo’. Lo stesso ‘cattobuonismo’ di Martini, tanto per intenderci. Ma poi, cosa vuole, io sono fedele sia al teologo Joseph Ratzinger che al Papa Benedetto XVI: siamo sicuri che lo siano anche i vari Martini e Tettamanzi?”.

http://blog.messainlatino.it/2010/08/francesco-cossiga-rip.html?spref=fb

martedì 17 agosto 2010

Adesso è dopo, quindi vi spiego il perchè di quello che ho pubblicato prima.Più chiaro di così...

Era da qualche giorno forse settimane,che m'imbattevo in persone,amici,amiche in genere,decerebrate,troppo duro?Correggo il tiro:prive di cervello.Ragazze,donne o pseudo uomini,tutti almeno diplomati,brava gente che in genere va anche a Messa,qualcuno frequenta gruppi di preghiera o gruppi di supposta evangelizzazione.Tutti pronti a stracciarsi le vesti per un cagnolino abbandonato(a questo s'è ridotto il cristianesimo)tutti pronti a difendere il diverso,tutti che... piuttosto che soffra è meglio l'eutanasia,tutti che..di fronte ad una ragazza,donna che abortisce non bisogna prendere posizione sono cose personali.Tutti pacifisti e tutti per i rapporti pre-matrimoniali,siamo nel 2010,se ci si vuol bene non è peccato.Tutti con un'idea di cosa dovrebbe essere la Chiesa,nessuno che sappia cos'è la Chiesa.
In questi giorni a Riccione,ma ce ne sono state altre in giro per l'Italia,amici giganti stanno portando avanti una missione di strada,di spiaggia,di evangelizzazione,è gente che per le loro facce,per le loro storie è credibile e testimonia la bellezza,la gioia della risurrezione di Gesù Cristo oggi.
Sul sito del TGcom m'è capitato di trovare un'articolo su di un prete ungherese che predicherebbe su uno skate board

tempo fa c'era il corso per suore di make-up in modo che con il pretesto del trucco(loro?)potessero avvicinare le ragazze per evangelizzarle.La fonte è il TGcom non l'Osservatore Romano quindi lo prendo con cautela,ma mi era impossibile non chiedermi,la gente non sa più ragionare,al limite si emoziona(vomito!)e la Chiesa si affida al merchandising?Al marketing?La fede è diventata un prodottucolo da vendere,da svendere?Non può essere,mi sta bene il prete sullo skateboard,meno la suora col trucco,capisco l'esigenza di uscire dalle chiese visto che la gente,a ragione,non ci va più,ma non può essere questa la nuova evangelizzazione.Combattere il mondo, con tutti i mezzi che ha a disposizione con le marionette?Facciamo ridere,non è credibile.Tempo fa "qualcuno" ha scritto una cosina che si chiama Fides et Ratio,non Fides et circenses,mi pare.
Questa notte quando m'è capitato di trovare su fb l'articolo di Messori, pubblicato nel post precedente ho esultato.Questa è la nuova evangelizzazione:apologetica,ragioni.La storia della Chiesa è piena di santi di predicatori che hanno evangelizzato con la forza della parola e della testimonianza di vita,non ho presente santi bestioni che non sapessero dare le ragioni della loro fede,ci sono stati grandi santi ignoranti,grazie a Dio,il curato d'Ars ad esempio ma avevano una intelligenza e una conoscenza sorprendenti che gli venivano dalla fede,basta guardare le loro opere.Hanno dato vita all'Europa!Dubito che santa Caterina da Siena,sant'Ignazio di Loyola,san Tommaso d'Aquino,sant'Agostino,san Francesco,sant'Antonio da Padova avessero il problema di attirare le folle con la trombetta,erano tempi più facili?Dimostratemelo.Non bluffiamo con san Giovanni Bosco e san Filippo Neri,leggetevi le loro biografie e il tempo che passavano ad istruire i ragazzi,non solo a farli giocare per tenerli lontani dalle strade,non erano i bambinai a cui li abbiamo ridotti.Una delle ultime cose su cui s'era battuto don Giussani era l'emergenza educativa,il mondo non ha più le ragioni per credere quindi per vivere.Benedetto XVI° mettendo lo splendido mons.Rino Fisichella a capo del Pontificio Consiglio per la rievangelizzazione dell'Occidente ha preso la strada indicata allora dal don Gius,educare al significato,il marketing è estraneo alla Chiesa checche ne pensi qualche potente progressista e modernista alto prelato.

p.s.
Non mi scandalizza il peccato,ma l'ignoranza del peccato,il non sapere più cosa lo è e cosa no,ci si gioca la vita eterna.Il non sapere più cosa è ragionevole e cosa no:ci si gioca il centuplo quaggiù.

Spettacolare anteprima di quello che vi racconto dopo


7 luglio 2010 :: Corriere della Sera

L'immutabile destino della Chiesa: trionfante e sofferente insieme

di Vittorio Messori


C’è il senso del pontificato intero di Benedetto XVI nella istituzione, il giorno della festa di Pietro e Paolo, del nuovo Pontificio Consiglio per la rievangelizzazione dell’Occidente secolarizzato, per il riannuncio della fede in un mondo dove “il Dio di Gesù sembra eclissarsi“. E c’è un significato preciso, se il neonato Consiglio è stato affidato a un arcivescovo come Rino Fisichella, specialista in quella antica “apologetica” che oggi si preferisce chiamare “teologia fondamentale“.
Per capire, bisogna porsi alcune domande. Cominciando dalla più importante: la Chiesa cattolica è davvero in grave difficoltà? In realtà, teologia ed esperienza storica mostrano che sempre è stata, e sempre sarà, al contempo triumphans et dolens
Come il suo Fondatore sarà sempre, parola di Pascal, viva e feconda e, al contempo, come agonizzante. Clero indegno, tra abusi sessuali e affarismi? Nessuna sorpresa, essendo, nel suo volto umano, sia casta che meretrix, sia madre dei santi che rifugio e patria dei peccatori. Perseguitata? Se non lo fosse, smentirebbe il monito del Cristo ai discepoli, che non possono avere sorte diversa dal Maestro. In decadenza numerica, quanto a praticanti e vocazioni?, Doveroso, in fondo, poiché il suo destino, come prevede il Vangelo, è di essere “piccolo gregge“, “lievito“, “sale“, “granello di senape“.
E’ semplice catechismo. Sbagliano, dunque, coloro che si avventurano in improbabili analisi, immaginando un Benedetto XVI “angosciato“ per questo tipo di problemi.
Proprio per la sua prospettiva di fede, papa Ratzinger è molto addolorato, e non manca di dirlo pubblicamente ma, al contempo è lontano dalla “angoscia“. Quando mi descriveva la situazione inquietante ,della Catholica nella tempesta postconciliare , mi permisi di chiedergli se, malgrado tutto, le sue notti fossero tranquille. Mi guardò sorpreso : << color="#ff0000"> C’è un sospetto di angoscia, semmai, per la constatazione –che in lui è sempre stata lucida e costante- che è proprio la fede che oggi fa problema.Nulla può turbare il Pastore, se nel clero e nei laici regge la fiducia nella esistenza di Dio, nella verità del Vangelo, nella Chiesa come corpo del Cristo. Nulla può stare in piedi, invece, se ci si convince che ci sono Caso, Materia, Evoluzione cieca al posto di Dio; che la Scrittura non è che un’antologia caotica di remota letteratura semitica; che la Chiesa è una multinazionale affaristica o , a esser benevoli, la maggiore delle ONG, una Croce Rossa con l’hobby della religione. Per due volte, solo negli ultimi mesi, Benedetto XVI ha ripetuto -e ogni volta, sì, con un sospetto di angoscia-: “ La fede rischia oggi di estinguersi come una fiamma che non trova più alimento“. A Fatima ha ricordato l’equivoco di tanto attivismo clericale, che si affatica sulle conseguenze morali, politiche, sociali da trarre dalla fede, senza però interrogarsi sulla verità e credibilità di quella fede. Cosa che, oggi, non è affatto scontata. E non lo è a tal punto che una volta, a tavola, gli sentii sfuggire una confidenza: “Oggi, in Occidente, chi mi stupisce non è l’incredulo, è il credente“. Nella sua inquietudine, certa intellighenzia e nomenklatura ecclesiali non lo confortano ma, spesso, sembrano contrastarlo. Come ha ripetuto in questi giorni, è consapevole che i maggiori pericoli per la Chiesa vengono dal suo interno, e non solo per il peccato del denaro, dell’arrivismo, della carne. Sa meglio di tutti (un quarto di secolo alla Congelazione per la fede non sono stati vani) che molta teologia, magari dispensata nelle università “cattoliche“ se non “pontificie“, è infida, insinua il dubbio e mina le certezze. Sa che tanta esegesi biblica disseziona la Scrittura come fosse un qualunque testo antico , accettando acriticamente un metodo che chiama “storico-critico“ creato nel Novecento da atei o da protestanti secolarizzati e che più che critico è ideologico. La base stesso su cui tutto si fonda, la Risurrezione di Gesù nello spirito ma anche nel corpo, è messa in dubbio se non respinta da preti e frati in cattedra. Sa che le basi dell’etica cattolica sono negate, nella pratica, da tanta pastorale. Sa che, nei seminari, i pochi giovani superstiti dipendono, più che dal direttore spirituale, da sociologi e psicologi: e se increduli, tanto meglio, non è forse segno di “illuminata apertura“?Se, dunque, “la fiamma“ si spegne è anche perché tanti, che pur dovrebbero, non l’alimentano, anzi lavorano per estinguerla. E’ tempo, dunque, di gettare fascine nel braciere, riscoprendo quel lavoro di ricerca della credibilità della fede, quell’accordo tra il credere il ragionare che è sempre esistito nella Chiesa e che dopo il Concilio era stato abbandonato. E’ tempo, insomma, di ritorno all’apologetica, per ridare alimento alla fiaccola, spenta la quale niente avrebbe più senso e San Pietro, con il Vaticano intero, potrebbero essere consegnati all’Unesco come semplice “patrimonio artistico della umanità“. Non a caso mons. Fisichella, specialista proprio di apologetica -o teologia fondamentale, che dir si voglia- è sembrato a Benedetto XVI il “fuochista“ adeguato. Un lavoro arduo attende l’arcivescovo, cardinale se farà bene. Qui, per la Chiesa, tutto è in gioco: e non basteranno i soliti convegni, dibattiti, “cattedre di non credenti“ o la solita “documentite“ ad uso interno. Ci vorranno nuovi apologeti, rispettosi di tutti e al contempo coriacei nel mostrare le ragioni per le quali il credente non è un credulo, perché il Vangelo è “vero” .

martedì 10 agosto 2010

Giacomo BIFFI-Vladimir Sergeevic Solovev: un profeta inascoltato


Intervento di Sua Eminenza Card. Giacomo BIFFI,
Arcivescovo di Bologna, 118° Pastore della Chiesa Bolognese, 110° Successore di San Petronio
al Convegno «La passione per l'unità»: Vladimir Solo'vev (1853-1900)
Sabato 4 marzo 2000 - Sala di rappresentanza di Rolo Banca 1473


Vladimir Sergeevic Solovev è morto cento anni fa, il 31 luglio (13 agosto, secondo il nostro calendario gregoriano) dell'anno 1900.
E' morto sul limitare del secolo XX: un secolo del quale egli, con singolare acutezza, aveva preannunciato le vicissitudini e i guai; un secolo che avrebbe però tragicamente contraddetto nei fatti e nelle ideologie dominanti i suoi più rilevanti e più originali insegnamenti. E' stato dunque, il suo, un magistero profetico e al tempo stesso un magistero largamente inascoltato.


Un magistero profetico

Al tempo del grande filosofo russo, la mentalità più diffusa - nell'ottimismo spensierato della «belle époque» - prevedeva per l'umanità del secolo che stava per cominciare un avvenire sereno: sotto la guida e l'ispirazione della nuova religione del progresso e della solidarietà senza motivazioni trascendenti, i popoli avrebbero conosciuto un'epoca di prosperità, di pace, di giustizia, di sicurezza. Nel ballo Excelsior - una coreografia che negli ultimi anni del secolo XIX aveva avuto uno straordinario successo (e avrebbe poi dato il nome a una serie innumerevoli di teatri, di alberghi, di cinema) - questa nuova religione aveva trovato quasi una sua liturgia. Victor Hugo aveva profetizzato: "Questo secolo è stato grande, il prossimo secolo sarà felice".

Solovev invece non si lascia incantare da quel candore laicistico e anzi preannunzia con preveggente lucidità tutti i malanni che poi si sono avverati.

Già nel 1882, nel Secondo discorso sopra Dostoevskij, egli parrebbe aver presagito e anticipatamente condannato l'insipienza e l'atrocità del collettivismo tirannico, che qualche decennio dopo avrebbe afflitto la Russia e l'umanità: "Il mondo - afferma - non deve essere salvato col ricorso alla forza... Ci si può figurare che gli uomini collaborino insieme a qualche grande compito, e che a esso riferiscano e sottomettano tutte le loro attività particolari; ma se questo compito è loro imposto, se esso rappresenta per loro qualcosa di fatale e di incombente, ...allora, anche se tale unità abbracciasse tutta l'unanità, non sarà stata raggiunta l'umanità universale, ma si avrà solo un enorme formicaio" (Edizione La Casa di Matriona, pp. 65-66); quel «formicaio» che in effetti sarebbe stato poi attuato dall'ideologia ottusa e impietosa di Lenin e di Stalin.

Nell'ultima pubblicazione - «I tre dialoghi» e «il racconto dell'Anticristo», opera compiuta la domenica di Pasqua del 1900 - è impressionante rilevare la chiarezza con cui Solovev prevede che il secolo XX sarà "l'epoca delle ultime grandi guerre, delle discordie intestine e delle rivoluzioni" (Edizione Marietti p.184). Dopo di che - egli dice - tutto sarà pronto perché perda di significato "la vecchia struttura in nazioni separate e quasi ovunque scompaiano gli ultimi resti delle antiche istituzioni monarchiche" (p. 188). Si arriverà così alla "Unione degli Stati Uniti d'Europa" (p. 195).

Soprattutto è stupefacente la perspicacia con cui descrive la grande crisi che colpirà il cristianesimo negli ultimi decenni del Novecento.

Egli la raffigura nella icona dell'Anticristo, personaggio affascinante che riuscirà a influenzare e a condizionare un pò tutti. In lui, come qui è presentato, non è difficile ravvisare l'emblema, quasi l'ipostatizzazione, della religiosità confusa e ambigua di questi nostri anni: egli - dice Solovev - sarà un "convinto spiritualista", un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo.

Sarà, tra l'altro, anche un esperto esegeta: la sua cultura biblica gli propizierà addirittura una laurea honoris causa della facoltà di Tubinga. Soprattutto, si dimostrerà un eccellente ecumenista, capace di dialogare "con parole piene di dolcezza, saggezza ed eloquenza" (p. 211).

Nei confronti di Cristo non avrà "un'ostilità di principio" (p. 190); anzi ne apprezzerà l'altissimo insegnamento. Ma non potrà sopportarne - e perciò la censurerà - la sua assoluta "unicità" (p. 190); e dunque non si rassegnerà ad ammettere e a proclamare che egli sia risorto e oggi vivo.

Si delinea qui, come si vede, e viene criticato, un cristianesimo dei "valori", delle "aperture" e del "dialogo", dove pare che resti poco posto alla persona del Figlio di Dio crocifisso per noi e risorto, e all'evento salvifico.

Abbiamo di che riflettere. La militanza di fede ridotta ad azione umanitaria e genericamente culturale; il messaggio evangelico identificato nel confronto irenico con tutte le filosofie e con tutte le religioni; la Chiesa di Dio scambiata per un'organizzazione di promozione sociale: siamo sicuri che Solovev non abbia davvero previsto ciò che è effettivamente avvenuto, e che non sia proprio questa oggi l'insidia più pericolosa per la "nazione santa" redenta dal sangue di Cristo? E' un interrogativo inquietante e non dovrebbe essere eluso.


Un magistero inascoltato

Solovev ha capito come nessun altro il secolo ventesimo, ma il secolo ventesimo non ha capito lui.
Non è che gli siano mancati i riconoscimenti. La qualifica di massimo filosofo russo non gli viene di solito contestata. Von Balthasar ritiene il suo pensiero "la più universale creazione speculativa dell'epoca moderna" (Gloria III, p. 263) e arriva perfino a collocarlo sullo stesso piano di Tommaso d'Aquino.
Ma è innegabile che il secolo ventesimo, nel suo complesso, non gli ha prestato alcuna attenzione e anzi si è puntigliosamente mosso in senso opposto a quello da lui indicato.

Sono lontanissimi dalla visione solovievana della realtà gli atteggiamenti mentali oggi prevalenti, anche in molti cristiani ecclesialmente impegnati e acculturati. Tra gli altri, tanto per esemplificare:
- l'individualismo egoistico, che sta sempre più segnando di sé l'evoluzione del nostro costume e delle nostre leggi;
- il soggettivismo morale, che induce a ritenere che sia lecito e perfino lodevole assumere in campo legislativo e politico posizioni differenziati dalla norma di comportamento alla quale personalmente ci si attiene;
- il pacifismo e la non-violenza, di matrice tolstoiana, confusi con gli ideali evangelici di pace e di fraternità, così che poi si finisce coll‘arrendersi alla prepotenza e si lasciano senza difesa i deboli e gli onesti;
- l'estrinsecismo teologico che, per timore di essere tacciato di integrismo, dimentica l'unità del piano di Dio, rinuncia a irradiare la verità divina in tutti i campi, abdica a ogni impegno di coerenza cristiana.

In special modo il secolo ventesimo - nei suoi percorsi e nei suoi esiti sociali, politici, culturali - ha contraddetto clamorosamente la grande costruzione morale di Solovev.

Egli aveva individuato i postulati etici fondamentali in una triplice primordiale esperienza, nativamente presente in ogni uomo: vale a dire nel pudore, nella pietà verso gli altri, nel sentimento religioso.
Ebbene, il Novecento - dopo una rivoluzione sessuale egoistica e senza saggezza - è approdato a traguardi di permissivismo, di ostentata volgarità e di pubblica spudoratezza, che sembra non aver paragoni adeguati nella vicenda umana.

E' stato poi il secolo più oppressivo e più insanguinato della storia, privo di rispetto per la vita umana e privo di misericordia. Non possiamo certo dimenticare l'orrore dello sterminio degli ebrei, che non sarà mai esecrato abbastanza. Ma sarà bene ricordare che non è stato il solo: nessuno ricorda il genocidio degli Armeni a cavallo della prima guerra mondiale; nessuno commemora le decine e decine di milioni uccisi sotto il regime sovietico; nessuno si avventura a fare il conto delle vittime sacrificate inutilmente nelle varie parti del mondo all'utopia comunista.

Quanto al sentimento religioso, durante il secolo ventesimo in oriente è stato per la prima volta proposto e imposto su una vasta parte di umanità l'ateismo di stato, mentre nell'occidente secolarizzato si è diffuso un ateismo edonistico e libertario, fino ad arrivare all'idea grottesca della "morte di Dio".

In conclusione, Solovev è stato indubbiamente un profeta e un maestro; ma un maestro, per così dire, inattuale. Ed è questa, paradossalmente la ragione della sua grandezza e della sua preziosità per il nostro tempo.

Appassionato difensore dell'uomo e allergico a ogni filantropia; apostolo infaticabile della pace e avversario del pacifismo; propugnatore dell'unità tra i cristiani e critico di ogni irenismo; innamorato della natura e lontanissimo dalle odierne infatuazioni ecologiche: in una parola, amico della verità e nemico dell'ideologia. Proprio di guide come lui abbiamo oggi un estremo bisogno.

San Padre Marcelo Rossi

..e il suo catechismo ,per i semplici,cantato.

lunedì 9 agosto 2010

Vaticano: la bandiera della Pace è un simbolo sincretista e non cristiano


Guardando la storia di questo simbolo pacifista, ignota anche a quegli uomini di Chiesa che lo ostentano al posto della Croce, se ne scorge la carica sincretista e New Age, quindi pagana, nonchè il relativismo etico di cui è intrisa. Lo avevamo scritto 2 anni fa e ora il Vaticano ci dà ragione, tramite Propaganda Fide. Peccato che i cattolici "adulti" e "de sinistra" non lo leggerano, è una questione di analfabetismo dottrinale.


L'Arcobaleno: sincretismo o pace ?


(http://kattolikamente.splinder.com) Che il cuore dell’uomo aspiri alla pace è una delle constatazione che chiunque osservi la propria esperienza elementare può fare. Tuttavia lo spettacolo tragico a cui assistiamo giornalmente sembra smentire categoricamente tale assunto. È altrettanto evidente infatti che il conflitto è sempre in agguato per i più svariati motivi: un pezzo di terra da condividere, degli affetti comuni, risorse primarie da utilizzare. Le cause seconde dei conflitti sono molteplici e talvolta non individuabili. Alla base di tali cause tuttavia, ve n’è una: l’autosufficienza. La Chiesa cattolica per descrivere tale situazione ha formulato il dogma del peccato originale. La pace o la guerra dipendono dal cuore dell’uomo.

Sin dall’Antico Testamento, gli ebrei avevano individuato una serie di norme, sintetizzate in modo grandioso nel decalogo, che tenessero conto della complessità della natura umana: sia nella sua dimensione verticale, nel rapporto con il Trascendente, che in quella orizzontale, nel rapporto con il prossimo. Una serie di pesi e contrappesi garantivano un certo equilibrio. Tuttavia, la sostanziale novità fu apportata da Gesù Cristo, il quale pur attingendo a pieno dalla tradizione antico-testamentaria, rinnovò nella sostanza il decalogo, spostando l’attenzione sull’aspetto centrale della vita dell’uomo: il bisogno di sentirsi amato e di amare. Gesù arrivò a concepire addirittura, cosa assolutamente assente nelle altre tradizioni religiose, l’amore per i nemici.

Infatti questa affermazione rivoluzionaria viene considerata l’anima “della nonviolenza cristiana, che non consiste nell’arrendersi al male – secondo una falsa interpretazione del "porgere l’altra guancia" (cfr Lc 6,29) – ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia. Si comprende allora che la nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità” (Benedetto XVI, Angelus del 18 febbraio 2007).

Tutto ciò comporta il pagamento di un prezzo: il sacrificio di sé. È la dinamica che ha portato il Signore Gesù alla morte in croce; il suo sacrificio, offerto una volta per tutte, riassume in sé i sacrifici, piccoli o grandi che siano, degli uomini di ogni tempo. Simbolo evocativo di una umanità pacificata è quindi la croce, non qualsiasi croce, ma quella di Cristo.

La teosofia

Quanto premesso ci serve per postulare una domanda: come mai uomini di Chiesa, laici o chierici che siano, hanno per tutti questi anni ostentato la bandiera arcobaleno e non la croce, come simbolo di pace? Sarebbe interessante interrogare uno per uno coloro che, forse anche inconsapevolmente, hanno affisso sugli altari, ingressi e campanili delle chiese lo stendardo arcobaleno. Tuttavia qualche risposta, per loro conto, potremmo ipotizzarla, richiamando alla memoria la lunga litania degli eventi in cui la chiesa avrebbe brandito la croce come simbolo di sopraffazione, e chiesto successivamente in modo inequivocabile perdono per le manchevolezze dei suoi figli: crociate, caccia alle streghe, roghi di eretici, la lista si potrebbe allungare all’inverosimile. Qui però, taluni dimenticano che la storiografia più aggiornata ha ridimensionato quanto la propaganda anticlericale, soprattutto ottocentesca aveva orchestrato ad arte.

Tuttavia per non sottrarsi ad eventuali obiezioni, resta il fatto incontrovertibile che non è il simbolo della croce in sé stesso ad aver bisogno di essere emendato quanto piuttosto gli atteggiamenti degli uomini che, guardando a tale segno possono ritrovare motivo di conversione.

A questo punto diventa necessaria un'altra domanda: questi uomini e donne di chiesa sanno qual è l’origine della bandiera della pace? Molti probabilmente no. Altri, pur sapendo non se ne preoccupano più di tanto. Altri ancora hanno trovato in questo simbolo la rievocazione dell’episodio biblico del diluvio universale.

In realtà, le origini della bandiera della pace vanno ricercate, nelle teorie teosofiche nate alla fine dell’800. La teosofia (letteralmente “Conoscenza di Dio”) è quel sistema di pensiero che tende alla conoscenza intuitiva del divino. Essa è sempre stata presente nella cultura indiana, mentre nell'Occidente è rintracciabile negli scritti di Platone (427-347 a.C.), dei neo-platonici, come Plotino (204-270). La moderna versione ha preso forma dalla Società Teosofica, un movimento mistico, esoterico, spirituale e gnostico fondato nel 1875 da Helena Petrovna Blavatsky, più nota come Madame Blavatsky.

La dottrina

Il programma della Società, ispirato alle dottrine orientali dell'induismo e del buddismo, era riassunto nei seguenti tre scopi:

Formare un nucleo di fratellanza universale dell'Umanità, senza distinzione di razza, credo, sesso, casta o colore;

Incoraggiare lo studio comparato di religioni, filosofie e scienze;

Investigare le leggi inesplicabili della natura e dei poteri latenti nell'uomo.

La teosofia ha rappresentato un vero momento di rottura con le tradizioni religiose che dominavano precedentemente in Occidente, e ha permesso a molte filosofie e religioni indiane di divenire negli anni popolari in Europa e Stati Uniti.

Tali principi di fondo si sono combinate con alcune pratiche come il vegetarianismo e lo sviluppo delle facoltà paranormali. la dottrina della Società Teosofica è contenuta nei due principali libri della Blavatsky, Iside svelata e La dottrina segreta.

Il suo pensiero potrebbe essere riassunto nei seguenti punti:

Coscienza universale ed individuale: gli eventi accadono per leggi che soggiacciono ad un Paradigma Universale (paragonabile al concetto di Dio, o di Logos, detto del Sole o cosmico), che impregna tutto di coscienza.

Gnosticismo dualista (coscienza e materia): gli esseri umani hanno un proprio “se stesso più elevato” divino ed immortale, cui possono rivolgersi con la preghiera, ma essi devono operare per collegare la propria natura con quella divina, altrimenti periranno (principio della negazione dell'immortalità personale).
Reincarnazione e trasmigrazione dell'anima: concetto preso dall'esoterismo buddista con la variante che i teosofici non credono nella regressione: l'uomo non può reincarnarsi in un animale o in una pianta. Egli dovrà invece reincarnarsi almeno ottocento volte, secondo un disegno determinato dal Karma, il ciclo del destino.

Concezione settenaria dell'universo, dell'uomo e della civiltà umana: gli elementi essenziali sono monadi che discendono attraverso sette piani di progressiva materializzazione, durante i quali si è formata l'umanità, ritornando poi, in ascesa attraverso sette fasi di evoluzione: sthula-sarira (il corpo fisico), linga-sarira (il corpo astrale), prana (il respiro della vita o corpo mentale), kama (il desiderio o corpo intuitivo), manas (la reincarnazione), buddhi (lo spirito universale), e atman (il sé cosmico e divino)

Esistenza dei Maestri segreti (mahatma), esseri perfetti dotati di grande saggezza e di potere mistici, che hanno completato il ciclo delle reincarnazioni, e che possono aiutare a raggiungere il massimo livello di evoluzione.

Il New Age

Le analisi culturalmente più sofisticate riconducono il New Age alla categoria del revival, "movimento di risveglio", ben nota agli storici delle religioni soprattutto in ambito anglo-americano. Benché, fra i gruppi cristiani, siano spesso proprio i pentecostali ad attaccare nel modo più virulento il New Age, considerandolo un fenomeno diabolico, non mancano studiosi che propongono un’analogia fra il New Age e il pentecostalismo. A partire dai primi anni del secolo XX il pentecostalismo si presenta come movimento di risveglio di un mondo protestante ampiamente inaridito e sclerotizzato, così il New Age si pone come movimento di risveglio, nell’area culturale di lingua inglese, non più del mondo cristiano ma del mondo laico se non laicista. Anche questo ambiente - la cui organizzazione culturale era largamente affidata alle logge massoniche e alla più discreta, ma non meno importante, influenza della Società Teosofica - si trovava, a partire dagli anni intorno alla Seconda guerra mondiale, in uno di quegli stati di freddezza e di aridità che producono così spesso nella storia i fenomeni di revival.

Gli ambienti massonici e teosofici, in particolare, denunciavano una preoccupante incapacità di interpretare i tempi e di svolgere il consueto ruolo di organizzazione culturale, pur non avendo, naturalmente, perduto le loro diverse capacità di influenza sociale e politica. Nel mondo teosofico il disagio si era tradotto in una serie di scismi, il più rilevante dei quali - almeno nel mondo di lingua inglese - era stato promosso da Alice Bailey, nata nel 1880 e scomparsa nel 1949. Proprio Alice Bailey - che aveva soggiornato ad Ascona, presso quel luogo di incubazione di molte idee del New Age contemporaneo che era stato il Monte Verità - aveva cominciato negli anni’20 a utilizzare l’espressione "New Age" nel senso attuale; quest’uso era diventato corrente fra i suoi discepoli negli anni’40. Alice Bailey morì nel 1949 senza vedere l’"evo nuovo" che aveva enigmaticamente annunciato.

Visione della realtà

Specifico della mentalità New Age consiste nel non avere nessuna visione del mondo e nessuna dottrina, ma nel predicare la libertà più assoluta In realtà, ciò è vero solo teoricamente, perché il New Age non potrebbe avere nessuna unità se le opinioni diverse che vi si manifestano non coesistessero su una trama di fondo che presenta una serie di elementi comuni.

La questione della verità

Potremmo riassumere tale questione con un slogan: non esistono verità assolute. Espressa in questi termini, la premessa sarebbe tutt’altro che nuova: il relativismo è antico come la filosofia, se non come l’umanità decaduta. Tuttavia esistono diverse forme di relativismo, e il relativismo del New Age si specifica per il suo carattere volontarista. Ciascuno può, letteralmente, creare il proprio mondo, e ciascun mondo soggettivamente creato avrà la sua verità, non meno "vera" - e non meno "falsa" - rispetto a quella del mondo creato da un altro.

L’uomo

La visione dell’uomo del New Age si riassume nello slogan dell’attrice Shirley MacLaine - che da anni svolge il ruolo di missionaria internazionale del New Age attraverso libri, film e programmi televisivi - : "Noi siamo Dio". Più esattamente al fondo di ognuno di noi si trova una scintilla divina, che è la stessa energia cosmica universale in una delle sue molteplici manifestazioni, fra cui - peraltro - non possono essere istituite gerarchie. L’uomo-Dio del New Age è da una parte onnipotente; tale onnipotenza si rivela, da un altro punto di vista, come onnidipendenza, se si considera il ruolo preminente che hanno nel New Age la reincarnazione e l’astrologia.

Il Cristo

Il New Age parla anche volentieri di una realtà che chiama "il Cristo" ma - seguendo tutta una tradizione esoterica e gnostica - ha cura di distinguere "il Cristo" da Gesù di Nazareth come personaggio storico. Gesù non era "il Cristo", o almeno non lo era in modo diverso da Buddha o da chiunque sia in grado di entrare in contatto con la scintilla divina che porta dentro di sé. È questa scintilla, propriamente, che costituisce "il Cristo" come principio divino all’interno dell’uomo.

La morale

Altro tema del New Age è il rifiuto della nozione di peccato - considerata insuperabilmente dogmatica e in ogni caso tipica della superata Età dei Pesci, visto che la nuova era è quella dell’Acquario - e la sua sostituzione con la nozione di malattia. Il New Age non nega che esistano nel mondo comportamenti inadeguati - è sufficiente considerare l’orrore che gli ispirano i comportamenti anti-ecologici -, ma li ascrive a limitazioni fisiche o psichiche che possono essere assimilate alla malattia o a forme di "dipendenza" possibili da superare tramite le numerose forme di terapie e di recovery così largamente disponibili nell’ambiente del New Age.

Conclusione

Questa breve panoramica di due delle più insidiose visioni della realtà che stanno condizionando la cultura dominante occidentale ci è stata utile per inquadrare in una adeguato contesto di pensiero il successo che ha avuto il simbolo per eccellenza del pacifismo mondiale, non escluso buona parte del mondo cattolico: la bandiera della pace.

Diverse sono le versioni sull’origine di questa bandiera Una di queste è riconosciuta ad Aldo Capitini (fondatore del Movimento Nonviolento) che nel 1961 la usò per "aprire" la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Un’altra segnala che la sua origine risale al racconto biblico dell'Arca di Noè e che quindi è un simbolo cristiano a tutti gli effetti. Un’altra ancora spiega che la bandiera arcobaleno è il simbolo della città di Cuzco, capitale dell'impero Incas. Fu scelta, dall'imperatore del tempo, perché in quella vallata ogni volta che pioveva si formavano degli arcobaleni brillantissimi. Dalla Francia arriva la spiegazione che quel vessillo è il simbolo del movimento delle cooperative francesi creato intorno al 1920. Un'altra viene fatta risalire al 1950, la bandiera fu utilizzata in America come simbolo della pace dalle associazioni pacifiste e nonviolente. Altri dicono che sia stata “inventata” dal filosofo Bernard Russel nel 1956 in Inghilterra.

Tra tutte queste ipotesi spicca la tesi secondo la quale la bandiera arcobaleno è il simbolo dei movimenti di liberazione omosessuali. Sono diversi i siti web gay che rivendicano la proprietà della rainbow flag. Questa si differenzia dalla cosiddetta bandiera della pace principalmente per l'assenza della scritta PACE, ma anche perché la disposizione dei colori è speculare (il rosso è in basso nella bandiera della pace, in alto in quella dei gay), e infine perché la bandiera della pace prevede sette strisce di colore al posto di sei. La bandiera arcobaleno fu disegnata da un artista di San Francisco, Gilbert Baker, nel 1978, su richiesta della comunità gay locale in ricerca di un simbolo (a quei tempi il triangolo rosa non era ancora diffuso). Baker disegnò una bandiera con 8 strisce (successivamente sei) colorate: rosa (per il sesso), rosso (per la vita), arancio (per la guarigione), giallo (per il sole), verde (per la natura), turchese (per l'arte), indaco (per l'armonia) e viola (per lo spirito). Infatti questa bandiera sventolò per la prima volta a San Francisco nella marcia del Gay pride del 25 giugno 1978.

Comunque al di là di chi sia stato il primo ad ostentare tale simbolo resta il fatto incontestabile che si presenta come il più adatto a rappresentare un idea, oggi molto in voga, secondo la quale non ci sarebbe alcuna verità assoluta: tutte le opinioni hanno la medesima dignità e quindi meritevoli di spazio. Secondo questo tipo di idea per esempio è possibile mettere sullo stesso piano partiti politici o gruppi culturali che rivendicano, legittimamente, la difesa della dignità della donna, e gruppi, come è accaduto recentemente in Europa, che rivendicano la depenalizzazione dei reati di pedofilia. Si tratta ovviamente di aberrazioni possibili, solo all’interno di una mentalità relativistica come quella che caratterizza le nostre società occidentali.

La bandiera arcobaleno è una valida sintesi per rappresentare questo sincretismo; infatti l’arcobaleno nel New Age rappresenta il passaggio dall’umano verso il super-uomo divino. Sul ponte dell’arcobaleno (nel senso induista: Antahkarana) avviene l’unione di Atman e Brahman, dell’uomo singolo e dell’Energia cosmica (Dio). L’unità quindi è raggiungibile attraverso una sintesi, un’armonia e una tolleranza globale fra le diverse filosofie, ideologie e religioni. Così la pace sarà possibile. Pertanto " va considerato nel modo più severo l'abuso di introdurre nella celebrazione della Santa Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri liturgici, desumendoli dai riti di altre religioni" (Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti, Istruzione Redemptionis Sacramentum, n 79 ).

Il ricorso a quelle filosofie orientali, che estrapolate dal loro contesto storico- sociale- economico-religioso e ben sintetizzate dalla New Age, si inserisce perfettamente nel contesto occidentale, preoccupato di marginalizzare il discorso sulle sue autentiche radici, finisce per assumere come categoria fondamentale il relativismo etico imponendo al mondo culturale politico sociale e religioso una nuova forma di “dittatura”. (NL) (Agenzia Fides 20/6/2008)

Strage Duisburg, "punizione di Dio"


Un vescovo austriaco: invito al peccato

La tragedia della Love Parade? Potrebbe essere stata la punizione di Dio causata dagli eccessi di una gioventù perduta. La tesi viene sostenuta, sul portale cattolico "Kath.net", dal vescovo ausiliario di Salisburgo, Andreas Laun. Nella rubrica da lui curata, "Klartext" ("Parlare chiaro"), il prelato ha infatti pubblicato un duro commento dal titolo "Love Parade, peccato e punizione divina".

Nel testo Laun premette che a nessuno è permesso "giudicare i morti", ma poi passa all'attacco. "La Love Parade e la partecipazione ad essa - scrive Laun - a prescindere dalla sua immagine ripugnante, costituiscono una sorta di ribellione contro la Creazione e contro l'ordine divino, sono un peccato e un invito al peccato".

Subito dopo il vescovo continua con un terribile affondo, spiegando che "ci si rifiuta di ammettere che la Love Parade, a prescindere dal suo aspetto patologico, potrebbe anche avere a che fare con il peccato e per questo, di conseguenza, anche con un Dio che giudica e punisce".

Laun prosegue la sua filippica definendo un fatto naturale che Dio punisca e che "non è cattolico" pensare il contrario. Il vescovo ausiliario di Salisburgo precisa che Dio non punisce per vendetta, ma "per amore", poiché la sua intenzione è di "recuperare le persone". Dopo aver precisato che "la condanna morale dei morti è sbagliata", Laun scrive che "sarebbe ormai ora di chiedersi perché oggi tanta gente al concetto di 'punizione' reagisce come se fosse morsa dalla tarantola".

Il prelato passa poi ad affrontare gli "atei", ai quali chiede il motivo della loro indignazione, dal momento che "per voi non esiste il Dio della Bibbia e della Chiesa". Laun se la prende anche con i "critici" della religione in generale, poiché a suo avviso non esiste "nessuna religione che non creda a un Dio che sia anche giudice dell'umanità". "Usate la prudenza", ammonisce alla fine, "poiché il vostro scherno potrebbe colpire anche i musulmani, convinti anch'essi che Dio punisce e che ai vostri attacchi potrebbero reagire in modo diverso dal mio".


La cosa triste e paradossale oltre che assurda è che siamo diventati così molli e senza spina dorsale da sperare quasi di essere difesi dai musulmani.Cattolicesimo per femminucce,per fortuna che i gloriosi santi che ci hanno preceduto non ci sono più dubito lo sopporterebbero.Spero arrivi presto il tempo del giudizio,piazza pulita e chi rimarrà camminerà nella Luce.

sabato 7 agosto 2010

Quel "pirla" (o forse no) di Benedetto XVI° ?? Ma chi se ne frega....

Alla maggior parte di Cardinali,Vescovi,preti e fedeli non importa molto delle parole del Papa,anzi spesso ne sono infastiditi.Tutti hanno la loro opinione,evidentemente,più intelligente e corretta di quella di chi guida la Chiesa,il caso del Motu Propio(la maggior parte delle persone ignora addirittura cosa sia)ne è uno splendido esempio.Impera il cattolicesimo protestante dove più nessuno obbedisce(troppo intelligenti) ma ognuno va per i fatti suoi,spesso convinto anche di essere assistito,comunque,dallo Spirito Santo,lo spiritoso santo personale che autorizza tutte le più grosse cazzate in nome di un generico volemose ben.I documenti,la tradizione il Magistero,sono diventati roba vecchia di cui serenamente fare a meno, adesso è il tempo della Woodstock dello spirito tutti nudi(di appartenenza reale alla Chiesa)a ballare attorno ai falò del buonismo,facendosi canne di spiritoso santo e poi via a ciulare come matti tanto ci vogliamo bene non è peccato.
Mi tocca dire Dio benedica le sentinelle,ma forse è troppo Dio benedica don Andrea Brugnoli!Ascoltatelo.

12. La messa antica è moderna? from sentinelledelmattino on Vimeo.



p.s.
Stima totale al Centro Culturale Lepanto e ai "gruppi tradizionalisti".

venerdì 6 agosto 2010

Avanzando progressivamente all'indietro...

Io sto con Guareschi!




con qualche minima rettifica...

Secondo compleanno ri-e chi l'avrebbe detto?

E' arrivato,inatteso e forse indesiderato anche il secondo compleanno di questo blog,nato per caso e cresciuto per tanti motivi o forse per Uno solo.E'arrivato in uno dei momenti più pesanti di questi ultimi anni e anche per questo non ho voglia di tediarvi oltre,volevo festeggiarlo con una splendida sorpresa che per adesso non sono riuscito a procurarmi,il Cielo mi ha mandato però quest'altro ottimo modo per allietare l'occasione,spero vi piaccia e che comunque faccia male a quello là sotto.







Vi chiedo,so che esistete anche se siete molto timidi,preghiere per me ne ho particolarmente bisogno.Come compito per il terzo anno,sempre che mi sia permesso di arrivarci,vi chiedo una minore paura nel lasciare commenti e d'iscrivervi al blog,avrò ,a volte, meno l'impressione di parlare al vento.Grazie!

lunedì 2 agosto 2010

Medjugorje,messaggio del 02/08/2010


Cari figli, oggi vi invito a cominciare insieme a me nei vostri cuori a costruire il Regno dei Cieli, a dimenticare ciò che è personale e, guidati dall’esempio di mio Figlio, a pensare a ciò che è di Dio. Che cosa Lui desidera da voi? Non permettete a satana di aprirvi le strade della felicità terrena, strade in cui non c’è mio Figlio. Figli miei, sono false e durano poco. Mio Figlio esiste. Io vi offro la felicità eterna e la pace, l’unità con mio Figlio, con Dio, vi offro il Regno di Dio. Vi ringrazio.

domenica 1 agosto 2010

Mons. Pozzo: La vera Chiesa - Che cosa ha detto il Concilio e che cosa gli fa dire l'"ideologia para-conciliare neomodernista"


Testo della conferenza di Mons. Guido Pozzo, Segretario della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei", fatta ai sacerdoti europei della Fraternità San Pietro il 2 luglio 2010 a Wigratzbad. La conferenza è molto importante per distinguere fra i testi del Concilio Ecumenico Vaticano II interpretati secondo la Tradizione, come chiede Benedetto XVI,e quella che mons. Pozzo chiama "l’ideologia conciliare, o più esattamente para-conciliare, che si è impadronita del Concilio fin dal principio, sovrapponendosi a esso" "diffusa soprattutto dai gruppi intellettualistici cattolici neomodernisti e dai centri massmediatici del potere mondano secolaristico".


Aspetti della ecclesiologia cattolica nella recezione del Concilio Vaticano II
Premessa
Se si considera la Costituzione Dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II, si rendono subito visibili la grandezza e l’ampiezza dell’approfondimento del mistero della Chiesa e del suo rinnovamento interiore, ad opera dei Padri conciliari.

Se però si legge o si ascolta molto di ciò che è stato detto da certi teologi, alcuni famosi, altri che inseguono una teologia dilettantistica, o da una diffusa pubblicistica cattolica post conciliare, non si può non essere assaliti da una profonda tristezza e non si possono non nutrire serie preoccupazioni. E’ davvero difficile concepire un contrasto maggiore di quello esistente tra i documenti ufficiali del Concilio Vaticano II, del Magistero pontificio posteriore, degli interventi della Congregazione per la Dottrina della Fede da un parte, e, dall’altra parte, le tante idee o le affermazioni ambigue, discutibili e spesso contrarie alla retta dottrina cattolica, che si sono moltiplicate negli ambienti cattolici e in genere nell’opinione pubblica.

Quando si parla del Concilio Vaticano II e della sua recezione, il punto chiave di riferimento ormai deve essere uno solo, quello che lo stesso Magistero pontificio ha formulato in modo chiarissimo e inequivocabile. Nel Discorso del 22 dicembre alla Curia Romana Papa Benedetto XVI si è così espresso: “Emerge la domanda: perché la recezione del Concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile ? Ebbene, tutto dipende dalla giusta interpretazione del Concilio – come diremmo oggi – dalla sua giusta ermeneutica, dalla giusta chiave di lettura e di applicazione. I problemi della recezione sono nati dal fatto che due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L’una ha causato confusione, l’altra, silenziosamente, ma sempre più visibilmente, ha portato e porta frutti. Da una parte esiste un’interpretazione che vorrei chiamare – aggiunge il Santo Padre –‘ermeneutica della discontinuità e della rottura’; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall’altra parte c’è l’ ‘ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del popolo di Dio in cammino” (cf. Benedetto XVI, Insegnamenti, vol. I, 2005, Ed. Vaticana, Città del Vaticano 2006, pp. 1023 sg.).

Evidentemente, se il Santo Padre parla di due interpretazioni o chiavi di lettura divergenti, una della discontinuità o rottura con la Tradizione cattolica, e una del rinnovamento nella continuità, ciò significa che la questione cruciale o il punto veramente determinante all’origine del travaglio, del disorientamento e della confusione che hanno caratterizzato e ancora caratterizzano in parte i nostri tempi non è il Concilio Vaticano II come tale, non è l’insegnamento oggettivo contenuto nei suoi Documenti, ma è l’interpretazione di tale insegnamento.


In questa esposizione mi propongo di sviluppare brevemente due aspetti particolari, allo scopo di mettere in luce i punti fermi per una interpretazione corretta della dottrina conciliare, a confronto con le deviazioni e gli equivoci provocati dall’ermeneutica della discontinuità:
I. L’unità e l’unicità della Chiesa cattolica.
II. La Chiesa cattolica e le religioni in rapporto alla salvezza.

Nella conclusione infine vorrei fare alcune considerazioni sulle cause dell’ermeneutica della discontinuità con la Tradizione, mettendo in risalto soprattutto la forma mentis che ne sta alla base.

I. L’unità e l’unicità della Chiesa cattolica.
1. Contro l’opinione, sostenuta da numerosi teologi, che il Vaticano II abbia introdotto cambiamenti radicali riguardo la comprensione della Chiesa, si deve constatare anzitutto che il Concilio rimane sul terreno della Tradizione per ciò che concerne la dottrina sulla Chiesa. Ciò tuttavia non esclude che il Concilio abbia prodotto nuovi orientamenti ed esplicitato alcuni determinati aspetti. La novità rispetto alle dichiarazioni precedenti il Concilio è già nel fatto che il rapporto della Chiesa cattolica verso le chiese ortodosse e le comunità evangeliche nate dalla Riforma luterana è trattato come tema a se stante e in modo formalmente positivo, mentre nell’Enciclica Mortalium animos di Pio XI (1928), ad esempio, lo scopo era quello di delimitare e distinguere nettamente la Chiesa cattolica dalle confessioni cristiane non cattoliche.

2. E tuttavia, in primo luogo, il Vaticano II insiste sulla posizione di unità e unicità della vera Chiesa, riferendosi alla Chiesa cattolica esistente: “E’ questa l’unica Chiesa di Cristo che nel simbolo professiamo una, santa, cattolica e apostolica” (LG, 8). In secondo luogo, il Concilio risponde alla domanda su dove sia possibile trovare la vera Chiesa: “Questa Chiesa, costituita ed organizzata in questo mondo come società, sussiste nella Chiesa cattolica” (LG, 8). E per evitare ogni equivoco riguardo all’identificazione tra la vera Chiesa di Cristo e la Chiesa cattolica, si aggiunge che si tratta della Chiesa “governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui” (LG, 8). L’unica Chiesa di Cristo ha dunque nella Chiesa cattolica la sua realizzazione, la sua esistenza, la sua stabilità. Non c’è nessuna altra Chiesa di Cristo accanto alla Chiesa cattolica. Con ciò si afferma – almeno implicitamente - che la Chiesa di Gesù Cristo non è divisa in se stessa, neanche nella sua sostanza e che la sua unità indivisa non viene annullata dalle tante separazioni dei cristiani.

Tale dottrina sull’indivisibilità della Chiesa di Cristo, della sua identificazione sostanziale con la Chiesa cattolica, è ribadita nei Documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede, Mysterium Ecclesiae (1973), Dominus Iesus, 16 e 17 (2000) e nei Responsa ad dubia su alcune questioni ecclesiologiche (2007).

L'espressione subsistit in di Lumen gentium 8 significa che la Chiesa di Cristo non si è smarrita nelle vicende della storia, ma continua ad esistere come un unico e indiviso soggetto nella Chiesa cattolica. La Chiesa di Cristo sussiste, si ritrova e si riconosce nella Chiesa cattolica. In questo senso, vi è piena continuità con la dottrina insegnata precedentemente dal Magistero (Leone XIII, Pio XI e Pio XII).

3. Con la formula “subsistit in” la dottrina del Concilio – conformemente alla Tradizione cattolica – voleva esattamente escludere qualsiasi forma di relativismo ecclesiologico. Nello stesso tempo la sostituzione del “subsistit in” con l’ “est” adoperato dall’Enciclica Mystici Corporis di Pio XII, intende affrontare il problema ecumenico in modo più diretto ed esplicito di quanto si era fatto in passato. Sebbene la Chiesa sia soltanto una e si trovi in un unico soggetto, esistono però al di fuori di questo soggetto elementi ecclesiali veri e reali, che, tuttavia, essendo propri della Chiesa cattolica, spingono all’unità cattolica.

Il merito del Concilio è d’una parte di aver espresso l’unicità, l’indivisibilità e la non moltiplicabilità della Chiesa cattolica, e d’altra parte aver riconosciuto che anche nelle confessioni cristiane non cattoliche esistono doni ed elementi che hanno carattere ecclesiale, che giustificano e spingono ad operare per la restaurazione dell’unità di tutti i discepoli di Cristo. La pretesa di essere l’unica Chiesa di Cristo non può essere infatti interpretata al punto da non riconoscere la differenza essenziale tra i fedeli cristiani non cattolici e i non battezzati. Non è possibile infatti mettere sullo stesso piano quanto all’appartenenza alla Chiesa i cristiani non cattolici e coloro che non hanno ricevuto il battesimo. Il rapporto con la Chiesa cattolica da parte delle Chiese e Comunità ecclesiali cristiane non cattoliche non è tra il nulla e il tutto, ma è tra la parzialità della comunione e la pienezza della comunione.

4. Nel paradosso, per così dire, della differenza tra unicità della Chiesa cattolica ed esistenza di elementi realmente ecclesiali al di fuori di questo unico soggetto, si riflette la contradditorietà della divisione e del peccato. Ma tale divisione è qualcosa di totalmente diverso da quella visione relativistica che considera la divisione fra i cristiani non come una frattura dolorosa, ma come la manifestazione delle molteplici variazioni dottrinali di uno stesso tema, nel quale tutte le variazioni o divergenze sarebbero in qualche modo giustificate e dovrebbero fra loro riconoscersi e accettarsi come differenze o divergenze. L’idea che ne deriva è che l’ecumenismo dovrebbe consistere nel reciproco e rispettoso riconoscimento delle diversità, e il cristianesimo sarebbe alla fine l’insieme dei frammenti della realtà cristiana. Tale interpretazione del pensiero conciliare è espressione per l’appunto di quella discontinuità o rottura con la Tradizione cattolica e rappresenta una profonda falsificazione del Concilio.

5. Per recuperare una autentica interpretazione del Concilio nella linea di un’evoluzione nella continuità sostanziale con la dottrina tradizionale della Chiesa, occorre sottolineare che gli elementi di «santificazione e di verità» che le altre Chiese e Comunità cristiane hanno in comune con la Chiesa cattolica, costituiscono insieme la base per la reciproca comunione ecclesiale e il fondamento che le caratterizza in modo vero, autentico e reale. Sarebbe perònecessario aggiungere, per completezza, che quanto esse hanno di proprio, non condiviso dalla Chiesa cattolica e che separa da essa queste comunità, le connota come non-Chiesa. Esse quindi sono «strumento di salvezza» (UR 3) per quella parte che hanno in comune con la Chiesa cattolica e i loro fedeli seguendo questa parte comune possono raggiungere la salvezza; per quella parte invece che è estranea o opposta alla Chiesa cattolica, esse non sono strumenti di salvezza (salvo che si tratti di coscienza invincibilmente erronea; in tal caso il loro errore non è imputabile, sebbene si debba qualificare la coscienza comunque come erronea) [cf. ad es. il fatto delle ordinazioni di donne al sacerdozio e all’episcopato, o l’ordinazioni di persone omosessuali in certe comunità anglicane o vetero-cattoliche].

6. Il Vaticano II insegna che tutti i battezzati in quanto tali sono incorporati a Cristo (UR 3), ma nello stesso tempo dichiara che si può parlare soltanto di una aliqua communio, etsi non perfecta, tra i credenti in Cristo e battezzati non cattolici da una parte e la Chiesa cattolica dall'altra (UR 3).

Il battesimo costituisce il vincolo sacramentale dell'unità dei credenti in Cristo. Tuttavia esso di per sé è soltanto l'inizio e l'esordio, per così dire, perché il battesimo tende intrinsecamente all'acquisto della intera vita in Cristo. Pertanto il battesimo è ordinato all'integra professione di fede, all'integrale comunione nell'istituzione della salvezza voluta da Cristo, che è la Chiesa, e infine all'integrale inserzione nella comunione eucaristica (UR 22). E' evidente quindi che l'apparte­nenza ecclesiale non si può mantenere piena, se la vita battesimale ha poi un seguito sacramentale e dottrinale oggettivamente difettoso e alterato. Una Chiesa è pienamente identificabile soltanto laddove si trovano riuniti gli elementi «sacri» necessari e irrinunciabili che la costituiscono come Chiesa: la successione apostolica (che implica la comunione con il Successore di Pietro), i sacramenti, la sacra Scrittura. Quando qualcuno di questi elementi manca o è difettosamente presente, la realtà ecclesiale risulta alterata in proporzione della manchevolezza riscontrata. In particolare, il termine «Chiesa» può essere legittimamente riferito alle Chiese orientali separate, mentre non lo può essere alle Comunità nate dalla Riforma, poiché in queste ultime l'assenza della successione apostolica, la perdita della maggior parte dei sacramenti, e specialmente dell'eucaristia, feriscono e indeboliscono una parte sostanziale della loro ecclesialità (cf. Dominus Iesus, 16 e 17).

7. La Chiesa cattolica ha in sé tutta la verità, poiché è il Corpo e la Sposa di Cristo. Tuttavia non la comprende tutta pienamente. Perciò ha bisogno di essere guidata dallo Spirito «alla verità tutta intera» (Gv 16,13). Altro è l'essere, altra la conoscenza piena dell'essere. Perciò la ricerca e la conoscenza progredisce e si sviluppa. Anche i membri della Chiesa cattolica non sempre vivono all'altezza della sua verità e dignità. Perciò la Chiesa cattolica può crescere nella comprensione della verità, nel senso di appropriarsi consapevolmente e riflessamente di ciò che ontologicamente ed esistenzialmente essa è già. In questo contesto si capisce l'utilità e la necessità del dialogo ecumenico, per recuperare ciò che eventualmente sia stato emarginato o trascurato in determinate epoche storiche e integrare nella sintesi dell'esistenza cristiana nozioni in parte dimenticate. Il dialogo con i non cattolici non è mai sterile né formale, nel presupposto però che la Chiesa è consapevole di avere nel suo Signore la pienezza della verità e dei mezzi salvifici.

Le suddette puntualizzazioni dottrinali consentono di sviluppare una teologia in piena continuità con la Tradizione e nello stesso tempo in linea con l’orientamento e l’approfondimento voluto dal Concilio Vaticano II e dal Magistero successivo fino ad oggi.

II. La Chiesa cattolica e le religioni in rapporto alla salvezza.
E’ normale che, in un mondo che cresce sempre più assieme fino a produrre un villaggio globale, anche le religioni si incontrino. Così oggi la coesistenza di religioni diverse caratterizza sempre più la quotidianità degli uomini. Ciò conduce non solo ad un avvicinamento esteriore di seguaci di religioni diverse, ma contribuisce ad uno sviluppo di interessi verso sistemi di religioni fino ad oggi sconosciute. Nell’Occidente prevale sempre più nella coscienza collettiva la tendenza dell’uomo moderno a coltivare la tolleranza e la liberalità, abbandonando sempre più la pretesa del Cristianesimo ad essere la “vera” religione. La cosiddetta pretesa di assolutezza del cristianesimo, tradotta nella formula tradizionale dell’unica Chiesa in cui soltanto vi è la salvezza, incontra oggi tra i cattolici e gli evangelici incomprensione e rifiuto. Alla formula classica “extra Ecclesiam nulla salus”, oggi si sostituisce spesso la formula “extra Ecclesiam multa salus”.

Le conseguenze di questo relativismo religioso non sono soltanto di ordine teoretico, ma hanno riflessi devastanti di ordine pastorale. E’ sempre più diffusa l’idea che la missione cristiana non deve più perseguire il fine della conversione delle genti al Cristianesimo, ma la missione si limita ad essere o pura testimonianza della propria fede o impegno nella solidarietà e nell’amore fraterno per la realizzazione della pace tra i popoli e della giustizia sociale.

In tale contesto si può osservare una deficienza fondamentale, cioè la perdita della questione della verità. Venendo a mancare la domanda sulla verità, cioè sulla vera religione, l’essenza della religione non si differenzia più dalla sua mistificazione, cioè la fede non riesce a distinguersi più dalla superstizione, l’esperienza autentica religiosa non si distingue più dall’illusione, la mistica non si distingue più dal falso misticismo. Infine, senza la pretesa di verità, anche l’apprezzamento per ciò che è giusto e valido nelle diverse religioni, diventa contraddittorio, perché manca il criterio di verità per constatare ciò che di vero e di buono c’è nelle religioni.


E’ quindi necessario e urgente oggi richiamare i punti fermi della dottrina cattolica sul rapporto tra Chiesa e religioni in ordine alla questione della verità e della salvezza, salvaguardando l’identità profonda della missione cristiana di evangelizzazione. Presentiamo una sintesi ordinata dell’insegnamento del Magistero al riguardo, che mette in luce come anche su questo aspetto esiste una continuità sostanziale del pensiero cattolico, pur nella ricchezza delle sottolineature e delle prospettive emergenti nel Concilio Vaticano II e nel più recente Magistero pontificio.

1. Il mandato missionario. Cristo ha inviato i suoi Apostoli perché “nel suo Nome” “siano predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24, 47). “Ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). La missione di battezzare, dunque la missione sacramentale, è implicita nella missione di evangelizzare, poiché il sacramento è preparato dalla Parola di Dio e dalla fede, la quale è consenso a questa Parola (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1122).

2. Origine e scopo della missione cristiana. Il mandato missionario del Signore ha la sua ultima origine nell’amore eterno della Santissima Trinità e il fine ultimo della missione altro non è che di rendere partecipi gli uomini della comunione che esiste tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 850).

3. Salvezza e Verità. “Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tim 2,4). Ciò significa che “Dio vuole la salvezza di tutti attraverso la conoscenza della verità. La salvezza si trova nella verità” (Dich. Dominus Iesus, 22). “La certezza della volontà salvifica universale di Dio non allenta, ma aumenta il dovere e l’urgenza dell’annuncio della salvezza e della conversione al Signore Gesù Cristo” (Ibid).

4. La vera religione. Il Concilio Vaticano II “professa che lo stesso Dio ha fatto conoscere al genere umano la via, attraverso la quale gli uomini, servendolo, possono in Cristo trovare salvezza e divenire beati. Questa unica vera religione crediamo che sussista nella Chiesa cattolica e apostolica, alla quale il Signore ha affidato la missione di comunicarla a tutti gli uomini” ( Dich.Dignitatis humanae, 1).

5. Missione ad gentes e dialogo inter-religioso. Il dialogo inter-religioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. “Inteso come metodo e come mezzo per una conoscenza e un arricchimento reciproco, esso non soltanto non si contrappone alla missio ad gentes, anzi ha speciali legami con essa e ne è un’espressione” (Lett. Enc. Redemptoris missio, 55). “Il dialogo non dispensa dall’evangelizzazione”(ibid.) né può sostituirla, ma accompagna la missio ad gentes (cf.Congregatio pro Doctrina Fidei, Dich. Dominus Iesus, 2 e Nota sull’evangelizzazione). “I credenti possono trarre profitto per se stessi da questo dialogo, imparando a conoscere meglio “tutto ciò che di verità e di grazia era già riscontrabile, per una presenza nascosta di Dio, in mezzo alle genti” (Dich. Ad gentes, 9). Se infatti essi annunciano la Buona Novella a coloro che la ignorano, è per consolidare, completare ed elevare la verità e il bene che Dio ha diffuso tra gli uomini e i popoli, e per purificarli dall’errore e dal male “per la gloria di Dio, la confusione del demonio e la felicità dell’uomo” (Ibid.)” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 856).

6. Quanto al rapporto tra Cristianesimo, ebraismo e islam, il Concilio non afferma affatto la teoria, che purtroppo si sta diffondendo nella coscienza dei fedeli, secondo la quale le tre religioni monoteiste (ebraismo, islamismo e cristianesimo) siano come dei rami di una stessa rivelazione divina. La stima verso le religioni monoteiste non diminuisce e non limita in alcun modo il compito missionario della Chiesa: “la Chiesa annuncia ed è tenuta ad annunciare incessantemente che Cristo è la via, la verità e la vita (Gv 14,6) in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa” (Nostra aetate, 2).

7. Il legame della Chiesa con le altre religioni non cristiane. “La Chiesa riconosce nelle altre religioni la ricerca, ancora “nelle ombre e nelle immagini” (Cost. Dogm. Lumen gentium, 16) di “un Dio ignoto”, ma vicino, “poiché è Lui che dà a tutti la vita e respiro ad ogni cosa”. Pertanto la Chiesa considera “tutto ciò che di buono e di vero” si trova nelle religioni “come una preparazione al Vangelo, e come dato da Colui che illumina ogni uomo affinché abbia finalmente la vita” (Ibid.)” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 843).

“Ma nel loro comportamento religioso, gli uomini mostrano anche limiti ed errori che sfigurano l’immagine di Dio” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 844): “molto spesso gli uomini, ingannati dal Maligno, hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore, oppure vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale “ (Cost. Dogm. Lumen gentium, 16).

8. La Chiesa sacramento universale della salvezza. La salvezza viene da Cristo per mezzo della Chiesa che è il suo Corpo (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, 846). “Deve essere fermamente creduto che “la Chiesa pellegrina è necessaria alla salvezza. Infatti solo Cristo è mediatore e la via della salvezza; egli si rende presente a noi nel suo Corpo che è la Chiesa”(Cost. Dogm. Lumen gentium, 14)” (Dominus Iesus, 20). La Chiesa è “sacramento universale di salvezza” (Cost. Dogm. Lumen gentium, 48) perché, sempre unita in modo misterioso e subordinata a Gesù Cristo Salvatore, suo Capo, nel disegno di Dio ha un’imprescindibile relazione con la salvezza di ogni uomo.

9. Valore e funzione delle religioni in ordine alla salvezza. “Secondo la dottrina cattolica si deve ritenereche “quanto lo Spirito opera nel cuore degli uomini e nella storia dei popoli, nelle culture e religioni, assume un ruolo di preparazione evangelica (Lett. Enc. Redemptoris missio, 29)”. E’ dunque legittimo sostenere che lo Spirito Santo opera la salvezza nei non cristiani anche mediante quegli elementi di verità e di bontà presenti nelle varie religioni; ma è del tutto erroneo e contrario alla dottrina cattolica “ritenere queste religioni, considerate come tali, vie di salvezza, anche perché in esse sono presenti lacune, insufficienze ed errori, che riguardano le verità fondamentali su Dio, l’uomo e il mondo” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Notificazione a proposito del libro di J. Dupuis: “Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso”, 8).

Riassumendo, risulta chiaro che l’autentico annuncio della Chiesa in relazione alla sua pretesa di assolutezza non è sostanzialmente cambiato dopo l’insegnamento del Vaticano II. Esso esplicita alcuni motivi che completano tale insegnamento, evitando un contesto polemico e bellicoso, e riportando in equilibrio gli elementi dottrinali considerati nella loro integrità e totalità.

Conclusione
Che cosa sta all’origine dell’interpretazione della discontinuità o della rottura con la Tradizione ?

Sta ciò che possiamo chiamare l’ideologia conciliare, o più esattamente para-conciliare, che si è impadronita del Conciliofin dal principio, sovrapponendosi a esso. Con questa espressione, non si intende qualcosa che riguarda i testi del Concilio, né tanto meno l’intenzione dei soggetti, ma il quadro di interpretazione globale in cui il Concilio fu collocato e che agì come una specie di condizionamento interiore nella lettura successiva dei fatti e dei documenti. Il Concilio non è affatto l’ideologia paraconciliare, ma nella storia della vicenda ecclesiale e dei mezzi di comunicazione di massa ha operato in larga parte la mistificazione del Concilio, cioè appunto l’ideologia paraconciliare. Perché tutte le conseguenze dell’ideologia paraconciliare venissero manifestate come evento storico, si dovette verificare la rivoluzione del ’68, che assume come principio la rottura con il passato e il mutamento radicale della storia. Nell’ideologia paraconciliare il ’68 significa una nuova figura di Chiesa in rottura con il passato, anche se le radici di questa rottura erano già da qualche tempo presenti in certi ambienti cattolici.

Tale quadro di interpretazione globale, che si sovrappone in modo estrinseco al Concilio, si può caratterizzare principalmente da questi tre fattori:

1) Il primo fattore è la rinuncia all’anathema, cioè alla netta contrapposizione tra ortodossia ed eresia.

In nome della cosiddetta “pastoralità” del Concilio, si fa passare l’idea che la Chiesa rinuncia alla condanna dell’errore, alla definizione dell’ortodossia in contrapposizione all’eresia. Si contrappone la condanna degli errori e l’anatema pronunciato dalla Chiesa in passato su tutto ciò che è incompatibile con la verità cristiana al carattere pastorale dell’insegnamento del Concilio, che ormai non intenderebbe più condannare o censurare, ma soltanto esortare, illustrare o testimoniare.

In realtà non c’è nessuna contraddizione tra la ferma condanna e confutazione degli errori in campo dottrinale e morale e l’atteggiamento di amore verso chi cade nell’errore e di rispetto della sua dignità personale. Anzi, proprio perché il cristiano ha un grande rispetto per la persona umana, si impegna oltre ogni limite per liberarla dall’errore e dalle false interpretazioni della realtà religiosa e morale.

L’adesione alla persona di Gesù Figlio di Dio, alla sua Parola e al suo mistero di salvezza, esige una risposta di fede semplice e chiara, quale è quella che si trova nei simboli della fede e nella regula fidei. La proclamazione della verità della fede implica sempre anche la confutazione dell’errore e la censura delle posizioni ambigue e pericolose che diffondono incertezza e confusione nei fedeli.

Sarebbe quindi sbagliato e infondato ritenere che dopo il Concilio Vaticano II il pronunciamento dogmatico e censorio del Magistero debba essere abbandonato o escluso, così come sarebbe altrettanto sbagliato ritenere che l’indole espositiva e pastorale dei Documenti del Concilio Vaticano II non implichi anche una dottrina che esige il livello di assenso da parte dei fedeli secondo il diverso grado di autorità delle dottrine proposte.

2) Il secondo fattore è la traduzione del pensiero cattolico nelle categorie della modernità. L’apertura della Chiesa alle istanze e alle esigenze poste dalla modernità (vedi Gaudium et Spes) viene interpretata dall’ideologia para-conciliare come necessità di una conciliazione tra Cristianesimo e pensiero filosofico e ideologico culturale moderno. Si tratta di un’operazione teologica e intellettuale che ripropone nella sostanza l’idea del modernismo, condannato all’inizio del Novecento da S. Pio X.

La teologia neo-modernistica e secolaristica ha cercato l’incontro con il mondo moderno proprio alla vigilia della dissoluzione del “moderno”. Con il crollo del cosiddetto “socialismo reale” nel 1989 sono crollati quei miti della modernità e della irreversibilità dell’emancipazione della storia che rappresentavano i postulati del sociologismo e del secolarismo. Al paradigma della modernità succede infatti oggi quello post-moderno del “caos” o della “complessità pluralistica”, il cui fondamento è il relativismo radicale. Nell’Omelia dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger, prima di essere eletto Papa, in occasione della celebrazione liturgica “Pro eligendo pontifice”(18/04/2005), viene focalizzato il centro della questione: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero…La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde, gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via…Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.

Di fronte a questo processo occorre innanzitutto recuperare il senso metafisico della realtà (cf. Enciclica Fides et ratio di Papa Giovanni Paolo II) ed una visione dell’uomo e della società fondata su valori assoluti, metastorici e permanenti. Questa visione metafisica non può prescindere da una riflessione sul ruolo nella storia della Grazia, cioè del Soprannaturale, di cui la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, è depositaria. La riconquista del senso metafisico con il lumen rationis deve essere parallela a quella del senso soprannaturale con il lumen fidei.

Al contrario, l’ideologia para-conciliare ritiene che il messaggio cristiano deve essere secolarizzato e reinterpretato secondo le categorie della cultura moderna extra e anti ecclesiale, compromettendone l’integrità, magari col pretesto di un “opportuno adattamento” ai tempi. Il risultato è la secolarizzazione della religione e la mondanizzazione della fede.

Uno degli strumenti per mondanizzare la Religione è costituito dalla pretesa di modernizzarla adeguandola allo spirito moderno. Questa pretesa ha condotto il mondo cattolico ad impegnarsi in un “aggiornamento”, che costituiva in realtà in una progressiva e a volte inconsapevole omologazione della mentalità ecclesiale con il soggettivismo e il relativismo imperanti. Questo cedimento ha portato ad un disorientamento nei fedeli privandoli della certezza della fede e della speranza nella vita eterna, come fine prioritario dell'esistenza umana.


3) Il terzo fattore è l’interpretazione dell’aggiornamento voluto dal Concilio Vaticano II.

Con il termine “aggiornamento”, Papa Giovanni XXIII volle indicare il compito prioritario del Concilio Vaticano II. Questo termine nel pensiero del Papa e del Concilio non esprimeva però ciò che invece è accaduto in suo nome nella recezione ideologica del dopo-Concilio. “Aggiornamento” nel significato papale e conciliare voleva esprimere la intenzione pastorale della Chiesa di trovare i modi più adeguati e opportuni per condurre la coscienza civile del mondo attuale a riconoscere la verità perenne del messaggio salvifico di Cristo e della dottrina della Chiesa. Amore per la verità e zelo missionario per la salvezza degli uomini sono alla base i principi dell’azione di “aggiornamento” voluto e pensato dal Concilio Vaticano II e dal Magistero pontificio successivo.

Invece dall’ideologia para-conciliare, diffusa soprattutto dai gruppi intellettualistici cattolici neomodernisti e dai centri massmediatici del potere mondano secolaristico, il termine “aggiornamento” venne inteso e proposto come il rovesciamento della Chiesa di fronte al mondo moderno: dall’antagonismo alla recettività. La Modernità ideologica – che certamente non deve essere confusa con la legittima e positiva autonomia della scienza, della politica, delle arti, del progresso tecnico – si è posta come principio il rifiuto del Dio della Rivelazione cristiana e della Grazia. Essa non è quindi neutrale di fronte alla fede. Ciò che fece pensare ad una conciliazione della Chiesa con il mondo moderno portò così paradossalmente a dimenticare che lo spirito anticristiano del mondo continua ad operare nella storia e nella cultura. La situazione postconciliare venne così descritta già da Paolo VI nel 1972:

“Da qualche fessura è entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio: c’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine. E’ entrato il dubbio nelle nostre coscienze ed è entrato per finestre che invece dovevano essere aperte alla luce. Anche nella Chiesa regna questo stato di incertezza. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E’ venuta invece una giornata di nuvole, di tempeste, di buio, di ricerca, di incertezza. Come è avvenuto questo? Vi confidiamo un nostro pensiero: c’è stato l’intervento di un potere avverso: il suo nome è il diavolo, questo misterioso essere a cui si fa allusione anche nella lettera di san Pietro” (Paolo VI, Insegnamenti, Ed. Vaticana,vol. X, 1972, p. 707).

Purtroppo gli effetti di quanto individuato da Paolo VI non sono scomparsi. Un pensiero estraneo è entrato nel mondo cattolico, gettando scompiglio, seducendo molti animi e disorientando i fedeli. Vi è uno “spirito di autodemolizione” che pervade il modernismo, che si è impadronito, tra l’altro, di gran parte della pubblicistica cattolica. Questo pensiero estraneo alla dottrina cattolica si può constatare ad esempio sotto due aspetti.

Un primo aspetto è la visione sociologica della fede, cioè un’interpretazione che assume il sociale come chiave di valutazione della religione, e che ha comportato una falsificazione del concetto di chiesa secondo un modello democratico. Se si osservano le discussioni attuali sulla disciplina, sul diritto, sul modo di celebrare la liturgia, non si può evitare di registrare che questa falsa comprensione della Chiesa è diventata diffusa tra i laici e teologi secondo lo slogan: Noi siamo il popolo, noi siamo Chiesa (Kirche von unten). Il Concilio in realtà non offre alcun fondamento a questa interpretazione, poiché l’immagine del popolo di Dio riferita alla Chiesa è sempre legata alla concezione della chiesa come Mistero, come comunità sacramentale del corpo di Cristo, composto da un popolo che ha un capo e da un organismo sacramentale composto da membra gerarchicamente ordinate. La Chiesa non può quindi diventare una democrazia, in cui il potere e la sovranità derivano dal popolo, poiché la Chiesa è una realtà che proviene da Dio ed è fondata da Gesù Cristo. Essa è intermediaria della vita divina, della salvezza e della verità, e dipende dalla sovranità di Dio, che una sovranità di grazia e di amore. La Chiesa è allo stesso tempo dono di grazia e struttura istituzionale, perché così ha voluto il suo Fondatore: chiamando gli Apostoli, “Gesù ne istituì dodici” (Mc 3,13).

Un secondo aspetto, su cui attiro la vostra attenzione, è l’ideologia del dialogo. Secondo il Concilio e la Lettera Enciclica di Paolo VI Ecclesiam suam, il dialogo è un importante e irrinunciabile mezzo per il colloquio della Chiesa con gli uomini del proprio tempo. Ma l’ideologia paraconciliare trasforma il dialogo da strumento a scopo e fine primario dell’azione pastorale della Chiesa, svuotando sempre più di senso e oscurando l’urgenza e l’appello alla conversione a Cristo e all’appartenenza alla Sua Chiesa.

Contro tali deviazioni, occorre ritrovare e recuperare il fondamento spirituale e culturale della civiltà cristiana, cioè la fede in Dio, trascendente e creatore, provvidente e giudice, il cui Figlio Unigenito si è incarnato, è morto e risuscitato per la redenzione del mondo e ha effuso la grazia dello Spirito Santo per la remissione dei peccati e per rendere gli uomini partecipi della natura divina. La Chiesa, Corpo di Cristo, istituzione divino-umana, è il sacramento universale della salvezza e l’unità degli uomini, di cui essa è segno e strumento, è nel senso di unire gli uomini a Cristo mediante il suo Corpo, che è la Chiesa.

L’unità di tutto il genere umano, di cui parla LG, 1, non deve essere intesa quindi nel senso di raggiungere la concordia o la riunificazione delle varie idee o religioni o valori in un “regno comune o convergente”, ma essa si ottiene riconducendo tutti all’unica Verità, di cui la Chiesa cattolica è depositaria per affidamento di Dio stesso. Nessuna armonizzazione delle dottrine “varie e peregrine”, ma annuncio integro del patrimonio della verità cristiana, nel rispetto della libertà di coscienza, e valorizzando i raggi di verità sparsi nell’universo delle tradizioni culturali e delle religioni del mondo,
opponendosi nello stesso tempo alle visioni che non coincidono e non sono compatibili con la Verità, che è Dio rivelato in Cristo.

Concludo ritornando alle categorie interpretative suggerite da Papa Benedetto nel Discorso alla Curia Romana, citato all’inizio. Esse non fanno riferimento al consueto e obsoleto schema ternario: conservatori, progressisti, moderati, ma si appoggiano su un binario squisitamente teologico: due ermeneutiche, quella della rottura e quella della riforma nella continuità. Occorre imboccare quest’ultimo indirizzo nell’affrontare i punti controversi, liberando, per così dire, il Concilio dal para-concilio che si è mescolato ad esso, e conservando il principio dell’integrità della dottrina cattolica e della piena fedeltà al deposito della fede trasmesso dalla Tradizione e interpretato dal Magistero della Chiesa.